Numero 39/2024

23 Settembre 2024

Il giro del mondo in… tante birre: Corea del Sud

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Per questa tappa, il Giro del Mondo in tante Birre si sposta solo di pochi chilometri, dalla Corea del Nord a quella del Sud. Di primo acchito sembrerebbe uno spostamento molto semplice e, invece, non è affatto così. Il confine è uno dei più caldi e famosi al mondo.

 

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, la penisola coreana viene divisa seguendo il 38° parallelo. A nord si instaura un governo filo-sovietico, mentre a sud uno filo-statunitense. Questa demarcazione varia ancora al termine della sanguinosa Guerra di Corea. L’armistizio del 1953 stabilisce, infatti, la creazione di un’area cuscinetto, la cosiddetta “Zona Demilitarizzata Coreana”. Oggi, una delle mete turistiche più gettonate, di “demilitarizzato” ha ben poco, è una delle frontiere più armate del pianeta (v. foto sotto).

 

 

Questa scissione segna profondamente i destini del popolo coreano, tanto che le enormi differenze socio-culturali sono visibili ancora oggi. Come già avete scoperto nel precedente articolo.

Grazie al sostegno degli Stati Uniti, la Corea del Sud è protagonista di una rapida crescita economica dagli anni ’60 fino alla fine dei ’90. Questo vero e proprio boom l’ha fatta entrare di diritto tra le quattro “tigri asiatiche” insieme a Taiwan, Singapore e Hong Kong. La capitale Seul diventa, così, il simbolo del cosiddetto “miracolo del fiume Han”. Ma non è tutto oro ciò che luccica, la grande crisi finanziaria del 1997 ha ridimensionato tutto il sistema. Nonostante questo, la Corea del Sud è ancora una delle economie più sviluppate ed avanzate del mondo. Il settore tecnologico-informatico rappresenta un traino fortissimo, grazie a colossi industriali come Samsung e LG.

 

 

LA STORIA DELLA BIRRA IN COREA DEL SUD

Prima di addentrarci tra i meandri della storia delle birre in Corea del Sud, è necessario introdurre il “galateo del bevitore”. Tutto nasce intorno al XIV sec. durante le “hyanguemjurye”, le riunioni dei seguaci del confucianesimo, in cui si discuteva e si beveva tantissimo seguendo una precisa etichetta. Il bere alcol è, quindi, una delle basi della cultura coreana. Aiuta a socializzare, rafforza i legami, è un omaggio alle tradizioni. Addirittura, è fondamentale nell’ambiente lavorativo. Vietato mancare agli “hoesik”, le cene di lavoro dove l’alcol scorre a fiumi.

Come avrete capito, il bere è un momento cardine. Per questo bisogna rispettare delle regole ferree. Ecco alcuni esempi:

 

  • Versare da bere con ambedue le mani.
  • Per ricevere un altro giro, porgere il bicchiere con la mano destra, appoggiandolo sul palmo della sinistra.
  • Prima di bere, tappare il bicchiere con una mano e girare la testa dall’altra parte, in segno di rispetto al commensale più anziano. Non è educato guardarsi negli occhi.
  • La prima bevuta deve essere fatta tutta d’un fiato.

 

E il galateo vale anche per la birra. Chiamata “maekju”, arriva nel Paese durante la durissima occupazione giapponese, agli inizi del XX sec. Il primo birrificio risale, infatti, al 1908. Ma il vero sviluppo dell’industria brassicola inizia intorno agli anni ’30. Due realtà ancora in auge, Oriental Brewing e Hite Brewery, formano, addirittura, un duopolio, favorito da “leggi amiche”, che danneggia i piccoli produttori.

Dagli anni ’90 il vento cambia. In Corea del Sud, aumenta l’importazione di birre straniere e i palati si affinano. Nel 2002 una nuova norma semplifica l’apertura dei birrifici ma di contro impone che le birre vengano vendute solo in azienda. L’era dei brewpub ha, così, inizio. Bisogna aspettare, però, il 2014 per una legislazione più equa. Finalmente si abbassa ancora la capacità produttiva richiesta a 50.000 litri (fino al 2011 era di 1 milione di litri!), le tasse vengono ridotte e adeguate in base alla produzione. Nuovi birrifici aprono i battenti, portando il numero di quelli artigianali da 8 a oltre 200 nel 2021 (fonte: Korea Craft Brewers Association).

E infine, un accenno a due pilastri della tradizione alcolica sudcoreana:

 

  • Soju: la bevanda nazionale che significa “liquore bruciato” (v. foto seguente). Un distillato di riso, orzo o frumento. Quello con tenore alcolico intorno ai 15-20% è il più popolare. Mischiato con una Lager (rapporto di 3:7) prende il nome di “Somaek”.
  • Makkolli: l’alcolico più antico della Corea. Un vino di riso, biancastro, con gradazione alcolica inferiore a 9%. Dolce e pungente, i coreani pensano abbia poteri curativi.

