Numero 17/2018
28 Aprile 2018
BERSERKER: Capitolo 9
Okir era coperto di sangue.
Ormai non ricordava più quante persone aveva trucidato durante la sua carriera di guerriero razziatore.
Ricordava a malapena i volti, o meglio le schiene, delle donne che aveva stuprato e che poi aveva venduto come schiave.
E per lui, il bottino più prezioso in un saccheggio erano, appunto, le donne.
Okir, infatti, considerava donne e ragazzine in età o quasi per poter generare figli, erano una merce assai rara e preziosa.
A parte la propria soddisfazione personale, il godimento nel perpetrare la violenza sulle schiave già in età adulta, esse erano una merce rara da cui ricavare molto oro!
Una schiava bella, ancora soda e non troppo in carne, valeva almeno cinque pezzi, ossia cinque oggetti d’oro, oppure tre spade.
Ma una ragazzina, vergine e graziosa, poteva valere molto di più!
Se fosse riuscito a schiavizzare, durante una sola stagione, cinque vergini giudicate di qualità, forse sarebbe riuscito a barattarle per una nave!
Una nave intera!
Nel mondo vichingo, chi possedeva una nave assurgeva ad un gradino elevato della società!
Sarebbe stato l’anello mancante tra il Conte ed il resto della popolazione!
Era una prospettiva estremamente allettante!
Okir era forse l’unico che aveva capito il reale valore della schiavitù ed era, infatti, l’unico che non vagava per la città conquistata con ceste o bisacce di pelle per contenere i preziosi trafugati.
Lui si aggirava con corde per legare le schiave!
E ne trovò una.
Bella, bellissima!
Bionda come mai aveva visto persona, i capelli quasi argentei che accecavano riflettendo la luce del sole, occhi azzurri come il ghiaccio.
I lineamenti estremamente fini, levigati…
non sembrava una rozza contadina, le cui mani erano sempre decorate di calli ed ascessi.
No, quella dama aveva un aspetto austero, quasi nobile!
Che fosse la principessa della città?
Che fosse una regina, oppure la moglie di un ricco mercante?
Le si avvicinò, il fare tronfio di chi si apprestava a possedere per sempre la poveretta.
Lei, le spalle al muro, per un attimo si appiattì alla porta della casupola che era chiusa, come se fosse stata sbarrata dall’interno.
Non vi era via di fuga per la giovane, se non quella che si stagliava alle spalle di quel colosso Vichingo.
Okir, vedendo che la giovane gli si stava lanciando contro, si piegò in aventi, in modo da essere più reattivo sulle gambe.
La giovane tentò di scartare a lato, senza riuscirci.
Il vichingo si era girato in tempo, con un lesto colpo di reni.
l’afferrò.
La mano di lui era grossa come l’addome di lei.
Con un gesto che sembrò per nulla faticoso, Okir la sollevò in un baleno, ponendola sulla propria possente spalla.
Lei si dimenò, nel vano tentativo di scappare.
Tuto inutile.
Okir fece due passi.
Lei sgusciava come una salamandra.
Il Vichingo, spazientito, decise di porre fine a quello spreco di energie che rappresentava reggere la fanciulla sulla spalla.
Con la stessa facilità con cui l’aveva issata su di sé, la scaraventò al suolo.
Il tonfo fu sordo.
Violento.
Traumatico.
Lo zigomo di lei sanguinante, con ogni probabilità un leggero trauma cranico l’aveva intontita.
Lui le legò i polsi e le caviglie con stretti nodi.
Iniziò a trascinare l’esile e grazioso corpo per tutto il villaggio.
La pelle bianca e delicata si graffiò.
«Avevi da stare tranquilla e buona» disse lui, guardandola con disprezzo, mentre le reni ormai scoperte dai vestiti, continuavano a graffiarsi sulla terra battuta.