Numero 09/2022

1 Marzo 2022

Dallo spazio alla botte… Diario di bordo di Davide Marinoni

Dallo spazio alla botte… Diario di bordo di Davide Marinoni

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Gli anni che abbiamo e stiamo affrontando non sono dei più facili.

Ci hanno caricato di insicurezze, paure, sottratto tempo, sogni e voglia di fare.

Alcuni di noi sono stati feriti profondamente, ma non si sono mai arresi e vogliono semplicemente ritornare alla normalità.

Concretizzare le speranze, rimboccarsi le maniche e ricominciare non solo per se stessi, ma anche per gli altri.

E’ da molto tempo che aimè non pubblico e oggi vorrei ricominciare con qualcosa di unico, originale.

Incominciamo dicendo che ogni birraio non si limita mai solo a riprodurre le proprie ricette migliori, ma è in continua ricerca di nuove materie prime e metodi produttivi.

Se non accadesse berremmo sempre le solite birre, ci annoieremmo a morte rischiando addirittura di diventare astemi.
Noi bevitori seriali attendiamo sempre novità, però prima di degustare quello che troviamo nei nostri bicchieri dobbiamo ricordare che dietro c’è sempre un progetto fatto di persone e duro lavoro.

Sempre con una pinta in mano ho esplorato con Davide Marinoni di Monpier de Gherdeina la vita di una Birra, ma con particolari unici, quella sour e barricata.

 

 

Ci racconti com’era Davide da bambino, pensavi che da grande avresti fatto l’astronauta o il birraio?

Ciao! Allora, da bambino immagino fossi scemo e con idee a caso come molti. Sicuramente più probabile l’ipotesi astronauta essendo io fan del genere, dai primi Star Trek ai più moderni Rick e Morty, quindi si dai, diciamo astronauta.

 

Quali sono state le tue precedenti esperienze e come sei sbarcato in Trentino?

Ho iniziato 12 anni fa come stagista spalatrebbie in quel del Canton Ticino (Bad Attitude), poi ho girato un po’, dalla Lombardia al Veneto, ho avuto una bella esperienza al Conte Gelo e da quasi tre anni sono in Alto Adige.

All’epoca avevo bisogno di aria fresca e qua direi che ce n’è in abbondanza, pure troppa! 🙂

 

Spiegaci cosa ti ha spinto a creare birre in bottaia…

Diciamo che la domanda sarebbe da rovesciare. Sono le birre in botte e la bottaia uno dei motivi per cui lavoro qui. Quando sono arrivato c’era già questo progetto in crescita, con un ambiente stupendo per valorizzarlo e questo mi ha spinto ad abbracciare l’idea di trasferirmi. Dal mio arrivo la bottaia si è triplicata e sono nate molte birre nuove, era un campo nuovo per me e professionalmente amo sperimentare tutto il possibile.

Detto questo, la botte è un richiamo alla storia della birra, una variabile nuova da inserire nella ricetta e soprattutto nel modo in cui viene inteso da noi, un mezzo per creare molta complessità al prodotto finale.

 

Ci spieghi da dove parte e finisce il tuo lavoro?

Dal chicco d’orzo alla pinta. Troppo sintetico? 🙂

Comunque io mi occupo delle ricette, del processo di produzione e del confezionamento. Amo la totale libertà di cui godo nelle scelte anche se ovviamente avere a fianco persone preparate è molto utile per trovare la retta via.

Non sono molto social e raramente negli ultimi anni partecipo all’aspetto promozionale del prodotto, mi piace confrontarmi con i bevitori ma solitamente stando al tavolo a bere; poi mi dicono che ho un brutto carattere, quindi meglio evitare la folla.. 🙂

 

 

Sogni di barricare in una botte di…?

In questi tre anni abbiamo barricato Imperial Stout, Barley, Spontanee, Gose, lichtenhainer, berliner weisse, kriek, varianti fruttate di alcune già citate…

Direi che per ora mi posso ritenere soddisfatto..

 

Quali  vengono normalmente utilizzate e ci potresti spiegare le loro particolarità?

Avendo la produzione in Alto Adige, zona con una bella storia vinicola, è piuttosto semplice per noi trovare botti, anche considerando le amicizie e le connessioni col mondo di Carmelo (il Ceo e commerciale del birrificio).

Usiamo barriques e tonneaux di rovere francese solitamente, per quanto nel mondo della birra le botti migliori sono sempre “esauste”. Il contributo del legno c’è, ma quello che a noi interessa è la microssigenazione che si ha nel tempo e la creazione al suo interno di una flora microbiologica caratteristica per le nostre sour.

Ho provato anche botti con passaggi precedenti di superalcolici (Whisky, Grappa, ecc..), ma onestamente non mi hanno mai fatto impazzire.

 

 

Un tuo collega che ammiri di più e perchè?

Te ne cito due. Fabio Brocca di Lambrate a livello professionale. Fa birre eccezionali da una vita, con un approccio lavorativo che a leggere (non ci conosciamo direttamente), si avvicina molto alle mie ambizioni di come vorrei diventare un giorno.

Come amico invece ammiro Mattia Sosti di Castagnero. Lavora in un piccolo birrificio di provincia e facendo lo stesso mio lavoro so a quante rogne ogni giorno va incontro, dalla burocrazia al covid di questi anni; eppure lui e Monica tengono sempre botta con birre che bevo molto volentieri. Poi lui è totalmente scemo e scarsissimo al fantacalcio, quindi l’amico ideale.

