Numero 03/2019
19 Gennaio 2019
BERSERKER: Capitolo 47
Nella casupola di Okir, il messo stava bevendo dell’acqua e mangiando un tozzo di pane raffermo.
«Bene, amico… Ora che ti sei sincerato del fatto che chi ti ha salvato la vita sia anche la persona che andavi cercando, che ne diresti di riferirmi il messaggio per il quale sei stato inviato?»
«Certo, Okir. Il messaggio che ti reco è una convocazione ufficiale del Re».
«Bene, dimmi».
«Ecco le parole del Re: Okir, caro amico. Ho ricevuto notizie relative ad un tentativo di invasione da parte delle popolazioni dell’Est. Essi, dopo il nostro attacco e la nostra sconfitta, hanno visto la possibilità di invaderci. l’esercito è stato mobilitato ed anche dalla Contea in cui abiti la notizia si spargerà a breve. Un altro messo è stato inviato al Conte e dovrebbe giungere con un paio di giorni di ritardo rispetto al messo che ti ho inviato.»
«Un’invasione? Per gli Dei!» esordì la bella schiava.
«Zitta, donna!» rispose Okir, brusco.
«Perdono, Padrone» rispose lei, ponendo particolare enfasi sul titolo di Okir, onde dargli fastidio, quasi rigettando il livello di intimità raggiunto con lui.
Lui, dal canto suo, la fulminò con lo sguardo, ma subito, pentito, abbasso gli occhi.
«Posso riprendere?» chiese il messaggero.
«Certo, perdonala.» tagliò corto il vichingo.
«Spero che, come d’accordo, tu abbia prodotto una ingente quantità di tonico. Purtroppo non ci servirà per le razzie estive, non quest’anno… Prima dobbiamo respingere l’invasione. Se perdessimo anche questa battaglia, la nostra cultura e la nostra Nazione verrebbero cancellate dalla Storia. Ti esorto, quindi, a giungere il prima possibile qui, nella mia Capitale. Giungi con tutte le tue scorte di tonico. Ne avremo bisogno. Se vinceremo, come promesso, i titoli di Sciamano, Conte e Generale dei miei eserciti saranno tuoi! Grande gloria e ricchezze ti attendono! Fammi vincere questa battaglia!»
«Per gli Dei! Hai finito?» chiese Okir.
«Sì.»
«Notizie sull’entità delle forze nemiche?»
«Io non so nulla.»
«Tempi previsti per l’attacco?»
«Okir… io sono un servo. Libero cittadino, ma nulla di più di un servitore zelante. »
«Quindi nessun tipo di informazione utile?»
«No. Ho solamente questo, da lasciarti.»
L’uomo porse ad Okir un ciondolo dorato raffigurante un’aquila.
«Ma questo…»
«Questo è il tuo lasciapassare per giungere al Re non appena sarai nella Capitale.»
«Questo è il ciondolo dei Conti.»
«Questo è quanto dovevo darti. Io sono solo un guerriero. E neppure potente come te! Ma la mia spada e la mia ascia sono tue, prode Okir.»
«Ho un favore da chiederti: mi accompagneresti fino alla capitale? Due lame sono meglio di una, in un viaggio così pericoloso!»
«Okir, forse non mi sono spiegato bene: il Re mi ha ordinato di pormi al tuo servizio.»
«Ah, perfetto!»
Okir si versò un corno di birra, normale, non il tonico.
«Bene. Allora iniziamo subito i preparativi… partiamo, carro già carico con tutte le botti, all’alba. Prendete solo quello che vi è necessario durante il viaggio. Una volta giunti nella Capitale… o torneremo qui da vincitori ed io sarò Conte, oppure… Beh, inutile portarsi dietro tanta roba inutile, se poi passeremo a miglior vita!»
Il gruppetto lavorò alacremente per tutta la notte.
Partirono all’alba.
Il destino del mondo e della cultura Vichinga era nelle mani di Okir.
Lui, da semplice uomo, soldato e Vichingo, sentì l’enorme peso della Storia sulle proprie spalle.
Per quanto esse fossero muscolose e larghe, quel peso schiacciante era percepito distintamente dall’uomo.