Numero 45/2020
4 Novembre 2020
Craft Distilling Italy: per Agostino Arioli è il momento giusto per la nascita di un forte movimento di microdistillerie!
“E’ il momento giusto perché nasca un movimento di microdistillerie che mettano la loro voce nel movimento mondiale dei distillati”.
Queste parole di Agostino Arioli – uno dei padri della birra artigianale in Italia con il suo Birrificio Italiano e ora tra i pionieri della microdistillazione con il progetto Strada Ferrata, microdistilleria alle porte di Milano portata avanti con Benedetto Cannatelli di Railroad Brewing – espresse in occasione di Craft Distilling Italy, sembrano far ben sperare per la nascita di un forte movimento anche in Italia.
L’intervento di Arioli è stato solo uno dei tanti che si sono susseguiti lo scorso 27 ottobre in occasione appunto di Craft Distilling Italy, conferenza digitale completamente dedicata alle microdistillerie a alla distillazione artigianale. Un progetto di Distillerie.it, ovvero di Claudio Riva e Davide Terziotti.
La conferenza (www.craftdistilling.it) ha consentito di fare il punto sullo stato dell’arte della distillazione nel nostro Paese dopo che tra il 2018 e il 2019 è comparsa in Italia una prima manciata di microdistillerie per un settore ancora molto frammentato e di dimensioni medie ridotte.
Come sottolineato da Sandro Corbor di Assodistil, associazione che rappresenta oltre il 95% dell’alcol agricolo prodotto in Italia, nel nostro Paese operano almeno 135 imprese nel settore con oltre 2 mila addetti, attive soprattutto nel Nord e più dell’80% è costituito da microimprese con un numero di personale compreso tra 1 e 9. Dimensioni ridotte che si riflettono anche sulla produzione, basti pensare che circa il 30% dei produttori di grappa ha una produzione che non supera i 100 mila litri/anno.
Craft Distilling Italy consente a chiunque sia interessato di avere una visione a 360 gradi su opportunità, rischi, aspetti normativi e modelli di business nel settore della microdistillazione, guardando anche all’esperienza di quasi 40 anni di distillazione craft in America con una crescita incontenibile dal 2006-2007.
Quello su cui voglio focalizzarmi invece sono le opportunità per i birrifici artigianali del nostro Paese di entrare in questo settore e l’intervento di Agostino Arioli offre diversi spunti di interesse. Il patron del Birrificio Italiano, tra i vari punti trattati nel corso del suo intervento, ha cercato ad esempio di delineare l’identikit del consumatore di distillati, vedendo una forte similitudine con il bevitore di birra artigianale.
“Il consumatore di birra artigianale – spiega Arioli –probabilmente, caratterialmente e socialmente parlando, è molto affine a quello che sarà, immagino, il consumatore di distillati che produrremo e che produrranno altri che seguiranno in questo movimento delle microdistillerie. E’ un consumatore che, a volte in maniera compulsiva, va alla ricerca della novità. E’ molto vivace e stimolante perché mediamente ben informato. Coniuga questo mondo pieno di informazioni e di concetti a quello che ripeto essere una dote naturale degli italiani, ossia capire il gusto delle cose. Questo tutto sommato è un consumatore meraviglioso. L’unica nota dolente è forse che in Italia si beve meno alcol di quanto se ne beva negli Stati Uniti, ma tutto sommato, nonostante io sia un produttore di birra e distillati, sono abbastanza contento; penso che dal punto di vista sociale sia una buona cosa. Diamo preferenze alla qualità e al carattere di cosa beviamo e va benissimo così. Credo che la strada che sia importante da tracciare per noi sia quella che comincia dal locale. Abbiamo profuso molte energie e impegno finanziario nel creare una location che fosse accogliente per le persone e non solo un sito produttivo. Credo che il lavoro che dobbiamo fare sia far conoscere alla gente il prodotto; farci forti qui localmente e poi andare alla conquista dell’Italia prima e del mondo poi. Sono sicuro che, così come è per la birra artigianale, i distillati italiani hanno e avranno da dire molto anche a livello planetario. Ci vorranno 5-10-20-30 anni; non lo so, non mi interessa. Noi abbiamo preso questo binario con Strada Ferrata. Siamo alle porte di Milano, in una zona ricca di stimoli e di persone e vogliamo arrivare lontano”.
