Numero 02/2018
8 Gennaio 2018
Ognuna il suo stile: uno sguardo ad Oriente
Chiunque abbia modo di trascorrere tempo in Cina, per vacanza o – come me – per lavoro, non sfuggirà alla possibilità di assaggiare le birre locali, o meglio birre giapponesi e tailandesi. In un recente passato (solo 6 anni fa per esperienza personale) la birra locale, la Tsingtao (si pronuncia “Cindao”), era l’unica disponibile. Storicamente Giappone e Cina erano, infatti, due nazioni nemiche. Il fatto di trovare oggi anche la terza del “Far East” mi fa pensare ad un “pacere” tra le due nazioni. Ecco, quindi, un approfondimento sulle birre Orientali con alcune note di degustazione e di storia!
La Suntory (la giapponese), è prodotta dai quattro principali produttori in Giappone: Asahi, Kirin, Sapporo e Suntory, producendo principalmente lager leggere di colore chiaro con una gradazione alcolica di circa 5,0% ABV (anche se quella che ho io in dotazione arriva a poco più di 3).
Le lager in stile Pilsner sono lo stile di birra più comunemente prodotto in Giappone, ma le bevande simili alla birra, prodotte con bassi livelli di malto chiamati happoshu (letteralmente “alcol frizzante”) o non maltati happōsei (letteralmente “un tipo di spumante alcololico”) hanno catturato gran parte del mercato, poiché le tasse sono sostanzialmente inferiori su questi prodotti.
Le birrerie hanno anche acquisito crescente popolarità dalla deregolamentazione nel 1994, fornendo birre da degustazione distinte in una varietà di stili che cercano di eguagliare l’enfasi sull’artigianato, la qualità e la provenienza degli ingredienti spesso associati al cibo giapponese.
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I bar e i pub artigianali della birra sono anche diventati popolari nelle principali città del Giappone, con città come Tokyo e Osaka che hanno scene di birrerie artigianali molto vivaci, in genere con particolare attenzione alle birre artigianali prodotte e importate dagli Stati Uniti e dall’Europa.
Verso la fine del 2014, Kirin ha annunciato l’ingresso nel segmento della birra artigianale con il lancio di una sussidiaria interamente controllata, Spring Valley Brewing, con due birrifici a Daikanyama, Tokyo e Namamugi, a Yokohama. Entrambi sono stati aperti ufficialmente nel 2015. Il birrificio industriale Sapporo ha anche annunciato il rilascio di una linea artigianale all’inizio del 2015.
Il consumo della birra in Giappone ha avuto inizio nel XVII secolo, durante il periodo Edo, quando un olandese aprì una birreria per i numerosi marinai coinvolti nelle rotte commerciali tra Olanda e Giappone.
La birra Tsingtao (Lager) è un’eccellenza internazionale con profonde radici nella provincia dello Shandong. Chi frequenta i ristoranti cinesi se la vede servire Tsingtao, il cui nome deriva da una vecchia traslitterazione del nome della città di Qingdao, è uno dei maggiori attori del mercato di alcolici in Cina e il secondo marchio di birra più venduto al mondo in termini di volume. Rappresenta il 50% del totale della birra esportata dalla Cina.
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Il birrificio Tsingtao nacque nel 1903 proprio a Qingdao, come joint venture anglo-tedesca per soddisfare il fabbisogno delle truppe tedesche che occuparono una parte del territorio dello Shandong dal 1898 fino al 1914. Il birrificio passò nelle mani dei giapponesi fino al 1945 e, in seguito alla nascita della Repubblica popolare cinese nel 1949, venne nazionalizzata dal Partito comunista cinese. Per favorire l’utilizzo delle materie prime locali, il governo cinese promosse varie iniziative tra cui la distribuzione gratuita delle sementi per incoraggiare i contadini dello Shandong a produrre luppolo. Durante gli anni Settanta e Ottanta, la birra Tsingtao si spinse alla conquista dei mercati esteri partendo proprio da quei paesi in cui c’era una maggior concentrazione di cinesi espatriati, come gli Stati Uniti, in cui ben presto divenne la birra cinese più venuta. Negli anni Novanta, l’azienda venne privatizzata e in seguito alla fusione con altri tre birrifici di Qingdao venne istituita la società Tsingtao Brewery Company Limited, di cui una fetta minoritaria venne acquista dal gruppo belga Anheuser-Busch, il colosso della Budweiser.
Come tutte le più grandi imprese, anche l’azienda produttrice della Tsingtao non è stata immune da momenti di difficoltà. Alla fine degli anni Novanta, l’orzo cresciuto in Cina risultò troppo inquinato per poter essere utilizzato nei propri birrifici e la Tsingtao presa la decisione di iniziare ad importare l’orzo dalla Francia, compromettendo il gusto del proprio prodotto. Inoltre, nel 2005 venne coinvolta dallo scandalo legato alla formaldeide, trovata all’interno del 95% delle bottiglie di birra prodotte in Cina, dal momento che la sostanza viene utilizzata come additivo per prevenire la sedimentazione durante la conservazione.
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Tsingtao è il secondo marchio di birra più venduto anche nel mercato domestico. La Cina, che con oltre 50 milioni di litri rappresenta il principale mercato di birra al mondo in termine di volume e si stima supererà nel 2017 quello statunitense anche in termini di valore. Il mercato è attualmente dominato da tre grandi aziende cinesi e tre straniere: China Resources Snow Breweries (una joint venture tra l’inglese SABMiller e la cinese China Resources Enterprises), Tsingtao Brewery (che produce anche a marchio Laoshan), Yanjing Brewery, Anheuser-Busch InBev (proprietaria del marchio Harbin) e Carlsberg. Questi cinque grandi player che insieme possiedono quasi il 70% del mercato stanno gradualmente inglobando i piccoli marchi locali che non riescono a resistere alla pressione della concorrenza, soprattutto nelle regioni centrali ed occidentali dove il mercato non è ancora saturo. Nel 2012 la Tsingtao firma un accordo con la giapponese Suntory per la creazione di due società in joint-venture con sede a Shangai per favorire la produzione della birra e la sua commercializzazione nella zona di Shangai e nella provincia di Jiangsu.
Chang è una marca di birra prodotta in Thailandia. È prodotta dalla Beer Thai Company, risultato di un’associazione commerciale tra il fabbricante di birra Carlsberg e la società TTC Group of Thailand.
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Nel 1991, la birra Carlsberg iniziò a essere prodotta sotto licenza nella Thailandia e nel 1994 fu lanciata la birra Chang, presentata come una declinazione popolare della Carlsberg. Recentemente, a causa di conflitti di interessi, la birra Carlsberg è scomparsa del mercato thailandese.
Questa birra rustica, ha il 5,0% di alcol, è stata lanciata nell’intenzione di conquistare il mercato popolare. In thailandese, chang significa elefante, è l’animale, culturalmente primordiale in Thailandia, infatti figura sull’etichetta delle bottiglie.
La sua concorrente è la birra bionda Singha (si pronuncia “sing”). Sing-to significa leone in thailandese. È la più vecchia (creata nel 1933) e anche la birra più popolare del paese.
La birra Singha è di tipo lager con il 6% di alcool. Una versione più morbida con il 5% di alcool, la Singha Gold, non ha avuto successo ed è stata tolta dal mercato. La società Boon Rawd che produce Singha ha comperato nel 1994 due industrie della birra in Sassonia (Germania) per produrre una birra Singha per il mercato europeo. La capacità produttiva della ditta è di 1 miliardo di litri all’anno.