Numero 08/2017
25 Febbraio 2017
I Contrabbandieri di Birra – Capitolo 20
Centallo era un paesone di poco più di mille e cinquecento anime.
Una piccola realtà rurale ma, allo stesso tempo, tale realtà era estremamente più grande di quella in cui vivevano Giuseppe, Piero ed i loro amici.
Certo, Fossano era una cittadina di quasi trentamila abitanti, ma i due vi si recavano solamente in rare occasioni.
Centallo, invece, era un centro urbano che rappresentava la via dimezzo tra la loro vita prettamente agricola, e quella cittadina di Fossano.
In quel comune sito ad una quindicina di chilometri da casa sua, vi erano una scuola materna ed una elementare.
Centallo era una specie di Paradiso per chi proveniva dalla campagna: un discreto numero di abitanti, tanti servizi e, cosa che interessava a Giuseppe e a Pietro… tante ragazze!
La festa del Paese era un’occasione ghiottissima per poter vedere gente nuova, ragazze nuove…
Certo, i due avrebbero dovuto avere soldi a sufficienza per poter offrire da bere alle fanciulle, oltre che per consumare loro, in prima persona, ma la serata si preannunciava…
Epica!
Sarebbe meglio dire, però, che “quella serata, quella della festa di Paese, avrebbe dovuto preannunciarsi come epica”…
Già, non lo sarebbe stata.
Non per loro, per lo meno!
Loro non erano lì a conoscere gente nuova, ragazze nuove e, chissà, l’anima gemella…
Non erano lì neppure per ubriacarsi come non mai.
Erano lì per portare avanti un piano.
Il piano era semplice: rubare le pentole da caserma che venivano usate per preparare grandi quantitativi di roba da mangiare per la festa.
Loro le avrebbero usate a casa per cuocere l’orzo maltato. La fase della cottura era fondamentale per produrre la birra, per lo meno quella birra che si poteva conservare a lungo.
Loro avrebbero avuto l’esigenza di dover conservare a lungo il proprio prodotto, qualora avessero rischiato di essere scoperti… ed allora, la cottura dell’orzo germogliato era assolutamente indispensabile alla conservazione; per lo meno finchè le acqua, nell’eventualità, non si fossero calmate!
Nessuno del gruppo di amici, a parte i due fratelli, sapeva il reale scopo di quella “trasferta” a Centallo, anzi!
Tutti si stupirono del fatto che Giuseppe avesse tanto insistito per andarci, visto che lui aveva sempre odiato quella festa e gli abitanti di Centallo! Lui, ad onor del vero, sognava una vita a Fossano che, per lui, era come se fosse una grande metropoli!
Ma quell’anno gli serviva andare lì.
Gli servivano quegli enormi utensili da cucina.
Lui, ormai, era un fuorilegge.
I due fratelli avrebbero rubato quel pentolame.
Allo scopo, Giuseppe aveva insistito per recarsi alla festa con il proprio vecchio, logoro e malconcio trattore, attaccandovi il carro di legno che usava abitualmente per trasportare i prodotti della campagna, al quale aveva aggiunto, con l’aiuto del padre e del fratello, una specie di scomparto segreto, un doppio fondo.
Quello scomodo mezzo di trasporto, lento ed anche un po’ puzzolente, recava del fieno per far sedere la comitiva di amici, circa una quindicina di persone, e quel doppio fondo che lui e Pietro avrebbero usato per occultare le pentole rubate.
La festa era bella e ben riuscita.
Oltre agli abitanti di Centallo, centinaia di persone provenienti dalle campagne circostanti, ed addirittura qualche Cuneese erano giunti per mangiare e bere a volontà.
In tutto, nella piazza principale del paesino, vi erano assiepate quasi cinquemila persone!
Sorridendo, Giuseppesi staccò dal gruppo, per andare in avanscoperta.
Voleva vedere i pentoloni che erano stati usati per cucinare la Polenta e la salsiccia al sugo.
Dovevano essere rapidi, lui e suo fratello: avrebbero dovuto rubare due o tre pentole senza farsi scoprire, caricarle nel doppiofondo del carro e poi, come se nulla fosse successo, avrebbero continuato a far festa per tutta la notte.
Non dovevano destare sospetti.
La cosa poteva risultare pericolosa.
Il piano era solo abbozzato e loro non erano dei ladri professionisti.
E le pentole da rubare, oggettivamente, erano grosse.
Molto grosse.
Giunto lì, dinnanzi al “reparto cucina”, ossia uno spiazzo di terra battuta sul quale erano stati accesi diversi fuochi, si rese conto che il suo piano era destinato a fallire.
I pentoloni usati erano ben più grandi di quello che credeva.
Essi erano alti almeno un metro ed erano larghi dagli ottanta centimetri al metro e venti.
Erano dei veri utensili da caserma, non solo delle stoviglie leggermente più grandi del normale!
Come avrebbero fatto a trasportarle via?
Anche se fossero state vuote, il peso di quegli utensili era comunque importante: una quindicina di chilogrammi sicuramente!
Ma non era tanto il peso a preoccupare il giovane!
In quanto lavoratore delle campagne, quindici chili li avrebbe sollevati con il pollice, probabilmente…
Quello che lo urtava particolarmente era, senza ombra di dubbio, la temperatura alla quale avrebbe dovuto rubare quegli oggetti metallici.
Dopo esser stati per ore ed ore a contatto diretto con il fuoco vivo, Giuseppe era sicuro che fossero roventi!
Interamente roventi.
Vedeva, infatti, che gli addetti alla cucina, spostavano le stoviglie per mezzo di lunghi e duri bastoni di legno che infilavano nelle maniglie. Tramite la leva formatasi, esse venivano sollevate, non senza sforzo e senza cura, vista la grande probabilità di ustionarsi.
Deluso, Giuseppe, andò ad acquistare una brocca di vino.
Gli vennero consegnati anche dei bicchieri di vetro, di quelli da ostria, per un numero complessivo di quattro bevitori.
Giuseppe lasciò lì, sul bancone, i bicchieri: quella brocca era solo per lui.
Doveva affogare, in qualche modo, il dispiacere di Aver elaborato un piano così errato, insulso ed irrealizzabile come quello!
Come avrebbe fatto a portar via le stoviglie senza essere notato?
Impossibile!
Il piano era fallito.
Tanto valeva ubriacarsi!
Si sedette lì, su di un tronco poco distante dalla piazza centrale nella quale si stava svolgendo la festa.
Quel tronco era posizionato di fronte all’uscio di un’abitazione, era un vaso dove vi erano state piantate delle Viole del Pensiero.
In lontananza il suono delle canzoni Popolari Piemontesi.
Ma lui, oggettivamente, non aveva voglia di divertirsi.
Era seduto lì ad ubriacarsi da solo, in quanto stolto, presuntuoso e fallito.
O per lo meno era quello che, in quel momento di scoramento, pensava di sé stesso.
«Scusami, ti sei perso?»
«No, sono qui a bere… problemi?» rispose lui sprezzante, incurante di chi gli avesse posto la domanda.
Triste e sconsolato non si era neppure curato di capire chi gliel’avesse posta e perché.
«A dire il vero… sì, ci sono dei problemi. Ho lavorato duramente per potermi comprare le viole del pensiero sulle quali sei seduto! Quindi, se proprio vuoi essere così maleducato da sedertici sopra, almeno offrimi un sorso di vino per ripagarmi!»
Lui, iracondo e già un po’ alticcio, levò lo sguardo a sfidare chi aveva osato parlargli così.
E la vide.
E la sua vita non fu più la stessa…