Numero 14/2016
9 Aprile 2016
La morte ha il gusto del luppolo: ventesimo capitolo
Alberico era letteralmente sconvolto!
Mai, in tutta la sua onorata carriera da Investigatore Vaticano, si era trovato di fronte ad un caso di tale portata.
Era nella situazione di avere tra le mani un frate, l’Abate di un convento unito in tutte le isole Britanniche, colpevole dell’omicidio di un altro frate, per quanto l’ammissione ai voti della vittima fosse stata truffaldina.
Al contempo vi era una schiera di nobili taglieggiati da un lestofante, nobile anch’egli ed una sequela di poveri diavoli costretti a sottostare ai ricatti di quest’ultimo.
E sempre quel nobile ricattatore si era macchiato di almeno due omicidi, tra cui quello del nipote dell’Arcivescovo.
Già, l’Arcivescovo… l’unico che avrebbe potuto porre fine a quella degenerata situazione,l’unico che aveva un esercito abbastanza potente da costringere alla resa McOwen.
L’unico che non sembrava colluso con lui e che, ad ogni buon conto, aveva tutti i diritti di chiedere la sua testa.
Come avrebbe fatto?
Come sarebbe riuscito a processare i colpevoli?
Mentre rifletteva, in silenzio, assente da quella stanza degli interrogatori, il prete si rese conto di una cosa: il racconto dell’Abate non era ancora concluso. Il prelato doveva ancora raccontargli dell’ultimo omicidio.
Si destò dal suo torpore e, con sguardo arcigno, incalzò nuovamente il Frate Reo di omicidio:
«Abate, mancano ancora dei tasselli».
«Ormai ho confessato… chiedete, sono un libro aperto».
«L’ultimo omicidio… quello che, goffamente, ha visto come assassino l’uomo che adesso giace nella cella accanto trafitto da una lancia».
«L’avete detto voi stesso, l’omicida è già stato scoperto».
«Chi è il mandante dell’omicidio? E poi, perché commetterlo in pieno giorno, goffamente, lasciando indizi sparsi qua e là? Perché tanta fretta?»
«Beh…»
«Avanti, non siete un libro aperto?»
«Quell’omicidio non c’entra assolutamente nulla con questa faccenda. Quel poveraccio del mio confratello è stata una vittima sacrificale… peccato che nulla sia andato come doveva andare…»
«Che cosa intendete dire? A che scopo uccidere un poveretto che non aveva nulla a che fare con questo caso?»
«Non ci arrivate? Eppure siete stato in grado di scoprire tutto, di capire che io ero complice… non tutti sarebbero stati così perspicaci! Ed ora mi chiedete, proprio voi, come mai quell’uomo è stato ucciso?»
Alberico, forse perché ferito nell’orgoglio da quella frase, si chiuse nuovamente in sé stesso.
Si mise a riflettere sulla cronologia degli avvenimenti.
Un uomo travestito da frate, forse proprio quello che aveva ammazzato Samuel, il nipote dell’Arcivescovo, lo aveva seguito tutto il giorno.
Ma d’altro canto, anziché uccidere lui, era scappato via non appena Alberico aveva messo piede nella proprietà di McOwen…
Era strano, molto strano!
Se fosse stato lui stesso la vittima designata del sicario, a che scopo darsela a gambe una volta che Alberico era entrato nella proprietà del mandante del suo assassinio?
L’omicida non avrebbe potuto approfittare di quella coincidenza per svolgere il suo lavoro nella casa di McOwen, certo dell’omertà dei suoi abitanti?
Non quadrava…
Mancava ancora qualche tassello…
Uno sicuramente!
Ma quale?
Ripensò di nuovo a tutta la situazione, non più frammentandola nei singoli avvenimenti, ma studiandola nella sua complessa struttura generale.
Partì dall’inizio.
Lui era giunto lì, a Bullhornes Town per indagare sull’omicidio di un frate, in realtà già la seconda vittima di quel diabolico intreccio.
Aveva subito sollevato un gran polverone, con la scenata di fronte alle porte del monastero.
Già in quell’occasione aveva dato nell’occhio… Forse quel finto frate era stato inviato da allora da McOwen per tenerlo d’occhio? Ed allora, se così fosse stato, perché Alberico non si ricordava di averlo visto prima di quel giorno, lui uomo dalla memoria elefantiaca?
