Numero 43/2017
23 Ottobre 2017
Il caso Deep Beer: un profondo malinteso!
Negli ultimi giorni è stato sollevato un caso finora passato inosservato. Un gruppo di femministe inglesi hanno ritenuto poco appropriata l’etichetta della Deep Throat del Beer Firm sorano Deep Beer.
In pochi hanno pensato ad approfondire il discorso con i diretti interessati, tra sfottò ed accuse, il discorso si è dilungato più del dovuto.
Andando a ritroso nel tempo, il progetto Deep Beer nasce dalla mente del solo Francesco Di Palma, nativo di Sora, nel confine tra Lazio e Abruzzo, nello specifico nella provincia di Frosinone. La Deep Throat viene concepita come una English Special Bitter, molto luppolata e contenente del mais, in particolare l’ottofile ovvero un’antica varietà autoctona, coltivata un tempo da molte famiglie contadine del territorio, viene realizzata in collaborazione con aziende agricole ciociare. Parlando dell’etichetta, si punta a far passare il messaggio della facilità di bevuta delle ESB, che viene collegata concettualmente al Deep Throat, mediante l’utilizzo delle pannocchie, complici dell’aver lasciato facilmente pensare a secondi fini.
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Tornando alle origini, le critiche arrivano in primo luogo dall’Inghilterra, dove questo prodotto non è ancora fisicamente disponibile, la speranza in casa Deep è appunto quella di aprirsi uno spiraglio di mercato per poter colmare le chiacchiere con una sana bevuta.
La critica arriva pubblicamente con un post sulla pagina ufficiale della Beer Firm, nel quale dei ragazzi si dicono speranzosi di trovarsi davanti ad uno scherzo, accusando il birraio di essere stato poco appropriato con la scelta dell’etichettta, che ha giustamente replicato che non bisogna azzardare conclusioni affrettate.
A partire da quel momento vengono pubblicati una serie di articoli in Inghilterra, tra i quali anche il Daily Mirror che risulta essere il più attendibile nelle versioni, o quanto meno l’unico a riportare parole espressamente dichiarate dal birraio.
A seguito di alcune dichiarazioni avviene anche la conferma che l’etichetta non è nata per far parlare di se, o con secondi obbiettivi, ma l’obbiettivo è singolare all’espressione artistica di chi l’ha pensata, vuole lasciar passare un semplice messaggio di leggerezza.
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Parlando di cose forse più attuali o interessanti, tra pochi giorni verrà presentata una nuova birra dedicata Sarah Baartman, una Double IPA con una percentuale di miele nel mosto, l’analogia sta appunto nella fertilità espressa sia dalle api che dalle donne, proprio a smentire qualsiasi accusa sessista nei confronti di Deep Beer, che come il birraio stesso afferma, si dimostra attenta al sociale, continuando la collaborazione con artisti del territorio che si occuperanno dell’etichetta in piena libertà artistica, con nuovi design, si spera altrettanto coinvolgenti.
Per concludere, chi non ha ancora avuto modo di provare questa birra, potrà con assoluta facilità trovarla in molti Beer Shop laziali, specialmente nella città di Roma.
Si ci aspetta ovviamente la loro partecipazione ad eventi birrai futuri in tutto il territorio nazionale, magari in un futuro prossimo, anche l’apertura di una casa Deep.