Numero 39/2019
26 Settembre 2019
Kalevala, il poema epico finlandese con una dedica alla birra!
Mentre Randy Mosher in “Radical Brewing” ti spiega i concetti generali sull’acqua, ad un certo punto alla pagina 56, in basso a sinistra, due parole attirano il mio interesse. “Ancient” e “Saga”.
Lascio da parte i seppure interessanti pro e contro di certi minerali e inizio a leggere tuffandomi nel passato (molto passato). Inizia la ricerca per saperne di più!
Il Kalevala è un poema epico composto da Elias Lönnrot nella metà dell’Ottocento, sulla base di poemi e canti popolari della Finlandia (soprattutto in careliano, un dialetto strettamente correlato al finlandese).
“Kalevala” significa letteralmente “Terra di Kaleva”, ossia la Finlandia: Kaleva è infatti il nome del mitico progenitore e patriarca della stirpe finnica, ricordato sia in questo testo che nella saga estone del Kalevipoeg. Il Kalevala è dunque l’epopea nazionale finlandese.
Osmotar o Kapo è la dea finlandese della birra e una birraia donna. È stata responsabile della creazione della prima birra con l’aiuto di volpi, scoiattoli e martore. Si tratta di una fanciulla figlia dell’epico Kaleva, conosciuta per aver inventato il processo di fabbricazione della birra. Il personaggio compare nel poema al canto XX e in una affascinante favola si descrive la scoperta della fermentazione.
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Il tutto avviene quando ci si appresta ad allestire il banchetto nuziale per Ilmarinen ed una delle fanciulle figlie di Louhi, Kalevatar mostra il procedimento e l’accorgimento per far inacidire al punto giusto la bevanda:
«Osmotar, fabbra di birra, lei di birra conciatrice,
prese allora i semi d’orzo,
prese d’orzo allor sei semi
e di luppol sette cime,
d’acqua cinque romaiuoli;
mise il pentolo sul fuoco,
fe’ bollire la mistura,
fe’ così dall’orzo birra
nei veloci dì d’estate,
sulla punta nebulosa
presso all’isola nebbiosa,
in un vaso a nuovo fondo,
dentro un tino di betulla.»
Ma l’improvvisazione in cui si è spinta nel realizzare la sua migliore birra si rileva un fiasco.
« Cosa porterà l’effervescenza,
Chi aggiungerà l’elemento necessario,
affinchè la birra possa schiumare e scintillare,
fermentare ed essere deliziosa?»
Ma la brillante fanciulla Kalevatar assistita da altre vestali e piccoli animali dalla folta pelliccia, viente in soccorso. Lei prova con vari rimedi, partendo da coni di abete e rami di pino
«Ma non ha portato effervescenza,
E la birra era fredda e senza vita»
In realtà lei era molto vicina alla soluzione. In un libro di ricette del 18 secolo infatti si riporta che «Era pratica comune quella di torcere dei ramoscelli di nocciolo affinchè la superficie si presentasse con tante fessure. Successivamente questi pezzettini venivano immersi nei lieviti ale durante la fermentazione e quindi messi ad asciugare. A questo punto venivano immersi nel mosto al posto del lievito.»
La nostra eroina, subito dopo viene colta da un lampo di genio
«Raccogliere il lievito sulle dita,
Raccogliere schiuma dalle labbra rabbiose,
Dalle labbra degli orsi in battaglia…»
Quella della saliva non era una cattiva idea (lasciando perdere ovviamente il tentativo di suicidio nel “chiederla in prestito” all’orso). La saliva infatti è stata usata per millenni come una fonte di enzimi utili per la scissione dell’amido e microbi.
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Ma anche questo tentativo fallì fino a quando non arrivò la intuizione finale:
«Osmotar, produttrice di birra,
mise il miele nel liquore;
Kapo mescolò assieme la birra e il miele.
E la birra nuziale iniziò a fermentare;
La birra viva verso l’alto, verso l’alto,
Dal basso del recipiente,
verso l’alto nelle vasche di betulla.
Schiuma più alta, più alta, più alta,
Fino a quando toccò le maniglie di quercia,
Traboccando da ogni recipiente;
Al suolo schiumava e brillava,
affondando nella sabbia e nella ghiaia.»
Il matrimonio ebbe luogo e tutti poterono bere birra felici e contenti. Il miele selvatico infatti era ricco di lieviti raccolti dalle api che permisero alla fermentazione di avviare il processo.