Numero 44/2018
3 Novembre 2018
BERSERKER: Capitolo 36
Okir aveva deciso…
Avrebbe rischiato il tutto per tutto, sperando che nel “vecchio re”, risedesse anche il futuro prossimo della società vichinga.
Un fallimento, lungo tutta la carriera “politica”, poteva portare a due conclusioni possibili.
Il primo, estremamente probabile, era quello di essere soppiantato da un guerriero più giovane ed arrivista, che lo avrebbe sfidato e, presumibilmente, sconfitto ed ucciso.
Il secondo modo in cui poteva terminare la faida interna per il potere assoluto, era quella che Okir si augurava: il Re, prima di decadere, riusciva a convincere il popolo durante un’assemblea, che era ancora in grado di regnare e che possedeva un asso nella manica che sarebbe servito a riconquistare la fiducia di tutti.
Ed Okir, per l’appunto, sperava di essere quell’asso nella manica!
Lui e la sua Birra ai Funghi allucinogeni, potevano divenire il baluardo per il vecchio Re, l’ultima possibilità per riuscire a mantenere la corona sulla testa e la testa sul collo.
Preparò tutto.
Un bastone per camminare, la sua bella schiava che lo avrebbe sorretto lungo la strada per giungere alla Grande Sala, ed il vecchio che avrebbe portato una piccola botte con all’interno la sua “magica” creazione.
Lui sarebbe divenuto il grande produttore di quel Tonico militare, ne era certo!
Doveva raggiungere il Re che stava preparandosi a partire per la capitale.
Si era leccato le ferite troppo a lungo, il trono su cui sedeva scricchiolava.
Il singolare trio composto da un vecchio, una schiava ed un infermo impiegò quasi un’ora per percorrere circa un chilometro.
I dolori che Okir provava ad ogni passo era lancinante…
Ma era indispensabile tutta quella sofferenza!
Doveva!
Giunse infine all’ingresso della Grande Sala.
Entrò con i due schiavi.
Tutti li guardavano.
Okir senti lo sguardo di tutti addosso… Ne fu elettrizzato!
«Okir, vedo che stai ancora male…»
«Conte, sto ancora molto male! Mentre vedo che tu, invece, godi di ottima salute! Ed il Re? Si è ripreso?»
Il Conte si sentì schernito dalla risposta di Okir.
Palesemente, il vichingo, voleva screditarlo!
Il Conte non aveva combattuto quella che era già stata nominata “la peggiore sconfitta” degli ultimi cinquant’anni!
Il popolo, sottovoce, lo considerava un codardo… ed i modi sfrontati di Okir, davano ulteriore adito a quelle voci.
«Non dovresti essere ancora a letto? Cosa ci fai tu, qui?»
«Vorrei mostrare una cosa al Re. Se non ho sentito male… sta per salpare alla volta della capitale… dico bene?»
«E a te che cosa importa?»
«Mio Signore, preferirei mostrartelo in presenza del Nostro Re…»
«Io credo che…»
«Io credo che, fino a quando sarò Re, perfino tu, dovresti essermi suddito… dico bene?»
Il Conte, digrignando i denti, si voltò verso il sovrano tentando di mostrare un sorriso, seppur tirato e, palesemente forzato.
«Mio Re, stavo dicendo ad Okir, uno dei valorosi feriti nell’ultima, fallimentare, campagna di razzia, che tu stai per partire alla volta della tua capitale… non hai sicuramente tempo da concedergli!»
«Ho sempre tempo per un guerriero che, come me, ha rischiato di morire per mano nemica! Siamo fratelli di sangue, in vero! Non ho troppo tempo, però… che cosa volevi chiedermi, caro Okir?»
Un’altra chiara allusione nei confronti del Vile Conte.
«Io non devo chiedere nulla, mio Re, ho una soluzione da proporti…»
«Una soluzione per cosa?»
«Per i tuoi problemi… col trono…»