10 Marzo 2016
Venti15Brewing: alla scoperta della beerfirm campana!
Continuano le interviste di www.giornaledellabirra.it, alla scoperta delle eccellenze brassicole italiane. Questa volta al centro della nostra attenzione vi è una giovane beerfirm campana nata nel 2015, la Venti15Brewing.
Dopo aver assaggiato due delle birre prodotte, Liberato Lamanna, cofondatore dell’azienda insieme a Mimmo Puorro, ha risposto molto gentilmente alle mie domande in esclusiva per il nostro giornale.
Liberato, come è nato il vostro progetto e la vostra passione per la birra?
Ho iniziato, un po’ come fanno tutti, sperimentando con i kit luppolati. Varie cotte preparate in cucina con la canonica ricetta su 23 litri. Ho iniziato ad apprezzare la birra artigianale proprio in concomitanza della mia prima esperienza da homebrewer, partecipando al Master Birra di primo livello organizzato da Tonino Ferrante, fiduciario Slow Food Colline Ufita e Taurasi, e tenuto da Alfonso Del Forno. Fu in quell’occasione che la passione si incrementò in modo esponenziale. Dal kit al primo impiantino BIAB, ai fermentatori in acciaio troncoconici e la camera di fermentazione. Insomma, volevo iniziare a fare sul serio qualche ricetta all-grain e soprattutto fermentarla secondo i canoni dei veri birrifici. E così fu. Le prime fasi non furono facili. Problemi in mash, temperature sbagliate in fermentazione, tante cotte fallite. Grazie alla rete, ai forum e all’amico Antonio De Feo, molto più pratico di me, le cose hanno iniziato a prendere la loro forma.
Durante i miei vari tentativi di dare una “quadra” a queste ricette, feci assaggiare una delle mie produzioni all’amico Mimmo. Già amante della birra artigianale, rimase molto colpito del risultato, tant’è vero che iniziò a seguirmi nelle mie sperimentazioni domenicali. A distanza di qualche tempo, dopo esserci resi conto che avevamo un prodotto più che dignitoso, venne fuori il progetto beerfirm. E così è iniziata questa avventura. Abbiamo iniziato precisamente il 24 settembre del 2015. Lo ricordo bene perché è stata la nostra prima fattura emessa.
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Cosa ti soddisfa maggiormente nel tuo lavoro? Aspetti negativi?
La cosa che più mi affascina in questo lavoro è come i malti, i luppoli, i lieviti, le spezie, se ben bilanciati, diano vita ad una sorta di alchimia. Realizzare una birra partendo dalle materie prime, “sentirla” gorgogliare per poi berla dopo settimane di attesa è molto soddisfacente.
Sicuramente essendo una beerfirm siamo limitati da vari fattori. Per quanto riguarda la produzione presenziamo personalmente durante la cotta, assaggiamo il mosto, valutiamo la densità, ma nulla più. Anche per questo avere un impianto proprio risulterebbe conveniente. Si riuscirebbe a gestire meglio il processo di produzione e soprattutto la quantità di ogni birra da produrre. Ma per adesso abbiamo ancora tanta strada da fare.
Ma oltre all’aspetto prettamente lavorativo e professionale, deve crearsi un rapporto amichevole con il mastro birraio, quasi familiare, perché in fin dei conti la ricetta sarà anche un po’ sua. Un altro aspetto negativo della beerfirm è la difficoltà sulla logistica.
Sicuramente ci sono pro e contro nella beerfirm, così come nel possedere un impianto proprio. Come ben sappiamo, le nostre produzioni non hanno tutte lo stesso successo. Proprio perché non tutti preferiscono una kolsch ad una APA o ad una IPA o viceversa. Ci sono birre che si vendono di più, altre meno.
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Parlaci della vostra gamma di birre e produzione annua.
Abbiamo avuto molti apprezzamenti nonostante siano solo 5 mesi che siamo in questo ambiente. Per ora sono due le birre prodotte: la Cèleza e la Màtì (APA). L’obiettivo di produzione per il 2016 è pari a 12hl, per il 2017 almeno il doppio.
Puntiamo molto sulla Mà-tì perché è una birra su cui abbiamo lavorato tanto. La Ruà è ancora in fase di “test” proprio perché non abbiamo ancora trovato un gusto che ci soddisfi. Ma crediamo che proprio questa American IPA possa essere la nostra birra dal valore aggiunto: vogliamo che sia riconoscibile quando bevuta ad Ariano Irpino come a Bolzano. Non siamo pretenziosi, ma la nostra idea è quella di non fermarci mai, di rendere la nostra birra di qualità assoluta. Restando sempre degli homebrewer.
A cosa si ispirano i nomi delle vostre birre ed il logo della beerfirm?
La scelta dei nomi delle birre è stato un processo molto, ma molto lungo. Un po’ per non sfociare nella banalità, un po’ per mantenere un legame con il territorio. Come per la Cèleza, dove l’accento sulla prima vocale è voluto: non si pronuncia, infatti, in spagnolo, come qualcuno fa, perché in realtà si tratta di un termine proveniente dal nostro dialetto e che ricorda l’albero del gelso. L’idea ci è venuta proprio perché quando abbiamo assaggiato la terza cotta pilota lo abbiamo fatto in giardino. Era estate. E sotto al Gelso c’era l’ombra. La prima sensazione è stata proprio il sapore dei gelsi. Freschi, estivi.
La Mà-tì, invece, è un tributo alla figlia di Mimmo. Si chiama Matilde, ma dalle nostre parti si tende a mangiare le parole anche nei nomi. “Matì, vieni qua!” Questo più o meno il senso.
La Ruà invece sta per “Ruagnare”. “Li Ruagnare” è un antico quartiere di Ariano dove ho sempre vissuto e vivo, dove tanti anni fa vivevano i ruagnari, ovvero artigiani della maiolica e quindi della creta. Il colore, di un ambrato carico, mi ricorda molto il colore della creta. E il nome Ruà è stato deciso quasi di getto.
Altro argomento dibattuto: il nome. Venti15Brewing designa semplicemente il nostro progetto iniziato nell’anno 2015. Al centro del logo c’è il particolare stilizzato di una mattonella in maiolica custodita al Museo Civico di Ariano Irpino. Resta il fatto che, al di là di un nome più o meno accattivante, per noi l’importante è quello che c’è nella bottiglia e non fuori.
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Progetti futuri?
Certamente per il futuro il progetto più importante sarà quello di incrementare la produzione, di esportare, di conoscere sempre più addetti ai lavori, appassionati e consumatori, partecipare a fiere importanti ed eventi di settore. Sentiamo forte la necessità di far conoscere il nostro prodotto ovunque.
Cosa ne pensate tu e Mimmo della birra Made in Italy?
Abbiamo assaggiato molte birre finora e non sono mai troppe. Leggevamo una statistica sui birrifici e beerfirm in Italia: quasi 1000. Probabilmente almeno la metà di questi lavorano sul proprio territorio, mentre altri hanno fatto passi da gigante e altri ancora passi indietro, risultando ormai prossimi alla chiusura. Ecco, probabilmente questo ci fa più paura. Non esagerare con i passi che facciamo. Come detto prima, abbiamo tanto da imparare e ce la mettiamo tutta per farlo.