Numero 44/2017

2 Novembre 2017

Birre di tutti i giorni – Viaggio tra gli scaffali del supermercato: La Leffe

Birre di tutti i giorni – Viaggio tra gli scaffali del supermercato: La Leffe

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Tra le tante birre che occupano gli scaffali dei nostri supermercati, una delle più conosciute e delle più bevute anche da chi generalmente si limita a conoscere soltanto i marchi più noti, è sicuramente la Leffe.

 

Considerata da molti uno tra i migliori esempi di ales di un certo livello, nonostante la sua produzione industriale, l’origine di questa birra è da ritrovarsi nel Medioevo: scopriamone insieme la storia.

 

Tutto ha origine, come per molte altre birre belghe, da un’abbazia: nel 1152 venne infatti fondata l’abbazia di Notre Dame de Leffe, un quartiere tutt’ora esistente della città di Dinant, nella provincia di Namur, nel sud del Belgio, lungo il fiume Mosa.

 

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I monaci che vi abitavano facevano parte dell’ordine dei premostratensi, ed erano famosi tra i pellegrini per la loro grande ospitalità.

Proprio per alleviare la sete e gli affanni dei pellegrini che ogni giorno si presentavano alla loro porta, nel 1240 i monaci decisero di fondare un birrificio.

Distribuire acqua era pericoloso e sconveniente ai tempi: non venendo bollita, era il veicolo ideale per germi e batteri, ed era facilissimo ammalarsi anche gravemente, soprattutto di peste, che in quel periodo falcidiava la popolazione della zona. Quindi, per evitare di diventare loro stessi causa di nuove epidemie, i monaci di Notre Dame de Leffe decisero di produrre birra, bevanda rinvigorente, salutare e sicura, in quanto l’acqua veniva bollita durante la sua preparazione.

 

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La fama e l’attività birraria dell’abbazia di Leffe aumentarono esponenzialmente nel corso dei secoli, fino a raggiungere l’apice nel corso del 1700: all’interno del birrificio venivano occupati anche lavoratori esterni, non solo monaci; uno di loro provò a creare una nuova ricetta per una nuova birra da produrre all’esterno delle mura dell’abbazia. Il risultato fu talmente esaltante che i fedeli cominciarono a disertare la messa della domenica per passare il loro giorno di riposo a gustare la nuova birra: la cosa non fu gradita dall’abate, e nel 1740 proibì la nuova produzione.

Nel 1789, come conseguenza della Rivoluzione Francese, l’abbazia venne chiusa; i monaci se ne andarono e lo stesso birrificio chiuse i battenti, venendo successivamente distrutto.

Bisogna aspettare il 1929 affinché la vita torni a scorrere all’interno delle mura di Notre Dame de Leffe: piano piano si riprendono i ritmi monacali, e nel 1952 l’abate in carica, Abate Nys, decide di collaborare con Albert Lootvoet, proprietario di un birrificio di Bruxelles, per riaprire la produzione birraria all’interno del monastero, andando a recuperare la vecchia ricetta tramandata direttamente dal Medioevo, e creandone di nuove, per offrire una gamma più variegata di prodotti adatta a soddisfare i gusti di tutti. Si tratta del primo accordo della storia tra un birrificio artigianale e uno industriale, ormai comune ai giorni nostri.

Dopo qualche anno, la Leffe viene rilevata dal colosso belga Ab InBev, che ha allontanato la produzione dall’abbazia, ma si è impegnato a mantenere intatta la ricetta originaria della birra.

Ad oggi il marchio Leffe ha una gamma di undici birre, tutte più o meno reperibili nei nostri supermercati, alcune sempre presenti, altre commercializzate in base alla stagionalità.

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Ecco l’elenco completo:

  • Leffe Blonde: la birra della ricetta originaria, è leggermente speziata, secca e fruttata, e presenta un gusto pieno e vellutato (alcol: 6,6% vol.)
  • Leffe Brune – è più corposa rispetto alla Leffe Blonde, e meno fruttata (alcol: 6,5%).
  • Leffe Triple – dall’alto grado alcolico (8,6%), ha gusto deciso con accenni di arancia, vaniglia e limone, e risulta speziata nel retrogusto.
  • Leffe Radieuse – birra forte (alcol: 8,2%) dal sentore fortemente fruttato.
  • Leffe Vieille Cuvee – birra forte (alcol: 8,2%) ha un sentore più vellutato rispetto alla Radieuse.
  • Leffe Ruby– birra aromatizzata ai frutti rossi, con bassa gradazione alcolica (alcool 5%).
  • Leffe 9– dal colore ambrato, è la più alcolica della gamma (9% vol.)
  • Leffe Bière de printemps– birra stagionale estiva dal sentore fresco e beverino con basso tenore alcolico (6,6% vol.)
  • Leffe Bière de Noël– birra stagionale invernale (6,5% vol.)
  • Leffe Nectar– birra aromatizzata al miele (5,5% vol.)
  • Leffe Royale– birra bionda superiore (7,5% vol.)

