Numero 42/2018
18 Ottobre 2018
Lo strano caso dei birrifici indipendenti
Da pochissimo Unionbirrai, l’associazione di categoria che riunisce molti birrai italiani, ha presentato un marchio collettivo di tutela che ha lo scopo di certificare se un birrificio è indipendente e di aiutare il consumatore nell’acquisto della birra. Oggi cerchiamo di fare chiarezza nella giungla della burocrazia italiana e di spiegare che cosa si intende per birrificio indipendente.
.
.
L’articolo 2 comma 4 bis della Legge 1354/1962, successivamente modificata dall’articolo 35 comma 1 L. 154/2016, oltre a definire cosa sia la birra artigianale ha stabilito che essa possa essere prodotta soltanto da birrifici indipendenti, ovvero “che sia legalmente ed economicamente indipendente da qualsiasi altro birrificio, che utilizzi impianti fisicamente distinti da quelli di qualsiasi altro birrificio, che non operi sotto licenza di utilizzo dei diritti di proprietà immateriale altrui e la cui produzione annua non superi 200.000 ettolitri, includendo in questo quantitativo le quantità di birra prodotte per conto di terzi.”
Di facile interpretazione è il limite degli ettolitri annui di produzione e l’utilizzo di impianti fisicamente distinti. Più complicato è stabilire cosa significhi legalmente ed economicamente indipendente da qualsiasi altro birrificio.
.
.
Unionbirrai, che ha collaborato alla stesura della normativa, si è espressa con numerosi atti a riguardo sia della definizione di birra artigianale che di birrificio indipendente. Secondo la direttiva numero 4 del 2017, visto che nella norma si fa espressamente riferimento a produzione e al necessario utilizzo di impianti distinti, il termine birrificio “risulta riferito a chi produce birra, ovvero ai cosiddetti opifici di produzione di birra che, in particolare, debbono necessariamente esser dotati di propri specifici “impianti” di produzione, distinti da quelli di terzi.” Nel nostro ordinamento giuridico la produzione di birra, prodotto soggetto ad accisa, richiede una specifica licenza a cui viene attribuito un codice accisa che è riferito prima di tutto agli impianti di produzione. Proprio per questo senza una licenza doganale e senza il codice accisa il termine birrificio risulta improprio.Unionbirrai nel suo atto fa notare che se “birrificio” significa, nella normativa specifica di settore “opificio di produzione di birra”, “birrificio artigianale”, conseguentemente, non può che significare “opificio di produzione di birra”, per l’appunto, “artigianale”. Pertanto, per fregiarsi del titolo di birrificio artigianale occorre essere un opificio di produzione di birra, dotato di propri impianti, come tale beneficiario di apposita licenza doganale e soddisfare le condizioni poste dalle legge 1354/1962 di carattere soggettivo (qualifica di piccolo birrificio indipendente, ovvero indipendenza e dimensionamento ridotto) e organolettico (birra non filtrata e non pastorizzata).
In definitiva, secondo Unionbirrai, per essere un birrificio indipendente occorre avere un proprio codice accisa, impianti di produzione di proprietà, produrre birra non filtrata e non pastorizzata nel quantitativo massimo imposto. Poco importa della composizione societaria e chi ci sia dietro, salvo se alle spalle ci sia una multinazionale della birra o una sua società controllata.
.
.
Pertanto se il piccolo birrificio indipendente Alfa acquistasse il piccolo birrificio indipendente Beta e utilizzassero impianti distinti e due codici accisa differenti, entrambi manterrebbero la possibilità di produrre birra artigianale. Lo stesso birrificio Alfa se fosse acquistato da Gamma srl, società che non ha alcun legame con la produzione di birra, continuerebbe ad essere indipendente. Soltanto se un birrificio indipendente fosse acquistato da una multinazionale che produce birra o da una sua società satellite, in quel caso perderebbe la propria indipendenza e non potrebbe più fregiarsi del titolo di birrificio artigianale. Quindi in Italia Birra del Borgo, acquistata da Ab InBev, Birrificio del Ducato, acquistato da DuvelMoortgaat, Birradamare, acquistato da MolsonCoors, e Hibu, acquistato dall’importatore di proprietà del gruppo Heineken Dibevit, non possono fregiarsi in alcun modo del titolo di birrificio artigianale.