Numero 17/2022
28 Aprile 2022
Birre analcoliche italiane: conosciamole meglio!
È vero, c’è da dire che, almeno in Italia, scontano un certo pregiudizio; però quello delle birre analcoliche è un segmento in ascesa, anche tra i consumatori di birra artigianale – che quindi cercano prodotti che mantengano una qualità ed una caratterizzazione tali da non far rimpiangere le birre artigianali “classiche”. Diverse sono infatti le ragioni che possono portare a cercarle: condizioni di salute (gravidanza, allattamento, assunzione di farmaci, patologie che rendono controindicato il consumo di alcol, necessità di controllare il peso, ecc), il doversi poi mettere alla guida, o semplicemente il desiderio di evitare quelli che sono i rischi connessi al consumo di alcolici. All’estero il segmento è più sviluppato, mentre in Italia è ancora poco battuto dai piccoli birrifici; esistono però alcuni progetti interessanti, e andremo qui a scoprirne un paio partendo dal più recente.
Si tratta della linea “Alcol Fri”, prima collaborazione tra il Birrificio L’Olmaia e Birra Salento; presentato lo scorso marzo a Beer Attraction e Hospitality Riva. Prevede la produzione di te birre – la Ipa Fripa, la Coffee Stout Coffri, e la Fruite Beer Friberry – dealcolate grazie ad un particolare ceppo di lievito; con l’intenzione dichiarata di dare a ciascuna una precisa caratterizzazione e una precisa personalità, così da rendere un punto di forza quella che potrebbe essere una pecca – ossia la necessità, per far lavorare correttamente questo lievito, di realizzare un mosto a basso contenuto di zuccheri; il che risulta giocoforza in un corpo esile.
Per ora è in produzione la prima della lista, la Fripa. Come facilmente intuibile date le premesse, si tratta di una birra che promette di essere fortemente caratterizzata dai luppoli americani: e senz’altro mantiene questa promessa, perché sin dal momento in cui si apre la lattina si è letteralmente inondati da tutta la rosa possibile immaginabile relativa a queste varietà – dagli agrumi, alla frutta tropicale, alle resine. Aromi che si tramutano poi in sapori, dato che il corpo – per l’appunto – esile viene sovrastato da una tale esuberanza; a meno di non aspettare che la birra si scaldi un po’, quando diventano più percepibili i toni di pane e finanche una nota di miele, a beneficio di un maggior equilibrio. Chiusura poi su un lungo e persistente amaro resinoso, che lascia l’impressione di aver annusato e bevuto luppolo a piene mani. Insomma, una birra che appunto mantiene quanto aveva promesso; superfluo specificare che devono piacere i luppoli americani – e in generale le birre sbilanciate verso il profilo aromatico e amarotico.
Resta quindi ora la curiosità di provare le altre, su cui – contando la presenza del caffè in un caso, e della frutta nell’altro – c’è del potenziale per ottenere dei risultati interessanti; così come interessante è il fatto che si tratti di un progetto che copre tre stili, dando un respiro ampio che può andare incontro a diversi gusti ed esigenze di consumo.
Se poi siete curiosi anche di sapere quale sia l’altro progetto di birre analcoliche, non vi resta che attendere la prossima puntata… (in uscita giovedì 5 maggio)