Un’edizione speciale della Leffe Blonde è uscita in seguito ai disastrosi terremoti che hanno devastato il Centro Italia nel 2016: sono state prodotte 100 mila bottiglie dal packaging speciale con su scritto l’hashtag #leffepernorcia. Gli interi proventi della vendita di questa bottiglia in edizione limitata saranno totalmente devoluti ai monaci benedettini della cittadina umbra distrutta dal sisma del 26 ottobre scorso per poter costruire una cappella di legno da cui far ripartire la vita monastica e religiosa della comunità.

 

A Dinant, la città belga che ha visto nascere l’abbazia di Notre Dame da cui è iniziata questa storia secolare, è possibile anche oggi visitare il museo della Birra Leffe.

 

Si conclude un’altra tappa del viaggio tra le birre di tutti i giorni. Al prossimo appuntamento!

 

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Alessia Baruffaldi
Info autore

Alessia Baruffaldi

“Ero una quasi astemia qualsiasi, fino a quando, alla “tenera” età di 23 anni, ho fatto conoscenza con una giraffa di Augustiner Oktoberfest…”

Nasce così la mia passione per la birra, più o meno 7 anni fa. E da allora non si è più fermata.
Solitamente, le donne si emozionano e si entusiasmano di fronte ad un negozio di vestiti, di scarpe, di profumi… Io mi entusiasmo davanti ad una libreria, a qualsiasi cosa che raffiguri dei gufi o la Scozia… e davanti ad uno scaffale pieno di bottiglie di birra!
E’ più forte di me, appena entro in un supermercato, vado subito in direzione del reparto birre, che solitamente viene sempre diviso dal reparto “vini&liquori”, e proclamo il mio insindacabile giudizio: in questo supermercato vale la pena che io ritorni?
Comincio a passare in rassegna ogni cambio di colore delle etichette, ed esploro, esploro, esploro.
A volte con piacevolissime sorprese e scoperte di nicchia, e quando poi esco dalla cassa con 4-5 bottiglie mi sento soddisfatta e felice come una bimba che ha svaligiato un reparto di caramelle, o una fashion-addicted che ha trovato un paio di Louboutin al 90% di sconto.
Stessa sorte tocca ai locali che frequento: come decido se vale la pena ritornarci? Semplice! Do un’occhiata al listino delle birre che propongono alla spina o in bottiglia e, se possibile, faccio una perquisizione visiva diretta del frigo. Se tengono solo birre da supermercato, prendo un’acqua frizzante, e mentalmente pongo un bollino sulla porta dello sventurato pub con scritto “MAI PIU’”.
E’ decisamente snob come cosa, lo so, ma è più forte di me.
Ormai tra i miei amici sono considerata LA “birramaniaca” (anche se c’è chi beve molto più di me!). Vedono la passione che ci metto nel provare gusti nuovi, nell’informarmi sui vari birrifici, nel collezionare le bottiglie delle birre che ho assaggiato (al momento sono circa a 280, ma sarebbero molte di più se ogni volta che vado in un pub poi avessi il coraggio di chiedere di portarmi via il vuoto a perdere, ma non è molto carino girare fuori da un pub con una bottiglia di birra vuota in mano senza sembrare un’ubriacona!), leggo, sperimento, cerco di partecipare al maggior numero di fiere birrarie che la distanza (e ahimè,il mio portafogli) mi permettono…

Insomma, coltivo più che posso questa mia passione, forse un po’ insolita per una ragazza, ma che ci posso fare se mi trovo più a mio agio tra gli scaffali di un beer shop, piuttosto che in un negozio di vestiti?
Per questo ho aperto da qualche mese un mio blog sul fantastico mondo della birra artigianale (avventurebirrofile.altervista.org), supportato dalla pagina Facebook de Le avventure birrofile della Ale.