Numero 03/2023
21 Gennaio 2023
Voodoo Brewing Company: il birrificio USA ispirato all’Islanda
Tratto da La birra nel mondo, Volume V, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Meadville, Pennsylvania/USA
Dopo il college, Matt Allyn si arruolò nell’aviazione statunitense. Nel periodo trascorso in Islanda, insieme ai compagni di stanza, cominciò a produrre birra in un seminterrato come alternativa alla vodka.
Tornato in patria, nel 1993, lasciò l’esercito e cominciò a fare il birraio e il consulente esterno per la progettazione e la messa in funzione degli impianti.
Nel 2007 riuscì finalmente a coronare il suo sogno: con un impianto da 12 ettolitri, aprì, dietro un ex negozio di mobili, la Voodoo Brewing Company. Ma gli affari proprio non riuscivano a decollare.
Nell’autunno del 2010 si era ormai agli sgoccioli; addirittura se n’era andato l’aiuto birraio, Justin Dudek. Ed ecco arrivare a sostituirlo il californiano Curt Rachocki, che si rese subito conto del motivo dell’insuccesso: mancava ovvero l’abilità imprenditoriale e commerciale. Fece quindi venire suo fratello Matteo, proprio il tipo che ci voleva, e presto la musica cambiò. Furono perfino coinvolti alcuni investitori, e vennero fuori i fondi necessari per l’espansione e l’aumento della produzione.
L’apertura di un pub e gli invecchiamenti in botte portarono, nel 2015, la produzione a 3 mila ettolitri. Subito l’apertura di un altro pub, a Homestead.
Poi, nel 2016, Matt Allyn lasciò l’azienda per tornare all’attività di consulente: nacque l’Allyn Brewing Group, con la possibilità per i dipendenti di diventare azionisti. Seguì un secondo birrificio, sempre a Meadville (The Compound), e la capacità produttiva arrivò a 35 mila ettolitri annui. Nel 2017 venivano inaugurati anche i pub di Erie e Grove City. Ancora un pub a Lancaster, nel 2018.
Voodoo Big Black Voodoo Daddy, imperial stout di colore marrone molto scuro, quasi nero, e dall’aspetto opaco (g.a. 12%). Si tratta di un’offerta invernale, ottenuta con diversi tipi di malto e invecchiamento in botti di quercia. La carbonazione è parecchio contenuta; la schiuma cappuccino, non così ricca, ma fine, compatta, cremosa, durevole, aderente. Abbastanza elevata, l’intensità olfattiva regala, infervorati da uno “scatenato” bourbon, attraenti profumi di malto tostato, prugna, caramello, melassa, datteri, cioccolato, uva passa, vaniglia, liquirizia, zucchero di canna; con lieve sottofondo di tabacco e cenere, legno e frutta acida. Il corpo, da medio a pieno, si presenta in una consistenza tra cremosa e oleosa, comunque abbastanza appiccicosa. Malti dolci e tostati, frutta acida e scura, melassa e quercia, vaniglia e cioccolato fondente, tabacco e terra, caffè torrefatto e resina, si fondono in un sapore caldo e avvolgente che scivola pian piano in un potente finale alcolico. Il retrolfatto non sarebbe potuto essere più impegnativo, con le sue persistenti suggestioni amare, resinose, etiliche, e con qualche nota croccante di tostatura.