Numero 31/2018
4 Agosto 2018
BERSERKER: Capitolo 23
Il viaggio di ritorno verso i lidi confortevoli della sua Patria era giunto al termine.
Okir scese dall’imbarcazione con i propri schiavi al collare e con le poche ricchezze materiali che aveva arraffato.
A luinon interessava solo arricchirsi di beni materiali come, invece, desiderava la stragrande maggioranza dei suoi compagni.
A lui interessava il Potere!
Ed esso, così effimero ed intangibile, fino al momento del possesso, era complesso da conquistare.
Nella società vichinga il potere si guadagnava in pochi modi.
Il primo, il più comune, era quello di guadagnarsi l’onore ed il rispetto sul campo di battaglia.
Decine di uccisioni, salvataggi di compagni d’arme, gloria ed intuizioni per vincere un assedio nel più breve tempo possibile…
Una volta conquistata la fama e la ricchezza, tale guerriero doveva affrontare il Conte, facendosi eleggere nuovo Signore oppure sfidandolo a Duello per risolvere una questione in sospeso con lui. Se fosse sopravissuto, di diritto sarebbe divenuto il nuovo Conte.
Ma fino a quando quel potere poteva essere gestito e detenuto, senza che uno sfidante riuscisse a portarlo via, assieme alla vita dell’uomo che lo deteneva?
Mesi?
Anni?
Forse lustri?
E se anche avesse posseduto quel potere, altri Conti avrebbero potuto avanzare pretese sul suo dominio…
Questa eventualità si sarebbe tradotta in una guerra fratricida, il rischio di perdere tutto non sarebbe stato da sottovalutare!
No, Okir era più scaltro!
Non ché non fosse un guerriero di tutto rispetto, beninteso!
Ma lui preferiva utilizzare il cervello per giungere ai propri scopi, rispetto alla forza bruta.
Aveva atteso per anni, per molti anni l’occasione buona.
E quella campagna militare, forse, era proprio quello che stava attendendo con così tanta pazienza!
Si diresse, assieme a tutti i suoi compagni, verso la Grande Sala comune.
Era una costruzione in pietra, legno ed ossa, molto capiente.
Fungeva da luogo di ritrovo per tutta la cittadina ed era parte della dimora del Conte.
Era lì, che prima della partenza, si erano riuniti tutti i guerrieri, in presenza dello stregone del villaggio.
Lì, ogni guerriero aveva rinnovato il proprio giuramento di fedeltà ed aveva ricevuto la benedizione degli Dei tutti, grazie ai rituali che l’anziano sciamano aveva compiuto.
Thor, Odino e perfino lo scaltro Loki erano discesi dal Walhalla per benedire i propri guerrieri, a garanzia che, nel caso essi fossero periti durante la battaglia, avrebbero avuto i portoni del cielo spalancati, per poter brindare e guerreggiare fino al Ragnarok, assieme agli Dei ed ai grandi guerrieri del passato.
E lì, in quella sala grande, di ritorno da una razzia, i guerrieri suddividevano il proprio bottino, dandone una parte al proprio Signore che aveva investito le navi e le armi.
Era una specie di tassa onnicomprensiva di “pagamento dell’usura dei materiali”.
Okir attese paziente il proprio turno.
Giunse, infine, dinnanzi al Re ed al Conte.
«Mio Re, mio Conte! Sono Okir, figlio di…»
«Taglia corto, Okir!» lo interruppe il conte in modo del tutto maleducato «Cosa hai per noi?»
«Ho razziato gioielli, vasellame e due schiavi».
«Quale ritieni che sia la congrua parte che spetta al tuo Re ed al tuo Conte?» chiese il Sovrano.
Okir doveva restare in possesso dei due schiavi e dei funghi. Di tutto il resto non gli interessava nulla. Era disposto a donarlo per intero ai suoi Signori.
Ma doveva usare l’astuzia di Loki, per farlo…