18 Febbraio 2015
CANTILLON MAMOUCHE: la lambic ai fiori di sambuco
Ogni anno, solitamente un sabato di metà settembre, il birrificio Cantillon di Bruxelles celebra lo “Zwanze Day” in cui presenta, contemporaneamente in una cinquantina di locali in tutto il mondo, ma solo per un giorno, una birra speciale. Nel 2014 venne presentata una versione invecchiata 3 anni in botte di “Iris”, birra acida prodotta con solo malto pale e 50% di luppoli freschi. Nel 2013 fu la volta di una birra d’abbazia lasciata maturare per sei mesi in botti di legno dopo l’aggiunta di un 10% di lambic.
Qualche anno prima, nel 2009, fu presentato un lambic invecchiato 2 anni in botte e aromatizzato con fiori freschi di sambuco. Piacque talmente tanto questa birra che Jean-Pierre van Roy, proprietario e birraio di Cantillon, decise di produrla stabilmente dal 2010 con il nome di “MAMOUCHE”. Lo stesso Jean-Pierre affermò che fu chiamata così in onore di Claude Cantillon, sua madre. Mamouche infatti era il nomignolo che i nipotini diedero alla nonna.
Si legge sull’etichetta: “Nasce dall’unione di fiori di sambuco a un lambic maturato 2 anni. I fiori vengono colti dal team Cantillon. Birra dal gusto in continua evoluzione. Conservare e servire a temperatura di cantina (12°-15°C). Da consumare preferibilmente entro dieci anni dalla data di imbottigliamento.”
Il sambuco è una pianta dalle molte proprietà terapeutiche e il suo impiego a tal fine risale a tempi molto antichi; della pianta si utilizzano principalmente i fiori, le bacche, le foglie e la corteccia per tisane, infusi o decotti. Oltre che in erboristeria, il sambuco viene da sempre utilizzato anche in cucina: conserve, succhi, biscotti e gelatine vengono preparate coi gustosissimi frutti. I getti terminali, privati delle foglioline, vengono lessati a lungo per togliere un gusto non certo gradevole, e poi mangiati come gli asparagi. Deliziose specialità dolci o salate vengono preparate coi fiori.
Ricordatevi, ogni volta che bevete una bottiglia di Cantillon, che sotto il tipico tappo a corona ce n’è un secondo in sughero (Importante conservarle sdraiate per mantenere il sughero elastico, raddrizzarle solo alcuni giorni prima del consumo permettendo ai lieviti di depositarsi sul fondo) La Mamouche si presenta con un colore giallo dorato con qualche riflesso ramato, leggermente velata e torbida, la schiuma è abbondante nella mescita. Non appena si versa nel bicchiere (io preferisco la coppa a tulipano, anche se il classico calice a chiudere per la degustazione del vino va benissimo) si sprigionano sentori di buccia mela, pompelmo rosa e soprattutto note floreali dovute al sambuco che ricordano un delicato sentore di lavanda. Tipico del lambic è il profumo di humus e di sottobosco. In bocca è lunga, intensa, persistente e, prima di un finale estremamente secco, si presenta l’aspro riconducibile ad agrumi come pompelmo e limone, l’acidulo che ricorda le mele verdi Granny Smith e un distinto sapore dovuto alle ombrelle di sambuco che risale fino nel naso. Si percepisce inoltre una nota mineraria e salata. Una morbida carbonizzazione accompagna una piacevole e vellutata rotondità in bocca.
Ottima come aperitivo (Alc. 5% Vol.) trova il suo perfetto abbinamento con una ricetta della tradizione italiana (tipica infatti della festa di S. Giovanni il 24 Giugno) rivisitata in chiave Fusion: i fiori di sambuco in tempura! Sono semplicissimi da cucinare. Basta preparare una pastella con un tuorlo d’uovo, acqua gasata rigorosamente gelata e farina. immergere le ombrelle con i fiori non ancora schiusi nella tempura (mettete i fiori con lo stelo nell’ acqua appena dopo averli colti per conservarli al meglio) e friggete in olio di semi bollente. Una vera delizia.