Numero 19/2018
7 Maggio 2018
A lezione con l’Onab. L’analisi sensoriale – un approfondimento sui nostri sensi (parte 3)
Oggi concludiamo il nostro approfondimento riguardo i sensi, un argomento in apparenza poco attinente con il mondo birrario, ma importantissimo da conoscere e studiare, soprattutto per chi decide di intraprendere il percorso per diventare un degustatore.
Andiamo quindi alla scoperta dell’ultimo senso che ci è rimasto da incontrare, il gusto.
Il gusto
Tappa finale di ogni analisi sensoriale è quella dedicata all’assaggio, fondamentale per riconoscere appieno tutte le sfumature e la qualità di un prodotto.
Gli organi adibiti al senso del gusto sono le papille linguali, o gustative: sono piccole strutture neuroepiteliali, ricche di terminazioni nervose, situate sulla superficie superiore della lingua, nell’alta laringe e nella parte posteriore dell’orofaringe; il loro compito è quello di percepire i sapori di ciò che mangiamo, grazie all’aiuto della saliva, che “trasporta” le sostanze che compongono i cibi.
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Esistono varie tipologie di papille, ognuna delle quali ha funzioni diverse ed è “specializzata” nel riconoscimento di gusti differenti:
- le papille filiformi (o corolliformi) svolgono due compiti: il primo è quello di trattenere i cibi sulla lingua, grazie alla loro ruvidezza; il secondo è di amplificare gli stimoli gustativi grazie all’elevatissima presenza di terminazioni nervose.
- le papille fungiformi, a forma di fungo, si trovano principalmente sulla punta della lingua e sono specializzate nel riconoscimento del sapore dolce.
- le papille foliate sono delle pieghe rosse che si trovano lungo i lati della parte posteriore della lingua e percepiscono il sapore acido.
- le papille vallate (o circumvallate) si trovano in fondo alla lingua e presentano moltissimi calici gustativi, utili a percepire il sapore amaro e l’umami.
I vari gusti non si presentano tutti allo stesso momento: solitamente, in un assaggio con presenza di più sapori, il primo che viene individuato e sparisce più in fretta, è il dolce; l’acido e il salato verranno percepiti subito dopo e sempre per un breve lasso di tempo; mentre l’amaro comparirà solo verso la fine dell’assaggio, ma rimarrà persistente in bocca a lungo, anche dopo aver deglutito.
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- Il dolce attiva l’alimentazione e aumenta il desiderio di cibo. Come accennato prima, viene percepito sulla punta della lingua e rimane in bocca per circa 1 secondo; aumentando la temperatura di un cibo o di una bevanda, aumenta la sensazione di dolce (un esempio lampante è la temperatura di servizio delle birre più dolci, più elevata rispetto alle altre). In concomitanza con altri sapori, tende ad attenuare l’acido e l’amaro, mentre con il salato interagisce in modi differenti.
- L’acido è una percezione associata ad un meccanismo difensivo, utile a difenderci dall’ingerimento di cibi potenzialmente dannosi, tipo “andati a male”. Nell’evoluzione, è diventata una caratteristica sensoriale ben definita. Percepito sui lati della lingua, compare subito dopo il dolce e rimane anch’esso per circa 1 secondo in bocca. Viene soppresso dal dolce, e in alcuni prodotti anche dall’amaro.
- Il salato è legato alla necessità di ingerire sali minerali. Attenua la sensazione di amaro, e spesso “collabora” con il dolce. Aiuta l’evaporazione di alcuni aromi poco solubili, rendendoli più percepibili e distinti. Un veloce esempio di questa proprietà del sale è dato dal famoso “pizzico” aggiunto agli impasti dei dolci: senza quell’accenno di salato, anche il dolce migliore risulterebbe sciapo e senza gusto. Viene percepito sui bordi laterali della lingua, e la sua durata in bocca è inferiore al secondo; il sapore salato aumenta con l’aumentare della temperatura.
- L’amaro è il sapore che risveglia una sorta di timore ancestrale nel nostro organismo, essendo stato associato in passato a veleni e pozioni letali. Al contrario del dolce, l’amaro zittisce lo stimolo verso il cibo, e per questo molti digestivi e amari (appunto), presentano questo gusto. E’ un sapore che sta ultimamente risalendo la classifica di gradimento, basti pensare al boom di questi ultimi anni delle birre Ipa, le amare per eccellenza. Il sapore amaro si percepisce sulla parte posteriore della lingua, e permane in bocca per un tempo superiore ai 2 secondi, viene attenuato dall’aumento della temperatura e ovviamente dal dolce, mentre interagisce bene esaltandosi con il salato e l’acido.
- L’umami ha un nome particolare, derivante dal termine giapponese che sta per “delizioso”, e funge da esaltatore per gli altri sapori. La molecola elementare dell’umami è il gluttamato monosodico. Per dare un esempio pratico dell’umami, ci basta pensare a come si arricchisce il sapore di un buon piatto di pasta al pomodoro se ci aggiungiamo il parmigiano grattuggiato.
Il gusto è strettamente connesso al tatto: come abbiamo già avuto modo di accennare nel primo articolo di questa serie, la bocca è utile anche nel registrare le percezioni tattili di cibi e bevande, non solo i sapori: la lingua, il palato, i denti, aiutano a definire se un cibo è solido, morbido, viscoso, friabile, consistente, leggero, … servono inoltre a definire le caratteristiche termiche di un prodotto, quindi se è freddo o caldo. Ma ciò che lega in modo particolare gusto e tatto è una serie di descrittori (presenti anche nella ruota di Meilgaard) che indicano sia sapori avvertiti dalle papille, che sensazioni provate dalle mucose orali (piccante, astringente, pungente, metallico,…).
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Educazione al gusto
I sapori, quelli autentici, sono un patrimonio tangibile delle varie civiltà, eal giorno d’oggi c’è bisogno di rieducare i sensi a renderli capaci di riconoscere il buono da ciò che non lo è.
I sensi diventano strumenti in mano al degustatore: gli saranno utili per difendersi dalla confusione generata da aromi e gusti fittizi, creati in laboratorio e non corrispondenti a nulla di rintracciabile in natura; lo aiuteranno a scegliere i prodotti adatti ad un’analisi sensoriale di alta qualità; aumenteranno la consapevolezza, e quindi la soddisfazione e il piacere che proverà nell’essere in grado di apprezzare appieno l’esperienza degustativa.
L’educazione al gusto è, in poche parole, una pratica che va tenuta allenata durante tutta la vita, e ciò sarà possibile solamente mantenendo in forma i sensi, studiando e praticando con costanza l’analisi sensoriale.
Termina qui l’approfondimento riservato ai nostri sensi. Avete visto come quest’argomento, così apparentemente lontano dal mondo della birra, sia in realtà ad esso strettamente connesso in più punti?
Nei prossimi appuntamenti targati Onab, torneremo ad occuparci propriamente di birra, concentrandoci sui suoi aspetti nutrizionali.
A presto, cari birrofili!