Numero 52/2018
29 Dicembre 2018
BERSERKER: Capitolo 44
L’uomo che era uscito dall’abitazione con un uncino per legna ed un attizzatoio per il camino si scagliò come un toro contro tre avversari.
I suoi nemici risero, consci che era il gesto disperato di un povero stolto che già vedeva, nel suo immediato futuro, la morte.
Okir, dal canto suo, euforico per via del tonico appena bevuto, fu rapidissimo: uncinò il primo dei tre, quello che rideva in modo più sguaiato e che aveva la difesa meno pronta.
Lo uncinò in bocca, sfondandogli diversi denti e penetrando la sua carne dietro alla mandibola.
Era come se avesse all’amo un bel pesce da centoventi chili!
Una pesca eccellente.
Tenendo sempre l’uncino in tensione, con l’attizzatoio colpì la mano destra del suo avversario, quella in cui teneva una grande ascia, che venne lasciata dall’energumeno e finì a terra.
Il guerriero che teneva all’amo l’altro, roteò su se stesso, obbligando il suo “pesce” a seguire quella sua stessa rotazione.
Impossibile, per il “pesce”, e questo, Okir, lo sapeva.
Il nemico venne sollevato a terra dall’impeto del movimento, dello strattone.
Precipitò di pieno collo sulla nuda terra.
Un CRACK permeò l’aria.
Okir, sapendo il suo avversario morto, non lo degnò neppure di uno sguardo. Aveva già raccolto l’ascia nemica e si era già scagliato contro gli altri due.
Il vichingo stava combattendo.
Il Padrone del terreno su cui si stava svolgendo la battaglia, stava combattendo.
Il padrone della casa da cui una schiava stava guardando lo scontro, stava combattendo.
Il Padrone della donna stessa, stava lottando.
Allo stesso tempo, un animale stava dando sfogo alla sua più intima Natura.
Un mostro, stava combattendo.
Era come se un Demonio, oppure come se lo stesso Loki, si fosse impadronito di Okir.
Aveva bevuto il tonico.
E quei due guerrieri, quei due colossi rimasti in piedi, continuavano a battersi contro di lui.
Ma Okir, sembrava possedere delle capacità che per quei duellanti erano inconcepibili…
Irraggiungibili!
Il vichingo schivò un paio di fendenti con la facilità con cui si schivano le palle di neve lanciate a parabola.
Un ennesimo colpetto con la sua lama sulla nuca dell’ultimo che lo aveva attaccato, ed il guerriero fece un ruzzolone in avanti.
Okir li surclassava.
Il suo tonico era incredibile!
Stava, letteralmente giocando, con quei due!
Erano imponenti, i suoi avversari… ma neanche insieme potevano competere con Segovax!
Per un attimo, Okir, si estraniò dalla sfida, facendo mente-locale all’avversario che, con ogni probabilità, era stato il più forte vichingo che avesse mai affrontato.
Sorrise, incurante del fatto di essere in pericolo di vita; sorrise ed in quel momento, tra sé e sé, onorò il suo avversario defunto.
Sicuramente, quel Vichingo, quel Segovax aveva alzato un corno di birra nel Walhalla e lo aveva bevuto alla sua salute!
Schivò, quasi inconsciamente, altri tre attacchi.
Ma, nonostante l’effetto della droga mischiata all’alcol lo rendesse fortissimo, euforico e sicuro di sé, lo rese anche “superbo”.
Sentì come una scudisciata, una leggera frustata, come inflitta da una fresca frasca di ortiche…
Pizzicava…
Okir era ritornato con la mente allo scontro in atto.
Il vichingo si voltò verso la propria schiena e vide che l’ascia nemica aveva scalfito la sua carne.
Una ferita poco profonda, in verità… ma pur sempre l’ennesima cicatrice sul suo corpo.
Okir si infuriò come un vero demonio…
Levò la sua ascia, non più per schernire e colpire di piatto i due nemici, no!
Questa volta iniziò a roteare la sua arma di taglio.
Per uccidere.
Per staccare di netto arti, sfondare toraci, decapitare persone!
E così andò.
Il guerriero che lo aveva colpito, tentò di sfuggire dal gelido tocco del ferro.
Ma Okir fu troppo rapido.
Come una saetta divina!
Il cranio dell’aggressore di Okir venne schiantato con un tonfo sordo, terribile.
Con la testa aperta e frammenti di elmo ormai mischiati ad una poltiglia che una volta era il cervello, l’uomo finì riverso a terra, privo di vita.
Lo sguardo di Okir si posò sull’altro avversario, quello che aveva appena compiuto il ruzzolone.
Okir sorrise e levò l’ascia.