Numero 05/2024
3 Febbraio 2024
Trois Dames
Tratto da La birra nel mondo, Volume IV, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Sainte-Croix/Svizzera
Microbirrificio in un piccolo centro industriale del Canton Vaud, a oltre mille metri di altitudine: può senz’altro considerarsi uno dei pionieri del movimento svizzero della birra artigianale.
Impegnato nella distribuzione di articoli sportivi, Raphaël Mettler si appassionò all’homebrewing al punto che, nel 2003, si decise a compiere il “grande passo” con un impianto da 2,5 ettolitri acquistato in Germania e aiutato da un birraio tedesco, nonché dall’amico Freddy della Brasserie Haldemann, nel Canton Friburgo. Le “Tre Signore” sono la moglie (Sylvie) e le figlie (Julie e Elise) del proprietario. Mentre le prime produzioni s’ispirarono chiaramente alla tradizione tedesca.
Poi, nel 2005, un viaggio negli Stati Uniti e, soprattutto, gli aromatici luppoli della Yakima Valley, crearono un vero e proprio scompiglio nel mondo brassicolo di Mettler. Così, al ritorno in patria, sospese l’attività e decise di passare in Canada, insieme alla famiglia, un anno di ricerca e aggiornamento.
Tra il 2006 e il 2007 visitò molti birrifici e brewpub, non solo canadesi, anche qualcuno statunitense di confine. Voleva insomma conoscere tutto della produzione brassicola d’ispirazione anglosassone.
Tornato in Svizzera, nel 2008, comprò una vecchia falegnameria e installò un impianto, questa volta, da circa 15 ettolitri. E, ovviamente, rivoluzionò tutto il sistema produttivo. Infatti la vastissima gamma, tranne pochissime eccezioni, verte sulla fermentazione alta.
Ma Raphaël si cimenta anche con l’invecchiamento in botte e le birre acide. E, per questo, ha un debito nei riguardi di Jérôme Rebetez della Brasserie BFM (nel Canton Giura), il quale, prima della partenza per il Canada, lo convinse a lasciare in botte per il ritorno una imperial IPA e un lambic.
Trois Dames IPA, india pale ale di color rame e dall’aspetto velato (g.a. 6,3%). Nata nel 2005, ha subito diverse variazioni nella ricetta. Utilizza i luppoli americani Columbus, Simcoe e Chinook. La carbonazione è moderata; la schiuma bianca, non ricca, ma sottile, cremosa, di sufficiente tenuta. L’olfatto, di elegante finezza, eroga profumi di frutta tropicale con i quali si mescolano armonicamente, provenienti dal sottofondo, sentori resinosi, di aghi di pino e scorza di agrumi. Il corpo medio ha una consistenza oleosa. Nel gusto, una lieve nota iniziale di malto biscotto introduce sapori che ricordano la frutta caramellata, il miele, la polpa di mandarino; ma, nella seconda parte del percorso, subentra, in un crescendo inarrestabile, un amarore floreale, erbaceo, resinoso. Con la sua secchezza, il finale dura quanto basta per far riprender fiato e conciliare l’ingresso delle lunghe impressioni retrolfattive di terra, resina, legno.
Trois Dames Pacifique Pale Ale, american pale ale di colore ambrato e dall’aspetto confuso (g.a. 5%). Si ispira alla Extra Special Bitter, ma aromatizzata con luppoli provenienti dalla Yakima Valley. Con un’effervescenza quasi piana, la schiuma biancastra fuoriesce abbastanza cremosa, ma scarsa ed evanescente. Con i suoi sentori di malti tostati, caramello e frutta tropicale molto matura, l’aroma tende decisamente a un dolce quasi stucchevole che a malapena riesce a contrastare l’agrumato della pur generosa luppolizzazione. Il corpo medio ha una consistenza piuttosto oleosa. Anche nel gusto un solido malto biscotto e la frutta tropicale matura improntano l’imbocco; non per molto però, in quanto arriva presto l’ondata amara della scorza di pompelmo, seguita a ruota dalla lieve acidità delle bacche: e il sapore si fa secco, gradevole, rinfrescante. Nel finale l’amarore s’intensifica, diventa addirittura astringente nel corto retrolfatto dove appare di natura verosimilmente vegetale.
Trois Dames Bise Noire, stout di colore marrone molto scuro, quasi nero, e dall’aspetto opaco (g.a. 7,2%). Il nome vuol dire “bacio nero”. Si tratta di una produzione invernale, senza aggiunta di spezie, con disponibilità da settembre a marzo. La carbonazione è abbastanza sostenuta, però morbida; la schiuma cachi, non ricca, ma compatta, cremosa, di apprezzabile tenuta e aderenza. L’aroma si libera gradevolmente dolciastro, a base di malto tostato, cacao, vaniglia, melassa, terra, frutta secca scura, caramello, liquirizia, cioccolato, zucchero lievemente bruciato. Il corpo medio tende decisamente al leggero, in una consistenza pressoché acquosa. Il gusto non eccelle certo per intensità e pulizia; comunque sa farsi apprezzare per la delicatezza e la persistenza delle sue note di malto tostato, uvetta, zucchero di canna, pane di segale, melassa; e, quanto alla discreta componente equilibratrice, cioccolato fondente, liquirizia amara, lieve acidità di bacche scure, accenni di luppolo terroso. Nel finale si mette in evidenza una certa asprezza di mirtilli. Caffè e tostature animano di un piacevole amarognolo le sufficientemente lunghe suggestioni retrolfattive.