Numero 12/2019
20 Marzo 2019
Un sorso di Australia: Foster’s!
Tratto da La birra nel mondo, Volume I, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Nel 1864 Edward Latham, proveniente da Liverpool, fondò a Melbourne, con la denominazione di Carlton Brewery, la principale impresa birraria dello stato di Victoria.
Nel 1885, nella stessa città, due immigrati tedeschi, Friedrich e Renne, fondarono la prima fabbrica di lager, Victoria Brewery.
Nel 1888, sempre nella capitale, i fratelli William e Ralph Foster, di origine irlandese, che si erano trasferiti nel 1886 da New York, dove gestivano un’azienda di macchine per la refrigerazione, aprirono la Foster’s e, con impianti frigoriferi importati appunto dagli Stati Uniti, cominciarono a produrre anche loro lager. Il successo immediato e clamoroso consentì ai due americani di vendere più che bene l’attività e ritornare in patria dopo soli 18 mesi di permanenza nella terra dei canguri. Nel 1901 avveniva addirittura la prima esportazione di birra in bottiglie per i soldati australiani impegnati nella guerra anglo-boera.
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Nel 1903 le sei concorrenti locali costituirono la Society of Melbourne Brewers. Nel 1907 Emil Resch, tedesco del Württemberg, nonché proprietario, insieme a William Baillieu, della Victoria Brewery, si rese protagonista della fusione dei sei birrifici, diventando il primo direttore generale della società, Carlton & United Breweries (CUB).
La Carlton era il socio di maggioranza, seguito da McCracken, Victoria e Castlemaine; soci minoritari, erano Shamrock e Foster’s. Ma fu proprio quest’ultima impresa a emergere nell’ambito del gruppo. Anche perché specializzata nel confezionamento in bottiglia, fece presto a diventare leader delle esportazioni. Nel 1913 l’azienda divenne pubblica, con emissione di 100 mila azioni.
Nel 1924 la Carlton and United Breweries inaugurò la campagna degli acquisti, con Abbotsford Co-operative Brewery (una società costituita da albergatori indipendenti per combattere l’anticoncorrenza della Society of Melnourne Brewers), che le permise di costruire a Abbotsford appunto, un sobborgo di Melbourne, uno dei più grandi e moderni stabilimenti. Uscì, nel 1931, dai confini dello Stato per comprare Breweries and the Cairns Brewery, quindi Ballarat Brewing Company, Queensland Brewery, Thos McLauchlin & Co Pty, Richmond Brewery e, infine, Tooth & Co, nel 1983.
Ma proprio nel 1983 il gruppo CUB fu interamente acquistato da Elders IXL, una società che, nata come agroalimentare nel 1839, attraverso una lunga e complessa serie di fusioni e cessioni era diventata una delle maggiori aziende in Australia con una vasta varietà di interessi in diversi settori.
Tra il 1986 e il 1987, tramite il gruppo britannico Courage e la canadese Carling O’Keefe, il gruppo Elders IXL riuscì a penetrare anche in Europa e in Nordamerica, obiettivo che il gruppo CUB aveva inseguito fin dal secondo dopoguerra. Poco dopo però incorse in difficoltà e fu costretto a liquidare tutti gli acquisti.
Nel 1988 il gruppo Elders IXL rilevò la quota di maggioranza della Matilda Bay, in Australia Occidentale.
Nel 1990 il gigante australiano Elders IXL vendette alla Asahi una partecipazione del 19,9% e, nello stesso anno, cambiò il nome in Foster’s Group, per riflettere il nome del prodotto più conosciuto a livello internazionale. Proseguì con le compere della Power di Yatala, nel 1992, e della Cascade di Hobart, nel 1993. Sempre negli anni Novanta si diresse verso i mercati asiatici, costruendo impianti in Cina, in India e, nel 1997, nel Vietnam.
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Nel 2004 CUB cambiò il nome in Carlton & United Beverages.
Nel 2005 il Foster’s Group acquisì il gruppo di vinificazione australiano Southcorp. Nel 2011 poi annunciò la decisione di separare le divisione vino australiano, Treasury Wine Estates, dalla divisione australiana birra, sidro e liquori (BCS) e rinominare BCS Carlton & United Breweries. A fine anno la SAB Miller rilevò sia il Foster’s Group che Carlton & United Breweries che quindi, nel 2016, passarono alla Anheuser-Busch InBev SA/NV.
Intanto, nel 2013, il gruppo Elders IXL completava il suo obiettivo di tornare alle radici, come fornitore ovvero per il settore agricolo.
