Numero 04/2017
28 Gennaio 2017
I Contrabbandieri di Birra – Capitolo 16
Giuseppe ed i suoi parenti erano li, in casa.
La mattinata era susseguita alla notte.
Una notte insonne, quella che era appena trascorsa… per l’intera famiglia.
Erano rientrati a casa di corsa, trafelati, dalla loro incursione notturna nei campi.
Il respiro affannato, le guance rosse del liquido organico che fluiva copioso e veloce nei vasi sanguigni… la paura più nera di essere scoperti.
Avevano rischiato grosso, questo era assolutamente indubbio.
Se il loro amico, l’uomo con il fucile ed il cane di grossa taglia avesse deciso di sparare ad altezza uomo ed eventualmente di liberare la fiera, allora sarebbero stati guai ancora peggiori!
Magari, uno dei membri della famiglia sarebbe stato ferito da un proiettile, per poi finire dilaniato dal cane!
Una fine orribile!
Fortunatamente, invece, il padrone della casa confinante con il loro terreno, aveva deciso di spaventare quei “presunti malintenzionati”, anziché freddarli.
La madre di Giuseppe, rientrata in casa per prima, sotto la scorta degli uomini della famiglia, si levò cappuccio e mantello, lanciandoli distrattamente e frettolosamente per terra, a fianco dell’uscio.
Si precipitò a ravvivare i tizzoni ormai morenti del camino che, con un pochetto di legna secca ed una vigorosa ventata di soffietto, ripresero energia ed in un lampo cominciarono nuovamente a far scoppiettare la legna data come combustibile.
«Questa sera abbiamo rischiato la vita, Giuseppe!» esordì lei, i palmi delle mani intirizzite rivolte verso le rosse fiammelle.
«Lo so, madre».
«E quindi? Sei ancora convinto che sia stata una buona idea?»
«Sì, certo!»
«Non so se ti rendi conto di quello che è successo… potevamo morire! Morire, capisci? Questo non è un gioco! Forse non lo hai ancora capito! Questa è la vita reale, non la fantasia di un ragazzo! Questa non è un’esercitazione militare!»
«Madre…»
«Potevamo morire tutti! Potevo morire io, tuo padre, perfino tuo fratello minore!»
«Madre…»
«Io non ci sto più! E ti assicuro che passerai sul mio cadavere, prima che tuo fratello esca di nuovo da questa casa di notte per venire con te per seguire le tue idee malsane!»
Giuseppe sapeva che in un modo o nell’altro sua madre, una piccola fetta di ragione l’aveva!
Ma era anche conscio che quello che stavano perpetrando tutte quelle sere, le sere a seguire ed i mesi, gli anni a seguire, era un reato.
Quindi, ad ogni buon conto, ciò che non è legale porta con sé delle conseguenze… la più diretta è il rischio per l’incolumità dei partecipanti il misfatto!
Non vi erano scuse o giustificazioni da fare in quella situazione.
Tutti avevano accettato di immettersi nel mondo dell’illegalità, nel mondo dei traffici illeciti, nel mondo dei contrabbandieri!
Forse, la pena meno dolorosa in cui avrebbero potuto sperare poteva essere, realmente, una pallottola mortale.
I Fascisti, tutti lo sapevano, non andavano per il sottile con i delinquenti.
La tortura era assicurata!
Sconcertato da quella insulsa viltà esternata da sua madre, Giuseppe perse le staffe:
«Zitta madre! Ora ascoltami! Abbiamo scelto tutti insieme di lanciarci in quest’avventura! Abbiamo valutato i pro ed i contro, abbiamo soppesato tutte le varianti! Abbiamo deciso tutti insieme di non farci fregare da sotto il naso le nostre proprietà da quegli sciacalli delle banche! Dovevamo fare qualcosa! E l’unica via era l’illegalità! Ora, a meno ché io, che ho la metà dei tuoi anni, non sappia meglio di te come gira il mondo, direi che era scontato ipotizzare che l’illegalità porta con sé dei rischi per la propria incolumità, no? Sbaglio?»
«Non ti permettere di parlare così a tua madre!»
«Padre! Anche tu, Pietro! Cerchiamo di far ragionare mamma! Non è possibile tornare indietro! Non ora!»
«E perché no?»
«Mah, madre, non saprei…» rispose sarcastico Giuseppe, «forse perché la gente noterebbe che i nostri campi hanno il centro incolto? Forse perché si noterebbe che abbiamo lasciato troppo spazio tra le piante di frumento? Forse perché ci chiederebbero se siamo rimbecilliti o che cosa avevamo nel cervello al momento della semina? Senza contare che ci sono dei campi, in vero già numerosi, nei quali abbiamo già piantato l’orzo! Credi che il nostro amico non considererebbe per lo meno sospetto ciò che è avvenuto questa notte in funzione dei nostri campi coltivati metà ad orzo e metà a grano?»
La donna era ammutolita.
Giuseppe aveva, dal suo punto di vista, ragione almeno quanto lei!
E non si poteva obiettare a quelle argomentazioni!
I tre uomini si sedettero al tavolo dove consumavano i propri pasti.
Senza proferire verbo, la discussione sembrava finita, la donna di casa prese del vino, dei chiodi di garofano e delle radici di cannella e mise il tutto in un piccolo tegame che pose sulle fiamme.
Stava preparando del “Vin Broulée”, uno vino caldo e speziato, utilissimo per riscaldarsi nelle notti fredde. Aveva anche un ché di inebriante ed al contempo di soporifero… il tutto in una sola bevanda.
E per levarsi l’adrenalina ed il freddo di quella nottata, un Vin Broulée era proprio quello che ci voleva!
bevvero tutti e quattro, perfino la madre dei giovani che, manco a dirlo, non era avvezza ai piaceri dell’alcol, anzi, criticava i membri della propria famiglia quando tornavano a casa alticci.
Ma quella notte aveva bisogno anche lei di rilassarsi.
La mattina, quindi, infine giunse.
I pettirossi ed in passerotti iniziarono a cinguettare festosi, contenti in qualche modo, di aver superato anche quella notte rigida.
Il sole trovò i membri della famiglia ancora seduti al tavolo.
Le tazze terminate già da molto tempo.
Cicche di sigarette ormai assiepate nel posacenere di legno di castagno strapieno.
Nessuno di loro aveva dormito.
Nessuno aveva chiuso occhio, nonostante due tazze a testa di Vin Broulée.
La tensione era troppa.
L’adrenalina sviluppata durante la fuga li aveva tenuti svegli tutta la notte.
Gli occhi fissi, vitrei, quasi assenti di chi ha troppo sonno per riuscire ad addormentarsi.
Il camino di nuovo spento, solo qualche minuscolo frammento di brace resisteva ancora, stoico, all’incedere delle ore ed all’assenza di nuova legna da bruciare.
Grigio chiaro era il colore della cenere… quasi lo stesso colore avevano gli occhi vitrei dei quattro.
Erano in una specie di trance, quasi distaccati dal mondo, quasi… rilassati.
Forse il sonno stava, finalmente, accogliendo i quattro tra le proprie braccia.
Erano le sette e trentasette di mattina.
Tre sordi rimbombi provennero dalla porta d’ingresso: qualcuno aveva bussato.
Giuseppe andò alla porta, l’adrenalina era ritornata:
«Chi è?» chiese prima di aprire.
La risposta fece gelare il sangue nelle vene a tutti:
«Carabinieri!»