Numero 22/2021
31 Maggio 2021
Banana & Banane: tutte le sfaccettature della tradizione africana
La birra è una delle bevande alcoliche più famose e più antiche. Siamo abituati a sentir parlare di birre ai luppoli, dall’articolata miscela di malti ed altri cereali, ma non di una birra alla banana: eppure, per quanto poco conosciuta, esiste.
Originaria di alcune zone dell’Africa orientale, la Pombe termine che, nella lingua swahili, si usa per indicare la birra, ha un gusto molto piacevole, è rinfrescante e ha un tasso alcolico che varia dal a 4,8 al 5,2 per cento.
In Ruanda, ad esempio, la birra di banana fa parte della tradizione enogastronomica: lì però è chiamata Urwagwa e tra i suoi ingredienti, oltre ai frutti gialli, c’è anche il miele Ubuki, considerato tra i più buoni di tutta la Terra Nera.
In ogni parte del mondo esistono diversi tipi di birra quindi non dovrebbe sorprendere più di tanto che alcune parti dell’Africa abbiano questa varietà della bevanda alcolica che, oltretutto, è molto apprezzata anche all’estero per il sapore dolce. Questo dimostra come la banana sia un frutto incredibilmente versatile: un ingrediente ideale non solo per dolci e per rimedi naturali ma anche per la preparazione di una delle bevande alcoliche più amate al mondo: la birra…di banana!
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Oltre alla produzione industriale, questa bevanda è preparata per il consumo personale, condivisa con amici e parenti, ma non per la vendita.
La fermentazione di questa bevanda avviene in una cisterna di legno ricoperto di foglie di banana. Il succo che deve fermentare è ottenuto mescolando (o pressando) banane mature con l’uso di erba (inshinge) che spesso cresce ai lati delle montagne.
Per preparare il succo, il birraio schiaccia energeticamente le banane nella cisterna con le mani e le foglie. Una volta che tutte le banane sono schiacciate, aggiunge acqua a sufficienza per diluire il livello di zucchero così da ottenere un contenuto di alcool tra il 5% e il 15%. Il birraio continua a mescolare il contenuto della cisterna (umuvure) e, al momento giusto, pressa la miscela di foglie e banane per estrarne il succo. A volte deve aggiungere acqua al residuo per estrarre qualsiasi succo ancora presente. Successivamente si distribuisce sopra al succo una preparazione di acqua e malto di miglio o sorgo (germogliato, leggermente tostato e macinato) chiamata mulolo o mujimbi, e il tutto viene poi ricoperto di foglie di banana e conservato in un luogo caldo per tre giorni.
Gli enzimi presenti nel miglio o nel sorgo germogliato permettono all’amido residuo nelle banane e nel malto di continuare il processo di fermentazione, che avviene grazie alla presenza del lievito (Saccharomyces cerevisae) e ai batteri lactobacilli.
Alla fine del processo di fermentazione l’urwagwa è nuovamente filtrata e deve essere consumata entro una settimana.
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Se miscelata ad altri prodotti la birra cambia nome; ad esempio, se si aggiunge del miele il prodotto diventa inturire.
Quando il succo utilizzato per preparare l’urwagwa è fermentato senza l’aggiunta di acqua, è noto come butunda.
Diversamente, quando il miele è aggiunto al succo di banana leggermente diluito prima che questo fermenti, la bevanda che ne deriva è chiamata inkangaza.
Oggi l’urwagwa e le bevande ad essa associate sono a rischio di estinzione a causa dell’introduzione di banane europee a scapito degli alberi di banana tradizionali e locali.
Le banane usate per questa bevanda possono essere di qualsiasi qualità, l’importante è che siano mature. Dapprima si ricava da esse l’umutobe, il succo fresco di banane, molto dolce e zuccherato. Questo non presenta gradazione alcolica, e può essere bevuto tranquillamente anche dai bambini.
Quando si lascia fermentare l’umutobe, esso diventa insongo, birra di banane. Questa è dolce e zuccherata, ma presenta un sapore molto forte, tra una birra affumicata e un concentrato di banane, e un’elevata gradazione alcolica.
Alcuni diluiscono l’insongo con dell’acqua, producendo così l’urwarwa, non zuccherata e meno alcolica della precedente.
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La birra di banane, in quanto bevanda appartenente alla tradizione, non viene consumata ogni giorno dai burundesi, ma durante le festività o in occasioni speciali come per esempio la festa della dote. Durante questa festa il futuro sposo si reca a casa della futura sposa con la sua famiglia per contrattare il “prezzo” della donna. Ogni invitato deve portare un omaggio alla casa, e in queste occasioni arrivano taniche e taniche di birra di banane. La parola è affidata ai vecchi saggi della famiglia, i due portavoce di ciascuna famiglia, e l’accordo viene raggiunto soltanto dopo un cerimoniale di botta e risposta che dura delle ore. Al termine di questo cerimoniale, concordato il fidanzamento, tutti gli invitati possono mangiare i cibi preparati dalle donne della casa e bere insieme l’insongo.
Quando sanno che c’è una festa della dote, i vicini accorrono numerosi per vedere se c’è della birra di banane anche per loro, e la famiglia la offre volentieri, poiché altrimenti andrebbe buttata, vista la grande quantità che ne arriva e la mancanza di frigoriferi. Gli uomini restano a berla all’esterno, mentre le donne si uniscono alle donne della casa, all’interno, nel luogo a esse riservato.
Un’altra bevanda che si beve durante feste come questa o altre occasioni speciali è l’impeke, la birra di sorgo, anch’essa prodotta in casa e fermentata naturalmente, ma meno diffusa dell’insongo, in quanto il sorgo è più difficile da coltivare rispetto alla banana. Per questo l’impeke è considerata una bevanda quasi sacra. I due promessi sposi, alla fine della contrattazione, suggellano il loro fidanzamento bevendo insieme, con l’apposita canuccia, dal vaso della birra di sorgo.
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Molti invece attendono che l’impeke stia per finire e si bevono il fondo, l’imvuzo, che rispetto alla birra risulta molto più dolce ma anche molto ubriacante.
Anche se, da un punto strettamente tecnico non risponde alla vera e propria definizione di birra, la scoperta e valorizzazione della cultura che sottointende la produzione ed il consumo di tali bevande sono importantissime nel contesto della tradizione degli alimenti spiritosi e da cui possono trarsi validi spunti per l’evoluzione delle caratteristiche di brassatura delle attuali birre artigianali.