In termini gestionali, il Foster’s Group opera con due divisioni: Foster’s Brewing International (FBI), per vendere all’estero i propri brand; e Carlton & United Breweries (CUB), il principale produttore nazionale che opera in cinque stati. Tutte le etichette sono rimaste con il vecchio nome delle aziende fuse o rilevate. Ovviamente il marchio più prestigioso a livello nazionale e internazionale è Foster’s. Mentre la produzione, sugli 11 milioni di ettolitri l’anno, viene distribuita all’incirca in 50 qualità diverse di birra.
Dal 1986 al 2006 il Foster’s Group fece della politica di sponsorizzazione del campionato di Formula Uno una componente del proprio successo mondiale. Altre sponsorizzazioni ufficiali, World Professional Surf Championship, Foster’s International Rules.
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Ecco le principali birre prodotte:
Foster’s, premium lager di colore biondo dorato e dall’aspetto cristallino (g.a. 5%). Concepita come bevanda particolarmente dissetante, quindi adatta al consumo quotidiano in un continente caldo, va bevuta molto fredda. Il suo sapore vincente l’ha resa la birra più nota del gruppo in campo mondiale, distribuita principalmente nelle lattine in oltre 150 paesi. In virtù di una partnership, dal 1995 cominciò a essere prodotta e commercializzata in tutta Europa dalla Scottish & New-
castle. Con una carbonazione abbastanza vivace, la spuma emerge copiosa e sottile, stabile e aderente. L’aroma sparge grati profumi di luppolo e di frutta fresca. Il corpo leggero si accosta al palato con una discreta quanto piacevole trama acquosa. L’equilibrio gustativo sembra buono: luppolizzazione contenuta con, in sottofondo, l’amabilità del malto. Il finale appena amaro dura poco; ma subentra la secchezza del retrolfatto.
Foster’s Ice, ice beer di colore biondo dorato e dall’aspetto limpido (g.a. 5%). Data l’effervescenza moderata, la schiuma, di grana minuta, non si mostra particolarmente durevole. Nell’aroma si distingue appena una punta di luppolo. Il corpo, molto leggero, presenta una consistenza piuttosto acquosa. Il gusto, morbido e pulito, si snoda all’insegna di un malto raffinato, terminando la corsa con un tocco di lievito e nella modestia di chi è consapevole di poter offrire soltanto un buon dissetante. Anche il breve retrolfatto riesce a malapena a esalare una labile impressione di luppolo.
Foster’s Premium Ale, english pale ale di colore arancio chiaro (g.a. 5,5%). La carbonazione è media; la spuma, soffice e cremosa, di rapida dissoluzione. L’aroma si esprime languidamente, con sentori di malto, caramello, miele, erba, pane dolce. Il corpo, da leggero a medio, ha una tessitura acquosa. Il delicato sapore di malto riceve dal luppolo l’amarore indispensabile per un equilibrio approssimativo. Il finale sa un po’ del floreale, nella sua consistenza asciutta e amarognola. Il retrolfatto non si dilunga più di tanto, con una suggestione più metallica che di luppolo.
Carlton Draught, lager di colore dorato chiaro e dall’aspertto cristallino (g.a. 4,6%). Subisce una fermentazione più piena rispetto agli altri prodotti dell’azienda e ha minor contenuto di anidride carbonica. La spuma, a bollicine piuttosto grossolane, lascia qualche allacciatura alle pareti del bicchiere. L’aroma è debole e granuloso, con sentori di luppolo, malto e grano. Il corpo appare leggero e di consistenza acquosa. Il sapore, di malto e cereali, reca l’impronta amara del luppolo. Il finale arriva secco e con una punta di acidità lievemente acre. Il retrolfatto è di un piacevole amarognolo.
Victoria Bitter, lager di colore dorato pallido (g.a. 4,9%). Appena più secca della Foster’s, risulta la birra più venduta in Australia. L’effervescenza abbastanza moderata forma una discreta schiuma bianca, fine, cremosa. L’aroma esala delicati sentori di malto, con qualche accenno di caramello, grano, burro. Il corpo leggero, di tessitura acquosa, alimenta un gusto che, pur sempre amabile di malto, verso il finale sprigiona un debole e secco amarognolo da luppolo. Cereali secchi, pane bianco e fieno caratterizzano il finale. Il retrolfatto si esprime con sfuggenti impressioni asciutte e resinose.
Melbourne Bitter, lager di colore biondo dorato (g.a. 4,6%). Un po’ più luppolizzata della Foster’s e molto vicina alla Victoria Bitter, ha anch’essa il maggior successo sul mercato interno. Con un’effervescenza abbastanza vivace, la schiuma emerge a bollicine grossolane, soffici e di rapida dissoluzione. L’aroma si libera con tenui sentori fruttati, legnosi, di malto, lievito, luppolo speziato. Il corpo, da leggero a medio, ha una trama pressoché acquosa. Il gusto non mostra nessun vero amarore, improntato a un malto deciso, supportato peraltro da caramello e frutta troppo matura. Una punta acre di acidità segna il finale. Il retrolfatto sa tanto di malto secco e vegetale stantio.
