Numero 27/2018
7 Luglio 2018
BERSERKER: Capitolo 19
Il vecchio sciamano e la ragazza erano stati legati da Okir assieme ad altri schiavi.
Con un pezzo di legno con delle rune iscritte sopra, il vichingo padrone di nuovi schiavi, indicava a tutti i suoi compagni d’armi che quelle persone erano parte del proprio bottino.
Okir non era l’unico ad aver reperito schiavi come parte del proprio bottino, ma era l’unico che aveva preso un vecchio come schiavo.
Lei, la ragazza, era di una bellezza sconvolgente, nonostante i lividi, beninteso.
Ma il vecchio…
Che cosa se ne faceva un vichingo valente e coraggioso come Okir, di un vecchio tutt’ossa?
Il nuovo schiavo non sarebbe stato in grado di trasportare neppure una fascina di legna, figurarsi lavorare come si addiceva ad uno schiavo!
Molti dei Vichinghi presero in giro Okir per tutto il viaggio di ritorno.
Per inciso, tale viaggio, durò diversi giorni.
Non fu facile, per Okir, mettere da parte l’orgoglio ed evitare di uccidere chi lo scherniva!
Ma la scoperta che aveva fatto, lì, in quel villaggio….
Beh, con ogni probabilità, se se la fosse giocata bene, sarebbe valsa più di tutto l’oro che aveva raccimolato nelle scorrerie perpetrate in tutta una vita di saccheggi!
Nessuno dei suoi commilitoni fece caso agli zaini che, sia il vecchio, sia la fanciulla, sia Okir, portavano sulle proprie spalle.
Tutti ipotizzarono che fossero riempiti di oro, di valessami preziosi, di monili e di gioielli degli autoctoni…
Insomma, che Okir avesse riempito delle sacche che aveva fatto indossare ai suoi nuovi schiavi con lo stesso bottino che tutti gli altri vichinghi avevano, giustamente, arraffato alla bell’e meglio.
Solo uno dei vichinghi, al terzo giorno, si chiese come mai le sacche dei tre puzzassero così tanto.
Provò ad aprirne una.
Quella in spalla alla bella schiava, la cui faccia tumefatta cominciava a riprendere delle sembianze gradevolmente femminili.
«Schiava, fammi vedere che diavolo hai qua dentro! E poi… beh, fammi vedere cosa hai sotto alla tunica!»
Okir notò l’interesse di quel vichingo.
Sfoderò la propria ascia.
«Sadmurl “il Vaccaro”, allontanati immediatamente dal mio bottino e dalla mia schiava»
Il vaccaro… Quanto infastidiva quel soprannome a Sadmurl!
Solitamente, i Vichinghi, avevano un nome, seguito da “ Figlio di” ed il nome del padre.
In casi particolari, il soprannome sostituiva il nome del padre, perché il vichingo si era particolarmente distintoin qualsivoglia attività!
Per esempio, Okir era detto “il Guaritore”, poiché conosceva e raccoglieva tutte le erbe officinali che crescevano nel fiordo e poi ne realizzava sacchettini con le suddette erbe esiccate e pronte per essere messe in acqua calda.
Lui era unaspecie di medico, nonostante le sue doti guerriere non avessero nulla da invidiare ai grandi guerrieri della leggenda!
Era una specie di sciamano, pur non possedendone il titolo.
Ma i membri del suo villaggio, della sua comunità…
Credevano che, nonostante non avesse il “titolo” di sciamano, lui comunicasse con gli Dei.
“Il vaccaro”… il padre di Sadmurl era stato un guerrierofenomenale, armato di un bastone ricavatoda un ramo di una quercia millenaria…
Le storie rigardanti suo padre, narravano che la sua arma, questo immenso bastone lungo più di due metri e mezzo, fosse stato smussato, levigato ed induritodagli scontri direttisulle teste e sulle schiene dei nemici che gli si erano parati dinnanzi!
Un guerriero che era chiamato “Bastone di Pietra”, per la maestria con cui usava la sua arma! Il padre di Sadmurl era un guerriero puro. Faceva parte della guardia personale del Conte che governava anni prima.
Sadmurl, all’età di dodici anni, andò a fare il pastore di vacche, durante una delle scorrerie estive a cui solo gli adulti potevano partecipare.
Il tutto per guadagnare, giustamente, la carne necessaria per l’inverno, per sé e per la propria famiglia, in attesa del ritorno del padre dalle scorrerie estive.
Il genitore non tornò più dalla guerra.
Da allora, e per altre tre estati, il giovane fece il vaccaro.
Nonostante avesse ereditato appieno le doti belliche del padre, l’appellativo di “Vaccaro”, restò, come un’onta nei confronti del suo Grande Padre.
Il vichingo divenne paonazzo…
Okir sapeva “di aver risvegliato il can che dormiva!”