Numero 24/2017
16 Giugno 2017
Birra Fré: birra agricola della Provincia Granda
Il panorama birrario italiano si sta arricchendo di un numero sempre crescente di birrifici agricoli: da Nord a Sud del nostro Paese, infatti, molte imprese agricole nascono e si sviluppano puntando alla produzione di birra come elemento per valorizzare i prodotti locali e le professionalità, in un’ottica innovativa e direttamente rivolta al mercato. Tra questi, Giornale della Birra, non poteva esimersi dall’incontrare Antonello Musso, deus ex machina di Birra Fré. La peculiarità del progetto è che, pur conformandosi come una beerfirm, le produzioni derivano da materie prime coltivate direttamente da Antonello: non solo l’orzo, ma anche luppolo. Sede dell’azienda è Carrù, un piccolo paese del cuneese, sito ad una manciata di chilometri dalla celebre fabbrica di Baladin. Antonello e Teo Musso, nonostante l’omonimia del cognome non sono parenti, ma solo “vicini” di casa e buoni amici.
Abbiamo intervistato, in esclusiva per Giornale della Birra, Antonello Musso, che ci ha accolti con grande ospitalità direttamente nel punto vendita aziendale, ricavato in un tipico ambiente della sua antica cascina. Addentriamoci, quindi, alla scoperta della realtà di questo interessante birrificio agricolo italiano.
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Antonello, ripercorriamo più in dettaglio la genesi del tuo progetto: come è nato e come si è sviluppata l’idea di autoprodurre tutte le materie prime necessarie alla produzione della birra? E perché la scelta di non avviare anche l’impianto di brassatura?
I miei primi approcci da hobbista sono iniziati nel 2006 dopo anni di passione legati al mondo dell’enologia e delle degustazioni di vini condivise con importanti amicizie. L’esempio di diverse sperimentazioni, addirittura creazioni e sviluppi di nuovi vini in seguito diventati prodotti di punta per alcuni realtà locali, sono servite per far crescere in me la necessità di sviluppare nuovi progetti. Così la forte passione ed il grande legame con la mia terra hanno alimentato la voglia di creare un progetto che potesse dare un valore aggiunto alla produzione della birra, legandola appunto al territorio. Così nel 2006, studiando, documentandomi e facendo corsi ad Udine ed al Cerb di Perugia, ho deciso di dare alla birra che stavo producendo un’importanza maggiore: a fine 2006 ho quindi prodotto la mia prima birra all-grain con il mio primo luppolo coltivato da me nei miei campi. Da qui è emersa, sempre con grande passione, la voglia di produrre una birra sempre più locale, limitando la gamma a solo due birre: la bionda e l’ambrata. All’inizio trascorrevo tutto il mio tempo alla ricerca della ricetta perfetta, ovviamente con enorme fatica. Da sempre ho ritenuto fondamentali la ricerca, lo sviluppo e la produzione delle materie prime, orzo e luppolo, come elementi caratterizzanti le mie birre. Sicuramente fondamentale è anche la trasformazione ed è per questo che tutte le fasi produttive si svolgono sotto il mio controllo diretto, presso birrifici di terzi, per poter interpretare al meglio le materie prime, che conosco davvero intimamente.
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Quale è la filosofia che persegui nella coltivazione dell’orzo e del luppolo?In base alla tua esperienza, quali sono gli aspetti più critici nel passare da una materia prima agricola agli ingredienti idonei per la trasformazione in birra?
Non sempre auto prodursi le materie prime è sinonimo di maggiore qualità:questo l’ho capito negli anni, soprattutto per il luppolo. In Italia manca l’esperienza per quanto riguarda gli aspetti agronomici e soprattutto fitosanitari e questi sono elementi molto limitanti.
Nonostante tali difficoltà, nel 2012 mi sono posto come progetto prioritario quello di produrre le materie prime per la birra integralmente nella mia azienda agricola. Un progetto stimolante,ma con nessun punto fermo, in cui era solamente chiara la volontà di produrre una birra con peculiarità uniche, nonostante le difficoltà. Da qui è iniziato un lavoro lungo 5 anni per la selezione varietale del luppolo e, credo non ancora finito oggi, sull’orzo. Specialmente, sul luppolo la selezione delle varietà non è stata l’unica criticità: in tutti questi anni ho dovuto imparare a gestire l’impianto e le piante, capire come concimarle, come potarle e difenderle dalle innumerevoli malattie, infine gestire tutta la complessità della filiera fino al prodotto finito. Con il luppoleto in piena produzione si è presentato un grosso problema: la raccolta dei fiori, che nei primi anni facevo a mano, era divenuta impossibile con il raggiungimento della piena produttività. A fine 2014, in collaborazione con Baladin ed Officine Conterno, abbiamo deciso di realizzare la prima macchina per raccogliere il luppolo in Italia. Inizialmente doveva essere realizzata per i nostri luppoleti, ma oggi, dopo 3 anni di modifiche, l’attrezzatura è diventata più performante: visto l’incredibile interesse di tante aziende agricole in Italia, verrà presto commercializzata insieme ad un forno per l’essicazione ed una pressa per il confezionamento dei coni.