Abbots Invalid Stout, stout di colore nero impenetrabile (g.a. 5,2%); a fermentazione bassa. Raro esemplare della produzione brassicola primordiale in Australia legata chiaramente all’industria inglese, ha tuttora il carattere cremoso, quasi da caffè. Purtroppo è reperibile soltanto nello stato di Victoria. Con una morbida carbonazione, la spuma, marrone chiaro, si leva a trama fine e tenace. L’aroma è intenso, ricco di malto tostato, cacao in polvere, melassa, lievito, uva passa, luppolo legnoso. Il corpo, medio-leggero, ha una consistenza quasi cremosa. Il gusto, dopo un inizio dolce di malto, prende via via note amare di tostature, cacao, cartone bruciato. Cioccolato e caffè segnano il lungo finale. Il retrolfatto tostato invece non dura più di tanto.
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Tooth & Co./Sydney
John Tooth, un mercante inglese protestante, arrivò in Australia all’inizio degli anni Trenta. Nel 1835, insieme al cognato John Newnham, aprì una delle più antiche fabbriche di birra australiane che, a ricordo della sua contea di provenienza, peraltro ricca di luppolo, volle chiamare Kent Brewery.
Costituita come società nel 1888, quotata alla borsa di Sydney nel 1961, la Kent Brewery vide il proprio marchio KB (ossia l’acronimo) risorgere nel 2015. Le sue birre vengono oggi prodotte a Melbourne.
Tooth’s Pale Ale, amber ale di un ambrato leggermente velato (g.a. 4,2%). Con una carbonazione alquanto piana, la spuma biancastra fuoriesce minuta e di sufficiente durata. Al naso si sparge un debole profumo di luppolo. Il corpo decisamente sottile, ha una consistenza acquosa. Il gusto, improntato anch’esso a un luppolo delicato, sa essere decisamente secco e piuttosto amaro. Qualche nota fruttata e un tocco di limone nel finale predispongono il corto retrolfatto a non sgradevoli suggestioni amaricanti.
Kent Old Brown, amber lager/vienna di colore ambrato scuro tendente al marrone (g.a. 4,4%). La schiuma color crema, minuta e di buona allacciatura, è gestita da un’effervescenza tra moderata ed elevata. L’aroma, piuttosto debole, esala sentori di malto dolce, caramello, zucchero di canna. Il corpo, medio-leggero, presenta una trama cremosa che vira verso l’acquosa. Anche il gusto mostra una buona predisposizione per la dolcezza, attenuata però dal sottile amarore del luppolo floreale. Una punta di acido compare nel finale, lasciando al retrolfatto il compito di riportare al palato un’impressione croccante di malto.
Matilda Bay Brewing Company/Nedlands
Sull’onda del successo delle birre speciali prodotte secondo metodi tradizionali e precedentemente trascurate in Australia, i fondatori del brewpub Sail and Anchor di Fremantle (Phil Sexton, ex birraio della Swan, insieme a Garry Gosatti, John Tollis e Ron Groves) aprirono nel 1984 il microbirrificio Matilda Bay Brewing Company.
Nel 1988 Carlton & United Breweries acquistò una partecipazione del 20% nella Matilda Bay. Nel 1990 il Foster’s Group si assicurò il controllo totale di questa società, effettuò un notevole investimento per la sua espansione e costruì anche un nuovo stabilimento nella vicina Perth.
Oggi le sue birre vengono prodotte a Melbourne.
Matilda Bay Redback Original, wheat beer di colore biondo oro tendente all’ambra (g.a. 4,7%); tipica weizen bavarese, la prima del genere prodotta in Australia. Prende il nome da un ragno della zona. Sicuramente ha perduto un po’ dello speziato con l’entrata dell’azienda nel colosso australiano; resta comunque la birra di maggior successo. Preparata con base di malto d’orzo e di frumento in parti uguali e aromatizzata con luppolo locale (Pride of Ringwood) e importato (Saaz), viene sottoposta a filtraggio. Con una carbonazione abbastanza alta, la spuma bianca erompe minuta, vaporosa, ma si dissipa rapidamente senza lasciare i segni della minima allacciatura. L’aroma si espande squisitamente fruttato, con forti sentori di cannella e chiodi di garofano. Il corpo leggero, di trama piuttosto acquosa, defluisce frizzante e con un tocco di asprezza. Il gusto, all’inizio di malto, si evolve in note sempre più secche e amare. Dopo un delicato finale di transizione, a malapena floreale, un’incerta suggestione di banana e chiodi di garofano caratterizza la corta persistenza del retrolfatto.
