Numero 50/2018
15 Dicembre 2018
BERSERKER: Capitolo 42
Okir attese per tre giorni l’arrivo del messo del Re.
Tre lunghissimi giorni, nei quali pregò Odino e Thor di vegliare su quello schiavo donandogli, se necessario, la Forza del Martello del Dio e la rapidità delle Saette da esso scaturite, onde non finire vittima di banditi e predoni!
Le sue preghiere vennero ascoltate.
Al vespro del quarto giorno, da quando era giunto il corvo messaggero, un’ombra avvolta da un mantello fece capolino dalla base della collina su cui sorgeva la casa di Okir.
Essa era isolata dal resto del villaggio, in una posizione invidiabile, dal magnifico panorama e con tanti pascoli intorno.
Era un uomo dalla pelle chiara, sembrava anch’egli un Norreno.
Quando giunse in prossimità dell’uscio, Okir non gli diede il tempo di bussare.
Uscì, come consuetudine con un’ascia in mano; quell’uomo poteva anche non essere il messo reale, anzi!
Poteva anche essere un buon guerriero del Conte, che magari, aveva intercettato lo schiavo e, dopo averlo ucciso, si era sostituito a lui.
La prudenza non era mai troppa.
Mai!
Non quando si ordivano trame ed intrecci di Potere!
l’avventore si dirigeva verso l’abitazione con passo lento e stanco, molto claudicante…
Okir, subito non ci fece caso.
«Chi sei?»
«Tu sei Okir?»
«Se permetti, giacché sei nella mia proprietà, ti pongo io le domande!»
«Tu sei Okir?» chiese nuovamente il forestiero, incurante delle parole e dell’ascia del vichingo.
«Bada, se non mi dici chi sei, io…»
Okir non fece in tempo a terminare la sua frase minacciosa che l’uomo cadde riverso sull’erba del suo prato.
Il vichingo lo raggiunse, abbandonando la sua arma.
Respirava ancora!
“Ottimo!”, pensò.
«Presto! Datemi una mano!»
mentre lo rovesciava su un fianco per permettergli di respirare meglio, Okir notò che il mantello di pelliccia era lercio di sangue raggrumato.
Scostandolo, notò una ferita all’altezza delle reni.
Una freccia.
Una freccia spezzata.
Con ogni probabilità la punta era ancora conficcata dentro la carne del malcapitato.
E doveva essere lì da un bel pezzo, se il sangue sul mantello era del tutto rappreso e la ferita era in parte rimarginata!
Da essa proveniva l’odore nauseabondo del puss che infettava le membra.
Era un odore forte.
Sapeva di marcio…
sapeva di morte!
“Per gli Dei! Devo salvarlo! Devo sapere che messaggio gli ha affidato il Re!”
Okir era preso dalla concitazione del momento.
Non pensava alla cosa più importante di tutte: chi diavolo aveva ridotto a quel modo quel poveraccio!
Ci pensò il vecchio schiavo a ricordare al proprio padrone le priorità.
Una volta trasportato l’uomo in casa, il vecchio si rivolse al Vichingo:
«E’ lui il messo che aspettavi?»
«E secondo te, come faccio a saperlo?»
«Ha nominato il tuo nome?»
«Sì!»
«Allora è lui!»
«Padrone… la domanda mi sorge spontanea… chi è stato a ridurlo così? Perché?»