 

 

 

6 BIRRIFICI DELLA COREA DEL SUD CON QUALCOSA… IN PIU’!

La Corea del Sud rappresenta uno dei più grandi mercati brassicoli in Asia, il consumo di birre, infatti, ha superato quello del soju, soprattutto tra i giovani. Nel 2021 il comparto craft ha toccato quota 90 milioni di euro, in un mercato nazionale di 4,5 miliardi di euro.

– Il birrificio della Corea del Sud con più record di tutti: OB BEER

Nel 1933 la compagnia giapponese Kirin Beer fonda “Sohwa Kirin Brewery” a Seul. Nel 1952 diventa “Oriental Brewing” e viene acquisito da “Doosan Group”, la più antica multinazionale coreana. Il 1965 è l’anno del record assoluto di vendite: 1 milione di casse! E, in seguito, arriva addirittura a controllare il 70% del mercato interno. Nel 1995 prende il nome attuale di “OB Beer” e dal 2014, dopo varie acquisizioni, è parte del colosso AB InBev. Un sondaggio del 2023 riporta che il marchio Cass, di proprietà Jinro-Coors fino al 1999, è il più amato dai coreani.

 

OB LAGER: birra chiara a bassa fermentazione. La birra iconica del birrificio nata nel 1952. Una Lager 100% malto. Più dolce che amara, facile da bere. Gradazione alcolica: 4,6%

CASS FRESH: birra chiara a bassa fermentazione. La Lager più bevuta e più innovativa, un sensore sull’etichetta indica la temperatura giusta di servizio. Gradazione alcolica: 4,5%

HANMAC: birra chiara a bassa fermentazione. Lager super leggera, prodotta con riso coreano. Gradazione alcolica: 4,6%

– Il birrificio sudcoreano “più alcolico”: HITE BREWERY

Anche questo birrificio ha origini giapponesi. Sapporo Brewery, infatti, inaugura “Chosun Beer” nel 1933 a Seul. La prima birra prodotta si chiama “Crown”. Ma è negli anni ’60 che conosce il vero boom diventando il primo birrificio ad esportare birra all’estero. Nel 1993, invece, nasce il marchio “Hite” che, cinque anni dopo, diventa il nome attuale all’azienda. Nel 2005 si fonde con il più grande produttore di soju coreano dando vita al colosso industriale “HiteJinro”. Insieme ad OB Beer, si spartiscono il mercato delle birre in Corea.

 

HITE EXTRA COLD: birra chiara a bassa fermentazione. Lager prodotta con malto d’orzo e riso.  Facile e scorrevole. Gradazione alcolica: 4,3%

TERRA: birra chiara a bassa fermentazione. Lager prodotta con il 100% di malto d’orzo e, come specifica il sito, senza aggiunta di anidride carbonica. Gradazione alcolica: 4,6%

– Il birrificio “più stellare” della Corea del Sud: LOTTE CHILSUNG BEVERAGE

Inaugurato nel 1950 a Seul come “Dongbang Beverage Company”, dopo varie fusioni prende il nome attuale nel 1974. Chilsung significa “sette stelle” e si riferisce al Gran Carro, il gruppo stellare più luminoso della costellazione dell’Orsa Maggiore. Nasce come produttore di bibite gassate, il “Chilsung Cider” è l’icona dell’azienda. Negli anni amplia la gamma con succhi di frutta, bevande analcoliche e soju, diventando leader del settore beverage. Nel 2014 nasce la prima birra.

 

KLOUD: birra chiara a bassa fermentazione. Lager di stampo industriale scorrevole e facile da bere. Gradazione alcolica: 5%

KRUSH: birra chiara a bassa fermentazione. L’ultima nata. Sembra la versione più leggera della precedente con lo stesso malto ma luppoli europei. Gradazione alcolica: 4,5%

– Il birrificio artigianale più vecchio della Corea del Sud: KA-BREW

Aperto dal 2000 nella città di Gapyeong, da sempre fonte di ispirazione per gli amanti delle birre artigianali in Corea. Chul Park, il proprietario, ha un’idea innovativa: produrre birra per conto terzi. Aiuta, così, i piccoli produttori e collabora anche con grandi catene di negozi e marchi famosi. Si può dire che dà il via alla rivoluzione craft coreana. Da qualche anno propone gli “highball”, mix già pronti di superalcolici e bevande analcoliche (es: whisky e ginger ale).

 

 

 

KOMIHO: birra ambrata ad alta fermentazione ispirata alle IPA. Le note agrumate e resinose dei luppoli sono bilanciate da quelle caramellate del malto. Gradazione alcolica: 6,3%

NAMSAN MOUNTAIN: birra chiara ad alta fermentazione. Una Session IPA con luppoli Citra e Mosaic. Una spremuta dissetante di agrumi e frutta tropicale. Gradazione alcolica: 4,5%

PEACH ALE: birra chiara ad alta fermentazione aromatizzata alla pesca con aggiunta di frumento. Fruttata ed acidula. Gradazione alcolica: 4,5%

– Il brewpub sudcoreano “più straniero”: CRAFTWORKS BREWING COMPANY

Fondato nel 2010 dal canadese Dan Vroon insieme ad altri 6 soci, è il primo brewpub di proprietà straniera. L’idea è nata per offrire ai tanti expat e beerlover della capitale della Corea, un posto dove bere birre artigianali. Amico e collaboratore di “Ka-brew”, Dan è stato il primo a far conoscere le birre di stampo americano. Le etichette riportano il nome di montagne coreane.