Matilda Bay Redback Mild, wheat ale di colore oro pallido (g.a. 3,4%). È la versione con tenore alcolico più basso della Matilda Bay Redback Original. Il produttore ne consiglia il consumo con una fettina di limone.
Matilda Bay Bitter Beer, lager di colore ambrato pallido chiaro (g.a. 3,5%); in stile australiano. Con una giusta carbonazione, la schiuma emerge ricca, densa, cremosa. L’aroma si schiude fruttato e abbastanza tenue, con qualche sentore di luppolo. Il corpo è scarno, ma brioso nella sua trama acquosa. Il gusto, di un malto dolce, reca un’insistente venatura amarognola. Il finale appare lievemente luppolizzato e di scarsa durata. Non da meno, il retrolfatto si rivela asciutto e pulito, nella sua corta persistenza.
Matilda Bay Dogbolter, dunkel di colore bruno rossastro tendente al nero (g.a. 5,2%). Creata come forte ale dal brewpub Sail and Anchor, viene oggi offerta dalla Matilda Bay come lager scura speciale. Rispetto alla maggior parte dei prodotti australiani, richiede il doppio del tempo di preparazione e fermentazione; prima dell’imbottigliamento inoltre, matura in barile. La schiuma beige, cremosa ma di scarsa durata, è gestita da una morbida effervescenza. L’aroma s’ispira al malto torrefatto, con qualche accenno di caffè, cioccolato fondente, anche di liquirizia. Il corpo medio esibisce una tessitura tra grassa e oleosa. Il malto tostato impronta anche il sapore, robusto, vellutato, dall’inizio alla fine. Il finale esala un lontano tocco di limone. Nel retrolfatto rimane un’invitante secchezza di tostature.
Il Redback, brewpub di Melbourne, associato alla Matilda Bay, viene adesso utilizzato per progetti sperimentali.
Power’s Brewery/Yatala
Si tratta del birrificio più recente del gruppo, sorto vicino a Brisbane nel 1988.
L’imprenditore alberghiero Bernie Power intendeva sfidare il dominio nel Paese dei due grandi gruppi, Foster’s e Lion Nathan; ma, dopo un iniziale successo, nel 1993 dovette arrendersi.
Le sue Power’s Bitter, Power’s Gold e Power’s Light, nonché Brisbane Bitter e Brisbane Pilsner sono state abbandonate; e oggi produce le birre CUB consumate al di fuori dello stato di Victoria.
Cascade Brewery/Hobart
La più antica fabbrica di birra australiana fu costruita in Tasmania nel 1832 da Peter Degraves, ingegnere civile di estrazione francese ma vissuto a Dover, in Inghilterra. Occupa un’area vastissima. Il suggestivo edificio in pietra dove avviene la fase centrale della produzione ha per sfondo i monti Cascade (da cui il nome).
Può sicuramente vantare una continuità esemplare nella propria attività fin dalla nascita. I gravi danni subiti nel 1967 a opera di incendi provenienti dalle incolte terre circostanti riuscirono a fermare la produzione soltanto per 12 settimane.
Nel 1922, con la concorrente isolana Boag’s di Launceston, costituì la Tasmanian Breweries. L’anno successivo la nuova società cominciò a produrre anche vino e liquori. Poi, nel 1993, la Cascade passò al Foster’s Group, e la Boag’s ritornò da sola.
L’azienda di Hobart, utilizzando orzo e luppolo per lo più coltivati in Tasmania, offre una gamma di birre, tutte di bassa fermentazione, che rivelano una fine presenza dell’amaricante.
Cascade Pale Ale, lager tipicamente australiana di colore biondo/ambra (g.a. 5%, in origine 5,2%). Elaborata da una ricetta molto antica, riporta, col nome, ai tempi in cui il birrificio produceva ale. La schiuma bianca, minuta e non così stabile, è gestita da un’effervescenza piuttosto sostenuta. Al naso, la generosa luppolizzazione si fa notare ma non predomina sugli altri sentori, di malto, frutta, erba, grano, paglia. Il corpo leggero presenta una tessitura spiccatamente acquosa. L’ottimo bilanciamento tra cereale e amaricante conferisce al gusto morbide note fruttate. Il finale apporta un certo amarore croccante. Il retrolfatto indugia nelle sue impressioni metalliche.
Cascade Stout, dry stout di colore marrone scuro, quasi nero (g.a. 5,8%). Con una carbonazione alquanto vivace, la spuma erompe sottile, densa, duratura. L’aroma è intenso, con persistenti sentori di malto tostato, caffè, cioccolato, zucchero di canna. Il corpo, medio-leggero, ha una consistenza cremosa e un po’ appiccicosa. Il gusto si snoda con note di frutta scura, cioccolato fondente, caramello, melassa, noci, fumo di torba. Il finale arriva secco, pulito, carico di alcol. Il retrolfatto si propone gradevolmente amarognolo.