Numero 29/2016
19 Luglio 2016
Ristoranti: quando la birra viene snobbata
Quante volte ci è capitato di voler bere una buona birra mangiando un buon piatto al ristorante ma, se da una parte possiamo avere una lista di vini che farebbe invidia alla Divina Commedia come estensione, dall’altra abbiamo poche aride scritte di due marchi industriali da discount?
La domanda allora sorge spontanea: perché se voglio bere una birra di qualità devo andare per forza al pub o in pizzeria?
Magari una sera ho voglia di una bella tagliata di carne o di un piatto di pesce, invece che di pizza o di ali di pollo fritte, ma provate a chiedere alla maggior parte dei camerieri se hanno una belgian strong ale, una blanche o una sour: la risposta è NO!
La verità è che la ristorazione ancora non vede di buon occhio la birra artigianale, o forse semplicemente non la vede e basta. Sono passati 20 anni dalla nascita del movimento birrario in Italia e se in alcune realtà (poche) possiamo sederci ed avere a disposizione un’ampia gamma di etichette, in molte altre (la maggior parte) dobbiamo accontentarci della solita birra da prezzo, con poco carattere, di facile beva, ma scarso potenziale di abbinamento… e allora meglio l’acqua o un bicchiere di vino.
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Le ragioni ci sono ovviamente :
- Prezzo
- Cultura
- Gusto
- Brutte esperienze
- Cattiva informazione
Il prezzo e la cultura del nostro Paese in fatto di vino sono un ottimo deterrente: ad esempio, se vogliamo comprare al ristorante una bottiglia da 75 cl di una qualsiasi birra artigianale difficilmente spenderemo meno di 10 euro e noi, da bravi italiani, subito corriamo con la nostra calcolatrice tascabile a fare un raffronto col prezzo di una bottiglia di vino.
“Magari sarà il peggior vino che berremo in tutta la nostra vita ma è pur sempre vino” è il ragionamento che la maggior parte delle persone fa e tanto basta per decidere, senza chiedersi cosa c’è dietro a quella birra: costi, lavoro, ricerca, investimenti, attrezzature, tasse, tutta una serie di ragioni che vengono accantonate in virtù del fatto che la birra deve costare poco, o quanto meno, deve essere decisamente più accessibile del vino. Dobbiamo, infatti, considerare anche il punto di vista dei non appassionati, che è più superficiale e meno consio della realtà brassicola, rispetto a chi, per passione personale, si è creato un bagaglio culturale a tema.
Anche il gusto e le cattive esperienze vanno di pari passo: in molti locali quando decidete di scegliere una craft della carta, non c’è una descrizione; chiedete al cameriere, ma non vi sa dare molte spiegazioni o forse ve ne da troppe e non così attinenti alla realtà. Quando, in vero, basterebbe sapere se è idonea ad accompagnare il piatto, ad esaltarsi nell’abbinamento. Ed allora, le reali alternative sono poco entusiasmanti :
- Rinunciate
- Scegliete a caso
- Vi affidate al cameriere
Nella seconda e terza ipotesi può andarvi benissimo o molto, molto male. La vostra esperienza si concluderà avendo bevuto una birra che non è nelle vostre corde e molto probabilmente catalogando tutte le artigianali in quella che avete bevuto. La prima impressione conta ed è quella che decide, soprattutto a tavola.
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Molto spesso, poi, si possono verificare delle distorsioni sulla presentazione della bevanda, causata da una cattiva informazione data sia dal menù che dal cameriere. Sarebbe buona, ottima norma che i ristoratori prevedessero delle vere e proprie “Carte delle birre” , in cui inserire delle ampie descrizioni, sottolineando aspetti importanti quali i profumi ed i sapori ed omettendo magari il colore per evitare i soliti luoghi comuni del tipo “se è scura è alcolica”, quando poi ci sono le porter che hanno 4 gradi. Vi assicuro che gli avventori saranno colti così di sorpresa nel vedere le loro convinzioni infrangersi, che si innamoreranno del prodotto proposto ed acquisiranno fiducia nel locale. E soprattutto si contribuisce a creare una buona cultura della birra: ma questo impone la necessità di uno sforzo in più per chi accoglie e serve i clienti, basati sullo studio delle birre proposte, della tecnica di abbinamento con i piatti in menù, del corretto stile di servizio (dalla temperatura al bicchiere ottimale) e, ovviamente, per la passione per la birro-gastronomia!
Ovviamente, questa mia riflessione è stata abbastanza dura, ma volutamente l’ho fatto per spronare ad un cambiamento diffuso: esistono, infatti, alcuni ristoratori molto attenti ad offrire un’ottima carta delle birre, ma sono di certo ancora una minoranza ristretta! Ognuno di noi appassionati, anche come cliente e consumatore può – deve – farsi portavoce dell’esigenza di dare spazio alla qualità delle proposte di birre artigianli del nostro Paese e non solo: non snobbiamo la buona birra di qualità al ristorante!