JIRISAN MOON BEAR: birra ambrata ad alta fermentazione. Un’American IPA dal finale secco con abbondante luppolatura di Chinook e Cascade che dona un agrumato intenso. Gradazione alcolica: 6,8%

SEORAK: birra scura ad alta fermentazione ispirata alle Stout anglosassoni con aggiunta di avena. Note decise di cioccolato e caffè, sorso vellutato ed avvolgente. Gradazione alcolica: 4,3%

GEUMGANG MOUNTAIN: birra scura ad alta fermentazione. Una Brown Ale di stampo statunitense in cui emergono le note maltate di caramello e frutta secca. Gradazione alcolica: 4,6%

– Il birrificio artigianale sudcoreano “più leggendario”: THE BOOTH BREWING COMPANY

Nato come pub nel 2013, diventa subito un punto di riferimento per gli appassionati di birre a Seul, la capitale della Corea. I proprietari, due coreani e un giornalista inglese, hanno scelto come logo un “dokkaebi”, creatura leggendaria del folclore locale. Anche questo birrificio sta cavalcando l’onda del successo degli “highball”, per ora, 3 etichette a base di whisky, gin e brandy.

 

 

KUKMIN IPA: birra chiara ad alta fermentazione ispirata alle IPA anglosassoni ma con uso di luppoli americani. La bandiera del birrificio. Agrumata, tropicale e secca. Gradazione alcolica: 7%

TAEDONGGANG PALE ALE: birra chiara ad alta fermentazione prodotta insieme al birrificio danese “Mikkeller”. Una sfida all’omonima birra della Corea del Nord. Un’American Pale Ale fruttata e agrumata. Gradazione alcolica: 4,6%

THE GREAT GOD OF FUN: birra ambrata ad alta fermentazione di ispirazione irlandese. Una Red Ale caramellata, erbacea con un tocco di fruttato. Gradazione alcolica: 5%

 

Nonostante leggi più favorevoli che incrementano la crescita delle birre artigianali in Corea del Sud, i grandi colossi locali ed internazionali non restano a guardare. Come succede anche qui in Italia, le birre crafty iniziano, infatti, ad arricchire il loro portfolio.

Alla prossima pinta!

 

Siti internet e pagine social di riferimento:

Le foto delle etichette sono gentilmente concesse dal collezionista Mario Bughetti:

www.facebook.com/mario.bughetti (email: booghy55@gmail.com)

www.ob.co.kr

www.hitejinro.com

https://company.lottechilsung.co.kr

www.facebook.com/kabrewbeer

www.facebook.com/CraftworksKorea

https://thebooth.imweb.me

 

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Federica Russo
Info autore

Federica Russo

Sono nata a Genova nel lontano…ma che lontano…nel “vicinissimo” 1976 da una famiglia chiacchierona e rumorosa, ecco perché mi piace parlare, comunicare e condividere.
Chi nasce in una città di mare sa che si porta dentro una curiosità tutta speciale come quella dei marinai e navigatori che tutti i giorni salpano verso nuove mete, terre e avventure. Curiosità che rimane per sempre e che caratterizza ogni aspetto della vita arricchendola giorno per giorno. La famiglia, le passioni, i traguardi, il lavoro vengono così conditi con quel “quid” che rende tutto più sfizioso.
La curiosità infatti mi ha portato a studiare 3 lingue (inglese, spagnolo e francese) per non sentirmi fuori luogo ovunque volessi andare e mi ha fatto laureare in Geografia per avere ben chiara in testa la mappa del mondo ed evitare di perdermi.
La curiosità mi ha fatto lavorare in ambiti molto diversi tra loro: commercio al dettaglio, operatore GIS nel settore dei sistemi informativi territoriali, progettista di impianti di depurazione acque reflue.
La curiosità, infine, è stata anche la spinta che mi ha fatto passare da semplice amante della birra a Sommelier. Ho completato il percorso formativo con la Scuola Italiana Sommelier (S.I.S.) e sono diventata Sommelier Professionale 3° livello. Essere sommelier della birra non lo considero un traguardo ma solo l’inizio di un lungo percorso di formazione, di conoscenza che non finirà mai, infatti ho cominciato lo stesso percorso formativo anche con l’Associazione Italiana Sommelier (A.I.S.), seguo i corsi e le monografie di UB Academy, per non parlare dei libri che “bevo” tutto d’un fiato!!! Alcuni autori della mia libreria: Michael Jackson, Lorenzo “Kuaska” Dabove, Randy Mosher…tanto per citare qualche pilastro.
La possibilità di poter scrivere per il Giornale della Birra mi dà modo di condividere con voi la mia passione birraria attraverso interviste, curiosità, abbinamenti birra-cibo e tanto altro, il tutto impreziosito da un sorriso e da un punto di vista diverso….quello femminile!