Numero 37/2018
15 Settembre 2018
BERSERKER: Capitolo 29
I vichinghi si erano preparati alla battaglia in quattro e quattr’otto.
Tutti erano scalpitanti, bramosi di bagnare le proprie lame di sangue nemico.
“Campane?” pensò Okir, mentre si disponeva assieme ai suoi compagni, “Non è, quindi, un piccolo villaggio… sarà una città, quella che abbiamo visto in lontananza! Speriamo che vi siano molte ricchezze da depredare!”
Con un ghigno, il vichingo si preparò psicologicamente allo scontro.
Tutti i guerrieri erano disposti, l’uno a fianco dell’altro.
Tutti pronti per innalzare il “muro di scudi” una tattica difensiva simile alla “Testuggine Romana”.
Erano quasi duecento vichinghi, pronti a combattere.
Duecento guerrieri alti non meno di un metro e ottanta, tutti con un fisico statuario, pronti e tesi.
Sui loro corpi, innumerevoli cicatrici, segno di mille e mille battaglie, e di altrettante vittorie.
Un popolo guerriero, che non temeva nulla!
Neppure la morte, era per loro un problema; anzi, loro l’agognavano!
Che gioia, che apoteosi, morire combattendo!
Il Walhalla sarebbe stato assicurato!
Ed, allora, pronti, tutti imbracciarono asce e spade, scudi e pugnali…
Il terreno sotto ai loro piedi, cominciò a tremare.
Come un terremoto, venuto dal nulla.
Gli Dei erano forse in collera con loro?
Oppure stavano comunicando ai Vichinghi il loro favore?
La terra tremava debolmente, ma l’intensità aumentava con l’avvicinarsi delle truppe nemiche.
Erano molti, moltissimi!
Ed erano a cavallo!
un’intera armata di cavalieri.
I vichinghi erano scossi!
Non avevano mai visto tanti guerrieri a cavallo insieme!
Un brusio dilagò per le truppe.
«Ci… ci ammazzeranno tutti!» urlò un uomo dalle retrovie.
«Zitto, codardo!» gli rispose un altro.
«No, no! Vi dico che moriremo come cani! Sono in troppi!»
«Se non la smetti, sarai il primo a morire!»
«Thor ci ha abbandon…»
Non terminò mai la frase.
Il compagno che gli stava al fianco, piantò la sua ascia nella schiena del pusillanime.
«Non rischio la mia vita a fianco dei codardi!»
Per un attimo, il silenzio calò.
Poi, tutti lanciarono un urlo di guerra, come rinvigoriti da quella prova di coraggio, che spazzava via la viltà come foglie autunnali al vento!
I guerrieri, dimentichi della formazione difensiva e galvanizzati da quel macabro spettacolo, si lanciarono a capofitto verso il nemico.
Furono attimi lunghi, interminabili.
Eterni.
Poi, come se un fulmine fosse precipitato a terra dal nulla, il cozzare del metallo.
I guerrieri iniziarono ad inlordare il terreno di sangue, uomini e cavalli caddero come steli di frumento alla mietitura.
Okir era nel mezzo della mischia.
Fendenti, affondi, parate e schivate.
Nemici in ogni dove.
l’ascia che tranciò le zampe anteriori ad un cavallo, il suo cavaliere capitombolato a terra.
Il vichingo si voltò, troneggiante sul nemico, confuso ed incapace di difendersi.
Okir levò l’ascia, pronto a vibrare il colpo fatale.
Una fitta alla schiena lo bloccò.
Lo sguardo verso la propria pancia.
La punta di una lancia che spuntava da essa.
Okir cadde a terra trafitto.
Il buio oscurò tutto.