Numero 19/2020
9 Maggio 2020
Pierre Celis e il sogno americano: Celis Brewery
Tratto da La birra nel mondo, Volume II, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Celis
(Celis Brewery) Austin, Texas/USA
Quando arrivò in America, precisamente a Austin dove già vivevano alcuni amici belgi, Pierre Celis non era certo il solito emigrante in cerca di fortuna. Aveva venduto alla Interbrew il birrificio De Kluis di Hoegaarden, che era riuscito a far rinascere uno stile poi ampiamente copiato in tutto il Paese; e ora intendeva allargare gli orizzonti dell’attività dall’altra parte dell’Atlantico, sull’onda del successo ottenuto anche qui dalle sue birre.
.
.
Aveva 67 anni, il revivalista belga, approdato nella terra dei pionieri, ma anche lo spirito e l’entusiamo di un giovane mastro birraio che ha appena lasciato i banchi di scuola. Fondò quindi, nel 1992, la Celis Brewery, importando una tradizione assolutamente sconosciuta agli americani. Nacque la Celis White, una birra di frumento molto simile a quelle che Pierre aveva prodotto in patria, anche se probabilmente più acida nel fruttato e meno fiorita.
La storia belga si ripeteva in terra d’America: Celis aveva lanciato e fatto prosperare la sua seconda impresa d’avanguardia, potendo contare sull’acqua di Austin ricca di calcare, come quella di Hoegaarden. La Celis White riscosse un successo tale che presto si ritrovarono in tanti a copiarla; e, se allora risultava la prima e l’unica nel suo genere nel Continente Nuovo, in seguito cominciò a essere fabbricata da un sacco di aziende.
.
.
Seguirono ovviamente altre varietà di birra: Dubbel, Grand Cru, Lagniappe, Pale Bock, Pale Rider Ale, Raspberry.
Poi il calo delle vendite obbligò, nel 1996, Pierre Celis a cedere la quota di maggioranza alla Miller per sfruttare i canali del colosso americano; ma, tenendo conto dei problemi avuti in Belgio con la Interbrew, si riservò la gestione aziendale per quattro anni, mettendo al sicuro ricette e tecniche tradizionali.
Anche questa volta, per problemi di costi di produzione che Celis attribuiva alla Miller, sorsero dei dissapori. Sicché alla scadenza dei quattro anni, ovvero nel 2000, la Miller mise Celis con le spalle al muro: o riacquistava le azioni vendute o vendeva anche il resto. Celis optò per la seconda soluzione.
Col peggiorare della situazione, nel 2001 la Miller vendette, l’edificio, a una società di Austin e, il marchio e l’impianto, a Bobby Mason, proprietario e capobirraio della Michigan Brewing Company di Webberville, nata appena nel 1996. Ma, nel 2012, la Michigan fallì. Il ricordo della gloriosa Celis White sopravviveva ormai soltanto nell’omonima witbier, nella versione originale belga però, della Brouwerij Van Steenberge.
Ed ecco il colpo di scena! Christine Celis, la figlia di Pierre (morto nel 2011), quando, nel 2012, le attività della Michigan Brewing Company furono vendute all’asta, acquistò il marchio Celis col pieno diritto di iniziare la produzione di birre belghe vecchie e nuove.
.
.
La prima birra fu affidata a Adelbert’s Brewery, di Austin, specializzata in birre artigianali belghe: Gypsy, una belgian IPA di colore dorato/ambrato (g.a. 7%), realizzata con lievito belga. La ricetta fu invece creata da Kim Clarke, il primo mastro birraio femminile del Texas che aveva lavorato con Pierre alla Celis Brewery.
Poi Christine fondò il birrificio artigianale Flemish Fox Austin Brewery and Craftworks e, a marzo del 2016, stipulò un accordo con Atwater Block Brewery di Detroit (sorta nel 1997, anch’essa con lo scopo di portare avanti la ricca tradizione delle lager tedesche, insieme a birre boutique uniche). In base a tale accordo, le due aziende avrebbero impiantato, a Austin, una nuova fabbrica in comune, iniziando la produzione nei primi mesi dell’anno successivo. Intanto veniva lanciata una campagna di finanziamento pubblico per il trasferimento da Hoegaarden in America delle vecchie attrezzature da esporre in un museo interattivo.
.
.
Finalmente, l’11 luglio del 2017 avveniva l’inaugurazione della nuova Celis Brewery, in un ex negozio di piastrelle nel nord di Austin.
La birreria, di 22 mila piedi quadrati, dispone di una taproom fantastica, con le pareti in mattoni di pietra calcarea e le testimonianze della birreria belga: il bollitore di rame fatto a mano agli inizi del Novecento, grandi foto in bianco e nero, sottobicchieri, pubblicità.
E subito la produzione di tre birre, già arrivate a cinque e destinate ad aumentare entro l’anno. Tra esse, ovviamente, spicca la witbier, fermentata addirittura con lo stesso ceppo di lievito (recuperato caparbiamente da Christine) utilizzato da Pierre Celis nel 1965 per la famosa Hoegaarden.
.
.
Celis White, witbier di colore giallo dorato pallido e dall’aspetto opalescente (g.a. 4,9%); con utilizzo di tre varietà di luppolo, semi di coriandolo e buccia d’arancia di Curaçao. Con una carbonazione media, la spuma emerge soffice e fragrante, cremosa, stabile e aderente. L’olfatto offre intensi e persistenti profumi fruttati piccanti, di agrumi, coriandolo. Il corpo, medio-pieno, ha una consistenza prettamente acquosa. Il gusto è ricco di agrumi, miele, frutta secca, lievito, coriandolo, frumento acidulo. Il finale asciutto provoca una relativa astringenza. Nella discreta persistenza retrolfattiva si esalta il lievito, tra richiami fruttati e floreali.
.
.
Uncle Billys Lazy Day Kager, premium lager di colore dorato (g.a. 5,5%). Con una media effervescenza, la spuma bianca emerge sottile, cremosa, di buona tenuta. L’aroma, piuttosto blando, reca sentori di malto, caramello, pane fresco, miele, cereali, noci, lievito, luppolo floreale. Il corpo medio ha una consistenza leggermente cremosa. Il gusto defluisce in piacevole freschezza, con un moderato apporto di luppolo dall’accento amaro su fondo piuttosto asciutto: la dolcezza iniziale era solo un miraggio. Anche nel finale un morbido e amabile caramello dà una breve illusione, come a indorare la pillola, una pillola amara di resina e di erbe aromatiche secche.