Numero 14/2023
8 Aprile 2023
Brouwerij Verhaeghe: malteria e birrificio in Belgio!
Tratto da La birra nel mondo, Volume V, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Vichte/Belgio
Birrificio delle Fiandre Occidentali, in un piccolo villaggio intensamente popolato, comune a sé fin al 1977, poi frazione di Anzegem.
Fu fondato, insieme alla malteria, nel 1885 da Paul Verhaeghe; la cui famiglia, già dal 1500, produceva birra nello château della propria tenuta di campagna.
Utilizzando la ferrovia, Paul trasportava ormai la sua flemish red ale fin a Bruxelles. Ma, essendosi rifiutato, durante la grande guerra, di produrre birra per gli invasori tedeschi, questi smantellarono il birrificio per portar via tutto il rame.
Nel 1919 il birrificio era completamente ricostruito. Purtroppo, nei successivi cinque-sei anni, rimase fermo, perché, se esso aveva perduto tutta la clientela, dall’altra parte, la sua flemish red ale, aveva completamente perduto il favore popolare, col dilagare di pils e lager. Si rese pertanto indispensabile un forte investimento economico per le basse fermentazioni, creando quella Verhaeghe Pils che oggi occupa il 10% della produzione.
Nel 1928 l’azienda passò ai figli di Paul Verhaeghe, Leon e Victor; e, nel 1944, ai nipoti, Pierre e Jacques.
Durante la seconda guerra mondiale, il birrificio riuscì a sopravvivere con una birra da tavola dal contenuto alcolico dello 0,8%.
Infine, il subentro, nel 1991, di Karl e Peter, figli di Jacques Verhaeghe: il, secondo, birraio; il primo, addetto alla parte commerciale e amministrativa. Anche perché ritrovatisi con un birrificio piuttosto vecchio (da troppi anni abbandonato a se stesso), i due fratelli, mettendo da parte le mode imposte dal mercato, decisero di proseguire per la strada della tradizione, continuando a produrre soprattutto quelle flanders red ale (“ale rosse fiamminghe”), rossastre e agrodolci, che costituiscono uno dei più straordinari e tradizionali stili birrai del mondo. Specialità regionali che peraltro continuano a maturare in una dozzina di fusti di quercia originari.
Della produzione annua di circa 12 mila ettolitri, quasi l’80% viene esportato verso il Nord America, la Russia e l’Est asiatico. La pilsner invece ha la produzione necessaria per il fabbisogno locale.
Verhaeghe Duchesse de Bourgogne, flanders red ale di color rubino e dall’aspetto velato (g.a. 6,2%). È la birra più nota dell’azienda, dedicata a Maria di Borgogna, la duchessa più potente e ricca di tutta l’Europa che, purtroppo, morì a soli 25 anni per una caduta da cavallo durante una battuta di caccia. Nasce da un blend di due birre maturate in botti di rovere: una più giovane (di 8 mesi) e una più vecchia (di 18 mesi). Una maturazione che, oltre alle note tipiche del legno, conferisce alla birra carattere acido (lattico e acetico), bilanciato da una evidente nota dolce e zuccherosa. Con una media effervescenza, la schiuma ocra, abbastanza sottile e cremosa, si rivela di ottima tenuta. L’aroma è intenso e complesso: subito un sentore liquoroso, che si tira dietro profumi per lo più agrodolci, in particolare di mela lievemente acerba e aspra; mentre, dal sottofondo, spirano richiami di affumicatura, legno, caramello, lieviti. Il corpo medio tende decisamente al leggero, in una consistenza relativamente cremosa. Nel gusto, l’iniziale dolcezza dei frutti di bosco rossi volge presto verso un asprigno secco e persistente che crea un piacevole pizzicore al palato. L’amarognolo del finale lascia la bocca pulita e appagata. Aggiunge la ciliegina sulla torta il retrolfatto, con la sua ampia ricchezza in cui si esaltano principalmente le sensazioni agrodolci già avvertire all’olfatto, unitamente a tocchi legnosi, acidi, vinosi.