Poi aveva conosciuto l’Abate e Samuel…
Aveva suscitato scalpore con i suoi metodi poco ortodossi di svolgere le proprie indagini e poi…
Poi…
Poi aveva iniziato a capire, aveva collegato il traffico di birra all’Abate ed aveva iniziato ad incalzarlo…
Quindi…
A meno ché…
Gli occhi di Alberico si sgranarono, come se avesse appena visto un fantasma; essi si fissarono nello sguardo dell’interrogato:
«Siete stato voi! Ma certo, come ho potuto non rendermene conto prima! Voi avete incontrato McOwen, quando ho cominciato a capire che tutta la faccenda aveva un cardine attorno al quale ruotava tutto! Quando ho cominciato a fare domande in giro sui traffici di birra e quando vi ho chiesto i documenti relativi al commercio della bevanda! Voi avevate intuito che io sospettavo di voi!»
«Esatto».
«Quindi siete andato da McOwen perché lui trovasse una soluzione, magari minacciandolo di confessarmi tutto, in modo da far affondare anche lui, nel caso in cui foste affondato voi!»
«Il ché è esattamente quello che sto facendo! Lui ha fallito,quindi… io l’ho tradito».
«McOwen vi ha detto che si sarebbe occupato di me, ma ha fallito? Cioè, il sicario travestito da frate voleva uccidermi, ma poi ha ripiegato su…»
Alberico si interruppe…
Il suo cervello aveva elaborato in quel momento la risposta corretta, che era ben diversa da quella appena enunciata da lui stesso:
«No, non è andata così… McOwen non voleva affatto uccidermi! Perfino un uomo ricco e potente come lui non può sperare di uccidere un Messo Pontificio senza pagarne lo scotto! No, lui voleva solamente distrarmi!»
«Esatto! Visto, siete arrivato alla giusta soluzione dell’enigma!»
«Il sicario doveva seguirmi, spiarmi. Nel momento in cui fossi uscito dal convento ed avessi incontrato McOwen, lui si sarebbe precipitato qui per uccidere un altro frate! Un altro omicidio, stesso Modus Operandi ma una vittima non coerente, che non aveva, né apparentemente, né realmente, a ché fare con gli altri omicidi! Un modo per distrarmi, fuorviare le mie indagini e, nel contempo, utile per dare un alibi a McOwen stesso, poiché in mia compagnia!»
«Proprio così!»
«Ma qualcosa è andato storto! La vittima ha reagito, spinta dall’istinto di sopravvivenza. Incurante del fatto di essere un mite frate, ha impugnato il primo oggetto che ha potuto ed ha colpito l’aggressore. L’assassino, ferito ma non tramortito, ha completato la sua opera. Ma il rumore della lotta, sicuramente, avrebbe attirato presto qualcun altro frate. E l’omicida non poteva certo rischiare di farsi cogliere in flagrante! Quindi ha completato quella specie di rituale del luppolo nella gola alla bell’e meglio, con quello che trovato… Nella foga ha perfino lasciato nella stanza l’arma usata dal povero frate per difendersi; l’ha lasciata alla mia stessa mercé! Un errore grossolano che lo ha inchiodato! Giustamente, essendo lui vestito da frate, con la testa grondante sangue, non poteva far finta di nulla ed allontanarsi in sordina dal convento! Non con quella vistosa ferita… quindi si è fatto curare nell’infermeria, dove l’ho notato mentre venivo a sottoporvi a questo interrogatorio! Tutto quadra! Tutto ha finalmente un senso!»
«Bene, ora sapete tutto!»
«Ora ho risolto il caso!»
«Non vorrei rovinarvi la festa… Ma come pensate di convincere McOwen a confessare? Come pensate di fare con la questione del Conte e del Vescovado?»
D’improvviso, fu come se una tempesta gelida gli si scatenasse addosso. Tutta nello stesso istante, con l’impeto fragoroso di gocce d’acqua appuntite come spilli, che sferzarono sulle sue vertebre, trafiggendole!
Era vero!
Come poteva fare per punire il vero colpevole di tutto, senza trascinare nel letame i complici troppo illustri?
Forse, ma solamente FORSE, una possibilità c’era!
«Andiamo!» ordinò afferrando l’abate per il braccio.
«Dove?»
«A New Castle!»
«A New Castle?»
«Devo convincere l’Arcivescovo ad arrestare McOwen… e tu verrai con me!»