Numero 13/2022
31 Marzo 2022
Boza: una antica birra dimenticata
La Boza, detta anche Bosa, è una bevanda fermentata popolare in Turchia, Kazakistan, Kirghizistan, Albania, Bulgaria, Macedonia, Montenegro, Bosnia-Erzegovina, parti della Romania, Serbia, Ucraina, Polonia e Lituania.
È una bevanda di malto, originariamente a base di miglio, ingrediente base ancora usato (insieme al grano) in Bulgaria e Romania: si produce anche con mais e grano in Albania, e con grano fermentato in Turchia. Essa possiede una bassa gradazione alcolica (di solito circa l’1%), anche se in passato probabilmente si avvicinava molto di più al concetto di una birra non luppolata.
La determinazione accurata dell’origine della boza è difficile, poiché bevande alcoliche a base di miglio erano già note ad alcune civiltà antiche, come i Babilonesi e gli Egizi.
Nell’impero ottomano, la produzione di Boza era un’importante attività commerciale, e furono fondati molti locali di produzione e di consumo (chiamate Bozahâne). Lo scrittore di viaggi ottomano Evliya Çelebi, il quale percorse quasi in tutto il mondo allora conosciuto, ha spiegato nel primo volume (“Istanbul”) del suo Seyahatname (“Diari di viaggio”), che solo a Istanbul c’erano 300 negozi di boza che impiegavano oltre un migliaio di persone. La boza era anche la bevanda preferita dei giannizzeri. La bevanda conteneva solo un basso livello di alcol, quindi fintanto che non veniva consumato in quantità sufficiente a causare ubriachezza, era tollerato come bevanda per riscaldare e rinforzare i soldati. Ancora Evliya Çelebi scrive: “Questi produttori di boza sono numerosi nell’esercito: bere abbastanza boza per provocare l’intossicazione è peccaminoso ma, a differenza del vino, in piccole quantità non è condannato.” In tempo di guerra, un Bozacı – il produttore di boza – seguiva sempre le truppe e quindi ne assicurava la fornitura. Sotto Selim III venne lanciata sul mercato una versione con oppio, la cosiddetta “boza tartara”: a questo proposito, sempre Evliya Çelebi racconta di persone divenute dipendenti a causa della Boza, le quali “non venivano mai morse da cani randagi”, perché avevano sempre con sé un bastone da passeggio a causa della loro andatura instabile.Sotto Mehmed IV, tutte le bevande alcoliche, comprese quelle a basso tenore di alcol come la Boza, vennero vietate, anche se senza successo. Il sultano inoltre fece chiudere tutti i negozi di boza. Questo divieto venne rafforzato e poi allentato più volte nel corso della storia dell’impero.
Con il dominio ottomano, la Boza arrivò nei Balcani, soprattutto in Bulgaria e Romania dove è conosciuta rispettivamente come боза e bragă. Prima della diffusione dei negozi di dolciumi bulgari (Sladkarnitsa), dove la Boza veniva spillata da grandi contenitori in capaci bicchieri, i venditori ambulanti di Boza erano diventati parte di ogni strada cittadina. Poiché molti di questi venditori ambulanti erano albanesi, in Bulgaria si crede che la Boza sia una bevanda albanese. Nella città bulgara di Radomir, che nel XVIII secolo era uno dei centri della produzione di Boza, c’è un monumento in onore dei venditori ambulanti di Boza.
Anche nelle province ottomane mediorientali come per esempio l’Egitto si consumava Boza. Qui essa viene prodotta in parte con una maggiore percentuale di alcol (fino al 7%), e a volte viene chiamata Boza una bevanda simile a base di liquirizia.
Nel diciannovesimo secolo, la boza dolce e non alcolica preferita nel palazzo imperiale ottomano divenne sempre più popolare, mentre il tipo aspro e alcolico di boza passò di moda.
Una bevanda da riscoprire nella sua autenticità…chissà magari non possa conquistare la passione di qualche beerlover!