Verhaeghe Vichtenaar, flanders red ale di un intenso colore ambrato con riflessi rossastri e dall’aspetto confuso (g.a. 5,1%); dedicata agli abitanti di Vichte, sede del birrificio. Utilizza malti tostasti, luppolo speziato, lievito fruttato e acqua dolce, pompata da un pozzo profondo 172 metri. Dopo la fermentazione primaria e una successiva lagerizzazione, la birra matura per 8 mesi in enormi botti di rovere. La permanenza in tali botti e il contatto con i microorganismi presenti al loro interno conferiscono alla birra un piacevolissimo gusto acidulo molto rinfrescante e dissetante. La carbonazione è parecchio contenuta; la schiuma ocra, abbondante e sottile, compatta, cremosa, resistente. Al naso, aprono le danze la frutta rossa sciroppata (ciliege, fragole, ribes, lamponi), miele, biscotto, caramello; presto si aggregano sentori di tostatura e pasticceria, fomentati da tannino, zenzero e cannella. Spunti balsamici provengono dall’acetico del sottofondo che però, con l’innalzamento della temperatura, finisce per apportare una certa asprezza. Il corpo medio presenta una tessitura decisamente acquosa. Anche nel gusto l’acetico si limita al ruolo di deuteragonista, bilanciando però magistralmente la dolcezza sciropposa dei frutti di bosco, della ciliegia, del caramello. E il sapore può distendersi in tutta la sua gradevole morbidezza, senza asperità o amarore, con soltanto una delicatissima nota lattica. Al lungo finale, secco e tannico, tiene dietro un non men persistente retrolfatto vinoso con suggestioni di legno e amarene.
Verhaeghe Echt Kriekenbier, sour/wild beer-flavored di colore rosso rubino intenso e dall’aspetto torbido (g.a. 6,8%). Echt, in neerlandese, significa “vero, autentico”, quindi il birrificio intende precisare che si tratta di una “kriek autentica”. Ma, attenzione! La base della vera kriek è il lambic; qui invece è della Vichtenaar. Le ciliege, utilizzate fresche, provengono dalla zona intorno a Sint-Truiden, nel Limburgo belga. E, poiché il gusto della ciliegia con le diverse condizioni climatiche varia di anno in anno, per mantenere invece costante il gusto della birra, si opera la sua integrazione con una kriek di uno e due anni più vecchia. La carbonazione è abbastanza contenuta; la schiuma, lievemente rosata, soffice e densa, ma di scarsa ritenzione e allacciatura. L’aroma ha la dolcezza della ciliegia e, insieme, l’acidità della mela verde, in perfetto equlibrio tra loro. Non mancano comunque spunti peraltro insignificanti e non così distinguibili di lievito fruttato, rovere, vaniglia, fieno, paglia, cuoio, erba, pepe, mandorla, terra, malto scuro; e, dal sottofondo, di un timidissimo aceto di vino rosso. Il corpo medio ha una consistenza moderatamente cremosa. Dopo un avvio dolce, s’inseriscono nel gusto note acidule e aspre, e un sacco di autentici sapori di ciliegia confluiscono nella complessità di un lievito decisamente funky. Il finale si rivela asciutto e leggermente appiccicoso. Da parte sua, il retrolfatto, piuttosto insignificante, eroga qualche sfuggente impressione acidula e piccante.
Verhaeghe Vera Pils, german pilsner di un cristallino colore dorato (g.a. 4,7%). La carbonazione è più media che decisa; la schiuma bianca, sottile, ben amalgamata, cremosa, di buona tenuta e allacciatura. L’aroma, alquanto granuloso, sa un po’ di vegetale; ma armonizza con sentori di malto, paglia, cartone, mais, fieno, luppolo erbaceo, e qualche spunto floreale. Il corpo medio tende decisamente al leggero, in una consistenza abbastanza acquosa. Con la sua raffinatezza, il Saaz conferisce al gusto quel tocco amarognolo, fresco e delicato, che rende piacevoli le croccanti note maltate votate per natura all’amabilità. Nel finale, la secchezza rende quasi pungente il floreale della luppolizzazione. Ma, nel retrolfatto, il ritorno del cereale non viene adeguatamente contrastato dalle sensazioni amaricanti.
Stagionale
Verhaeghe Noel, belgian strong golden ale di un limpido colore oro antico (g.a. 7,2%); una proposta natalizia non certo tradizionale, vuoi per il colore che per il contenuto alcolico. Mentre il produttore assicura di non utilizzare spezie. Anche la carbonazione è piuttosto moderata; la schiuma, di un bianco sporco, enorme, compatta, cremosa, straordinariamente tenace ma non così aderente. L’aroma si esprime con una certa delicatezza e tanta pulizia, proponendo cereali, miele, pane, biscotto, lievito belga, zucchero candito, fiori secchi, caramello, uva bianca, mela verde; intanto che dal sottofondo alitano, al tenue calore etilico, indizi di zenzero, muschio, chiodi di garofano, luppolo speziato. Il corpo medio dispone di una scorrevole consistenza acquosa. Nel gusto, sono il biscotto, il miele, la vaniglia, lo zucchero a velo, a salire subito in cattedra, appoggiati peraltro da una solida base di frutta varia e indistinguibile; poi, pian piano, s’intromettono note leggermente amare e piccanti, di terra, scorza di pompelmo, semi di coriandolo. Nel finale, lievito e pepe compongono un eccellente equilibrio. Il retrolfatto, teneramente accarezzato dall’alcol, richiama la dolcezza del cereale.