Numero 49/2024
7 Dicembre 2024
Bosman Browar Szczecin
Tratto da La birra nel mondo, Volume IV, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Szczecin/Polonia
Birrificio della Pomerania Occidentale, nella città portuale dal nome italiano di Stettino. Bosman (che vuol dire “nostromo”, per la vicinanza al mare dell’impianto) è invece il suo marchio di punta.
Fu fondato nel 1848 da Juliusz Albrecht Weidmann. Alla sua morte, la gestione del birrificio passò alla moglie e al figlio Gustav che, nel 1861, lo vendette a Julius Bohrisch.
Ribattezzato col nome del nuovo proprietario, il birrificio arrivò al 1945 col nome di Bohrisch Brauerei AG per essere stato trasformato, nel 1904, da azienda di famiglia in una società per azioni.
Divenne quindi un’impresa di proprietà statale che, nel 1992, fu trasformata in una società a partecipazione unica della tesoreria statale, Bosman Browar Szczecin.
Nel 1997 fu rilevata dal gruppo tedesco Bitburger che ne fece la propria filiale polacca di rilievo nazionale. Occorsero però milioni e milioni di marchi per modernizzare uno stabilimento ridotto al totale stato di fatiscenza.
Nel 2001 entrò a far parte del gruppo Carlsberg Okocim SA, rinominato nel 2004 Carlsberg Polska. L’anno dopo la produzione annua stabiliva il record di un milione di ettolitri.
Bosman Full, lager di colore dorato chiaro (g.a. 5,7%). Con una media effervescenza, la schiuma bianca sbocca fine, spessa, cremosa, di buona allacciatura e sufficiente tenuta. L’aroma è quasi assente: a malapena si riescono a percepire sentori di miele e di arancia, peraltro infastiditi da un luppolo alquanto speziato. Il corpo medio tende al leggero, in una consistenza decisamente acquosa. Anche il gusto si propone in una certa neutralità, con una debole base di malto e un luppolo nelle precarie vesti di “attento” equilibratore, nel caso peraltro remoto di bisogno del suo amarore. Timidissimo, il finale reca qualche secca nota erbacea, perdendosi rapidamente tra le sfuggenti impressioni del retrolfatto, più metalliche che amaricanti.
Bosman Specjal, pilsener di colore dorato chiaro (g.a. 6,6%). La carbonazione è piuttosto sostenuta; la schiuma bianca, minuta e cremosa, risulta però alquanto scarsa e di rapida dissoluzione. L’aroma si apre quasi in sordina per mantenere invece una buona durata: malto dolciastro e luppolo fresco, in primo piano e in secondo, fieno, mais, foglie, esteri fruttati, cartone umido; intanto che l’alcol infervora delicatamente il bouquet. Il corpo medio tende decisamente al leggero, in una consistenza abbastanza acquosa. Nel gusto, una lieve acidità e un amaro a malapena percettibile consentono il deflusso ai limiti della neutralità, permettendo all’etanolo di esaltarsi, adesso, in una calda propensione per l’amabilità. La secchezza del corto finale ripulisce il palato del minimo residuo zuccherino, predisponendo lo sfuggente retrolfatto alle sue amare suggestioni luppolizzate.