 

Quali sono le birre barricate sul mercato che ti piacciono di più?

Come ti dicevo prima, non riesco ad affezionarmi alle barricate “classiche” che sfruttano precedenti passaggi in botte di superalcolici. Poi ci sono eccezioni felici, tipo che so, la Papanero per dire. Bevo molto più volentieri invece birre sour con un passaggio in botte, in questo caso si crea una bella complessità che le fa uscire dal rischio di essere bibite (spesso magari con frutta) con un’acidità un po’ “sintetica”.

 

La Bottaia può essere un’opportunità per sperimentare un’evoluzione birraria o anche una scelta commerciale?

La bottaia è come una bella medaglia. Ti rende orgoglioso, ti fa sembrare più bello ma poi in battaglia meglio avere anche appresso l’elmetto e il fucile. I numeri che facciamo con la bottaia sono significativi, ma il grosso della produzione tutt’ora è quella più tradizionale con passaggi più o meno lunghi in accaio. Considera che produco circa 30 birre diverse, tra basse fermentazioni, luppolate, qualche di tradizione belga e anche le barricate. Commercialmente hanno senso ma si tratta sempre di un circoscritto mercato di appassionati, poi ci sarà ancora crescita ma dubito saranno mai birre destinata alla maggioranza dei bevitori.

 

Qual è l’obiettivo attuale che tu e il birrificio vi siete preposti di raggiungere?

Il mio obiettivo è di diventare sempre più professionale, di essere sempre più preparato e di limare sempre i dettagli. Il modo in cui faccio birra oggi è un processo continuo di accrescimento in cui vuoi per esperienza, vuoi per l’uscita di un libro o di una bella ricerca, si aggiunge un dettaglio in più che migliora il risultato finale. Mi piacerebbe prima o poi iniziare anche con le analisi interne al birrificio per rendere ancora meno empirico il nostro lavoro.

Come birrificio ti confesso che il mio obiettivo è fare contento il bevitore, poi si, ci sono i concorsi, ci sono le classifiche ma alla fine non è un aspetto che abbia mai guardato con troppa enfasi.

 

 

Quanto è importante per un birrificio avere anche un locale di proprietà?

Il locale aiuta molto. E’ innanzitutto una vetrina per noi e per me da birraio è una costante verifica del mio lavoro.

A volte si tende a chiudersi nel proprio laboratorio e a fidarsi troppo delle proprie impressioni. Una serata ogni tanto a bere e a sentire il parere della “strada” fa sempre bene per trovare i giusti focus.

 

Ci puoi consigliare degli abbinamenti gastronomici con alcune tue creazioni della bottaia?

Faccio una premessa. Io sugli abbinamenti tendo a essere molto libero e molto poco dogmatico. Se una cosa ti piace e ti fa felice, hai ragione tu.

Detto questo, il nostro amico Paolo Erne ha fatto un bel libro sulla birra in cucina, ragionandola come ingrediente nel piatto ma anche nel gioco complessivo dell’abbinamento. La sua prima ricetta è dedicata a noi, quindi vi “spingo” a trovare nel suo libro la risposta alla tua domanda.. 😉

 

Nei certificati di nascita è scritto dove e quando un uomo viene al mondo, ma non vi è specificato il motivo e lo scopo. Uno potrebbe essere fare birra artigianale, qualcosa di buono da bere.

L’ uomo che nasce sotto una cattiva stella sceglie di bere birra industriale, ma quella artigianale lo può salvare e magari potrebbe essere proprio quella di Davide.

Concluderò dicendo che “Bere Birra è il dannato sostegno a questa vita” .

 

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Piero Garoia
Info autore

Piero Garoia

Sono nato nel lontano millenovecentosess… il secolo scorso, a Forlimpopoli, paese natale di Pellegrino Artusi padre della cucina italiana.
Appassionato di musica, cinema, grafica e amante della fotografia.
La passione per la Birra Artigianale nasce tra gli scaffali di una libreria sfogliando un piccolo manuale per fare la birra in casa.
I disastrosi tentativi di produrla mi hanno fatto capire che diventare homebrewer non era proprio la mia strada.
Ho scelto allora di gustare la birra con gli amici, tutti appassionati, “credenti” che artigianale sia significato di unicità e qualità.
Non sono un docente, nemmeno un esperto, ma ho un obiettivo, mantenere vivo un piccolo mondo romantico dove la cultura della birra sia sinonimo di valori, socializzazione e condivisione di esperienze.
Coltivo le mie conoscenze partecipando a eventi, degustazioni, incontri e collaboro con l’Unper100 un’associazione di homebrewer forlivesi.
Mi affascina il passato delle persone, ascoltare le loro storie e capire come vivono le loro passioni.
Gestisco anche un mio blog semiserio www.etilio.it e mi piace pensare che questo possa contribuire a “convertire” più persone possibili al pensiero che “artigianale è meglio”.
Ho ancora tanti sogni nel cassetto e altrettanta voglia di concretizzarli.
Far parte del “Giornale della Birra” cosa significa? Vuol dire avere l’opportunità di comunicare a molte più persone quello che penso e mi appassiona.