Numero 22/2018
30 Maggio 2018
Da Udine la Birra dell’Università!
Pochi lo sanno, ma l’Università di Udine è stata la prima in Italia ad attivare, nel “lontano” 1982, il primo corso di tecnologia della birra; nonché l’unica a dotarsi – dopo un primo impianto sperimentale nel 2001, a cui ne è seguito un secondo lo scorso anno – di una micromalteria da 500 kg, attiva dal 2016. E ora è anche la prima ad avere sul mercato una propria birra, prodotta in collaborazione con Baladin. Lo scorso 18 e 19 aprile infatti gli studenti del prof. Stefano Buiatti, lo stesso che ha avviato il corso quasi quarant’anni fa, si sono recati in visita allo stabilimento di Piozzo; e lì hanno fatto una cotta da 5000 litri della loro amber ale, volutamente ancora senza nome. L’idea è infatti quella che sia una birra “a marchio università”, e che gli studenti di ciascun anno realizzino la propria ricetta, cambiando soltanto il colore dell’etichetta.
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La birra sarà pronta per essere stappata soltanto a giugno – il lancio ufficiale è previsto per il 21 giugno all’Open Garden di Baladin a Piozzo –, ma già il 17 maggio il prof. Buiatti, Teo Musso e Stefano Bertoli – già parte del gruppo di ricerca udinese di Buiatti, ed ora birraio a Baladin – hanno presentato insieme agli studenti la nuova creazione. Si tratta appunto di una amber ale di 5,6 gradi alcolici e 14,3 gradi plato, malti amber e caramel, luppolo magnum in amaro, cascade in aroma, e mittelfruh e cascade in dry hopping. Le materie prime sono interamente italiane, provenienti dai luppoleti di Baladin e dai campi d’orzo e dalla malteria dell’ateneo; a conferma di una sintonia tra l’Università e Teo Musso nel porre l’enfasi sul made in Italy, lavorando sulla filiera locale – l’una in Friuli, l’altro in Piemonte. Del resto, Buiatti ama definire Udine «capitale della birra in una terra di vino; una città che ebbe ben due stabilimenti birrari attivi in pieno centro, la fabbrica di birra Moretti e lo stabilimento della birra Dormisch, che hanno determinato nelle loro storie, lunghe oltre un secolo, un forte legame della città e del Friuli con la birra».
Il progetto non rientra solo nell’approccio di didattica collaborativa che l’ateneo, come ha ricordato il direttore del dipartimento di scienze agroalimentari Paolo Ceccon, persegue; ma costituisce un seme di startup brassicole, in quanto la birra sarà regolarmente immessa sul mercato – in alcuni locali udinesi, presso l’azienda agricola dell’Università, e nel circuito degli Open Baladin. Chissà quindi, hanno auspicato, che possa servire da spunto imprenditoriale ai giovani studenti del corso di laurea in scienze e tecnologie alimentari – all’interno del quale è inserito l’insegnamento di tecnologia della birra.
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Ora nei progetti dell’Università c’è la realizzazione di una cotta all’anno, secondo le ricette elaborate dagli studenti; ma, ha osservato il direttore generale dell’ateneo, Massimo Di Silverio, il percorso potrebbe coinvolgere anche altre produzioni locali – su tutte i formaggi – per pensare a dei veri e propri abbinamenti cibo-birra a “marchio UniUd”.
Del resto, l’Università ha sempre avuto un occhio di riguardo per il territorio friulano, e non solo in virtù delle collaborazioni con l’Ersa (l’agenzia regionale per lo sviluppo rurale) per la ricerca sulle materie prime: il prof. Buiatti, interpellato a margine della conferenza, ha infatti affermato di non escludere che la micromalteria dell’ateneo si possa aprire ai piccoli birrifici artigianali locali, che sempre più spesso coltivano il proprio orzo ed hanno quindi necessità di maltarlo – dovendosi di conseguenza recare quantomeno in Austria, fortunatamente confinante, ma comunque meno agevole rispetto ad una malteria locale. Che dire: se son rose fioriranno, se son birre finiranno, citando la nota gag…