Anche per la microdistillazione, così come per la birra artigianale, la fonte di ispirazione restano gli Stati Uniti che possono già vantare 2800 distillerie craft, in forte crescita rispetto alle sole 184 del 2010.
“Sicuramente uno degli input più ricchi e stimolanti che ha iniziato ad arrivare dagli Stati Uniti almeno dieci anni fa è quello della distillazione. E’ molto interessante. E’ nato anche questo movimento delle microdistillerie con la volontà di innovazione di prodotto, di immagine e comunque di creare qualcosa di nuovo. Difficilmente quel movimento ha pensato di replicare pedissequamente il modello scozzese piuttosto che quello di altre culture della distillazione. Questo mi ha affascinato e ha iniziato a frullarmi in testa l’idea che ci potesse essere un’evoluzione molto personale del nostro modo di fare birra, nella microdistillazione. Vuol dire portare un’esperienza, ormai più che decennale come produttore di birra, nel mondo della distillazione”, ha spiegato ancora Arioli.
Dopo il patron del Birrificio Italiano è stato il turno di Benedetto Cannatelli, birraio di RailRoad Brewing e promotore con Arioli del progetto Strada Ferrata, il cui intervento è un’altra testimonianza di come gli Usa siano il faro da seguire.
“L’idea di avvicinarci al mondo della distillazione è derivato anche dalla mia seconda attività”, spiega Cannatelli. “Lavoro come accademico all’università e questo mi ha dato la possibilità di viaggiare molto negli ultimi dieci anni e soprattutto negli Usa dove ho potuto vedere il fermento che si stava sviluppando attorno al mondo della microdistillazione. Questo mi ha fatti intuire che la microdistillazione, intesa all’americana, potesse essere la nuova onda, dopo quella della produzione di birra artigianale, che avrebbe potuto raggiungere il Vecchio Continente. E’ da almeno otto anni che nella nostro testa frulla il sogno di diventare distillatori dopo essere diventati birrai”.
“In questo percorso, insieme ad uno dei miei soci, Tommaso, abbiamo avuto la possibilità di poter passare dei periodi negli Usa, in particolare in Montana, ospiti di una microdistilleria. Invece che fare le classiche ferie abbiamo deciso di imparare i principi della distillazione, importantissimi per imparare il modello americano, non tanto per il prodotto che deve avere un’impronta fortemente italiana, ma quanto per il modello di business”.
Un altro degli elementi che accomuna la birra artigianale alla microdistillazione è l’assenza di una tradizione in Italia; fatto che ha spinto i birrai del nostro Paese a sperimentare il più possibile attraverso le molteplici materie prime presenti nel nostro territorio e che, come sottolinea ancora Cannatelli, potrebbe rappresentare uno degli elementi caratterizzanti del movimento delle microdistillerie italiane.
“Una delle caratteristiche principali del nostro progetto è il fatto di vedere un’assenza di tradizione italiana nella produzione di whisky non tanto come un gap, ma come un’opportunità dettata dal fatto che non abbiamo vincoli. Non ci sono regole ferree da seguire. Abbiamo la possibilità di far leva e di far fruttare la nostra cultura, il nostro background di birrai, la conoscenza profonda del mondo del malto, della fermentazione. Vogliamo caratterizzare i nostro prodotti in mondo preponderante. Il fatto di aver a bordo Agostino è sicuramente un plus. E’ uno dei maggiori conoscitori di quello che è la selezione dei malti e la conduzione di una fermentazione corretta. Tutte le sperimentazioni tecniche che stiamo cercando di condurre vanno in questa direzione: essere tra i primi a scrivere le regole di un nuovo modo di fare whisky che prende una forte eredità da quello che è il mondo della birra”, conclude Cannatelli.