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Le materie prime autoprodotte sono il punto di forza delle tue birra: in particolare, come si esprimono a livello sensoriale i malti ed i luppoli nel contraddistinguere le tue produzioni?
Sicuramente le caratteristiche delle mie materie prime sono diverse da quelle che si trovano da una normale distribuzione. La cosa che più reputo importante è il controllo diretto di tutta la filiera agricola: questo mi consente di garantire un prodotto sano e naturale. È proprio da questo concetto che ho deciso di rafforzare questa mia scelta iniziando il percorso di certificazione del luppolo e dell’orzo secondo i dettami dell’agricoltura biologica. È un percorso lungo e difficile, ma utile per trasmettere al cunsomatore finale della Birra Fré tutti i miei sforzi fatti per avere una birra dalla qualità certificata.
Soprattutto per il luppolo, il profilo aromatico cambia molto rispetto a quello che si trova in commercio. Il cascade, che è la varietà che utilizzo nelle mie birre, ha note più fruttate con tendenza all’erbaceo rispetto a quello commerciale, con caratteristici sentori agrumati. Questo esempio, è la chiara dimostrazione di quanto la terra e la posizione geografica influiscano molto sul profilo aromatico della materia prima e, di conseguenza, sul prodotto finale.
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A quali stili di brassatura si ispirano le tue birre? Al momento sono solo due le tipologie prodotte: questa scelta è imposta dalla peculiarità delle materie prime o hai in previsione una espansione della gamma offerta al consumatore?
Le due birre che produciamo, la Fré Bionda e la Fré Ambrata, sono ispirate ad uno stile inglese: facili da bere e molto semplici. Già dall’inizio le ricette sono state studiate per esaltare al massimo le materie prime di nostra produzione. Vengono anche utilizzati lieviti poco caratterizzanti per lasciare tutto lo spazio al gusto ed alla qualità del nostro malto e del nostro luppolo.
La semplicità e l’equilibrio sono la nostra filosofia, dando il massimo dello spazio ai profumi ed ai sapori delle materie prime autoctone.
Solo due birre in produzione perché non credo sia così importante per il mio progetto averne molte. Credo maggiormente nell’importanza della selezione delle materie prime autoctone, infatti , sostituire gli ingredienti autoprodotti per avere una gamma più ampia sarebbe una forzatura che potrebbe causare un abbassamento della qualità, oltre a snaturare le fondamenta del mio progetto iniziale.
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L’esperienza maturata sul campo ti permette di analizzare il settore della birra agricola italiana da un punto di osservazione privilegiato: come immagini il futuro di questa nicchia del Made in Italy? Quali le grandi sfide da affrontare?
Nel 2007 quando è iniziato il progetto come sperimentazione della Birra Fré, non avrei mai creduto che oggi, a distanza di 10 anni, ci fosse tutto questo interesse da parte delle aziende agricole a produrre birra. Riflettendo ed analizzando sulle caratteristiche del comparto, appare piuttosto logico questo interesse. È anche vero che, da quanto è nato, anche il mio progetto si è evoluto molto: se inizialmente puntavo alla produzione locale come elemento caratterizzante, ora l’uso di materie prime integralmente aziendali è diventato un aspetto imprescindibile. Oggi, in molti hanno deciso di autoprodursi l’orzo, anche se si continua a maltare spesso all’estero, molti meno hanno avviato la coltivazione dei luppoli. Personalmente credo che questa sia l’ennesima rivoluzione del mondo della birra italiana: dare sempre di più una giustificazione all’identificazione della “birra italiana”.
Analizzando in prospettiva, posso immaginare che solo una piccola parte dei birrifici saranno in grado di coltivarsi le materie prime. Più sensato è pensare che ci saranno aziende agricole che coltiveranno materie prime e aziende che faranno la trasformazione. Anche se riflettendo e focalizzando il comparto vino, si può affermare che la qualità che si distingue proviene dalle aziende che possono effetturare direttamente tutte le fasi del processo, dalla produzione delle materie prime al prodotto finale in bottiglia!
Maggiori informazioni su Birra Frée sulle birre sono disponibili sul sito web aziendale www.agrifre.com