Numero 38/2018
22 Settembre 2018
BERSERKER: Capitolo 30
Un ronzio fastidiosissimo svegliò Okir.
Si sentiva debole, incapace di muoversi.
Sentiva che il suo corpo ondeggiava, come se fosse sdraiato sul ponte di una nave durante una burrasca.
Le immagini erano confuse.
Tra luci ed ombre, il cielo plumbeo sovrastava tutto.
Voltò il capo a lato.
Corpi.
Corpi ovunque.
E sangue…
E budella…
E odore di sangue, di morte…
Urla di dolore miste a terrore, miste ad agonia…
Chiuse nuovamente gli occhi.
Quando si risvegliò, il suo corpo stava sobbalzando, come l’ultima volta che si era destato da quell’oblio.
Su di lui, vide una faccia amica.
«Okir, vecchio mio! Grazie agli Dei sei vivo!»
Il vichingo provò a parlare, ma le parole gli si strozzarono in gola.
«Non ti affaticare! Sei stato ferito. Mentre ci ritiravamo abbiamo raccolto da terra chi potevamo. Chi era ancora vivo… tu eri in preda a spasmi terribili. È stato un calvario, trasportarti! Fidati!» il guerriero rise gutturalmente.
«Abb…» Okir tentò di nuovo di parlare «Abbiamo… p»
«Tieni, amico mio! Bevi!» il guerriero aiutò il ferito a dissetarsi, tra un colpo di tosse e l’altro.
«Non ti affaticare. Abbiamo perso in un modo veramente terribile. Abbiamo perso almeno la metà degli uomini… quei cavalieri… quei mostri! Ma tu, sei ancora vivo, caro amico! E ne sono contento!»
«Dove… siamo?»
«Per mare, caro amico!»
«Mare?»
«Ci siamo ritirati in fretta e furia. Ti assicuro che erano dei demoni! E le loro armi… il loro ferro era migliore del nostro! Guarda: questa è una loro spada, sono riuscito a portarla via dal campo di battaglia! È lucida. È molto più affilata della migliore delle nostre asce! Incredibilmente dura! La mia spada a due mani, pensa, è stata tagliata da questa lama come se fosse stata di burro! Sono riuscito, infine a disarmare il cavaliere e gli ho trafitto il petto con la sua stessa arma! Oh, per Odino, che esperienza! Che sensazione! Che soddisfazione!»
«Armi… più…»
«L’inferno, Okir! Ma noi siamo vivi!»
Okir pensò alla disfatta appena subita.
Pensò al desiderio di continuare a vivere… si doveva aggrappare alla vita come mai aveva fatto prima di quel momento!
Sì, perché, per quanto dolorosa, quella sconfitta gli dava l’opportunità di emergere, di svettare su tutti!
Se i funghi che aveva trafugato fossero cresciuti mantenendo inalterate le loro doti… Allora sì, che avrebbe potuto riorganizzare l’esercito sconfitto, vincere quella battaglia che tanto era costata al suo popolo e, infine, scalare la vetta della struttura sociale!
Ma era debole, il vichingo.
Aveva bisogno di riposo e di sperare di sopravvivere.
Okir, sforzandosi come non avrebbe mai immaginato, riuscì a stringere la mano del compagno d’arme, in segno di gratitudine.
Mentre precipitava nuovamente nel sonno, con animo più sicuro e speranzoso, Okir si ripromise di ripagare il dono della vita che quel suo amico gli aveva reso nuovamente.