Numero 29/2023
22 Luglio 2023
Brouwerij Urthel: il giovane birrificio belga
Tratto da La birra nel mondo, Volume V, di Antonio Mennella-Meligrana Editore</strong
Ruiselede/Belgio
Hildegard (Odette) Overmeire, laureata in ingegneria industriale con specializzazione in tecnologia della birra presso il KAHO Sint-Lieven a Gand, dopo diversi anni d’insegnamento privato e altri incarichi per birrifici, nel 2000 decise, insieme al marito, Bas van Ostaden, fumettista ed esperto di marketing, di mettere su una beer firm, con il nome Beer Company Brouwerij De Leyerth.
Inizialmente la produzione avvenne presso gli impianti della Brouwerij Van Steenberge. Nel 2006 fu invece trasferita nella Bierbrouwerij van Konigshoeven, mentre la sede amministrativa rimaneva in Belgio.
Nel 2011 infine i coniugi acquistartono un microbirrificio a Ruiselede, nelle Fiandre Occidentali, battezzandolo Brouwerij Urthel e utilizzandolo per le sperimentazioni, mentre la produzione rimaneva a Berkel-Enschot.
E le birre, prodotte in conformità all’autentica arte brassicola fiamminga, sottolineata peraltro dalle inconfondibile etichette di Bas con gli Erthels in bella mostra di sé, continuavano a mietere prestigiosi premi internazionali.
Purtroppo, nel 2012 il marchio venne acquistato da Swinkels Family Brewers. Dal 2017 infine la produzione delle Urthel passò addirittura presso la Palm Belgian Craft Brewers di Steenhuffel, rilevata anch’essa nel 2016 dall’ex Bavaria Brouwerij.
Ma Hildegard non se n’è stata con le mani in mano. Il suo ex microbirrificio ora si chama De Hoppeschuur Food and Brewery, con produzione di birra, ristorante, sala di degustazione, seminari sull’attività brassicola.
Urthel Saisonnière, saison di colore dorato e dall’aspetto lievemente velato (g.a. 6%); condizionata in bottiglia e filtrata in fusto. Utilizza il 20% di frumento. Elaborata nel 2009, l’anno successivo, al World Beer Award, ottenne il premio di “Europe Best Seasonal Pale Ale”. Con una media effervescenza, la schiuma bianca sbocca enorme, sottile, quasi pannosa, stabile e aderente. L’aroma è intenso, pulito, gradevole, anche un po’ pungente, con sentori di miele, cereali, banana acerba, buccia di mela, luppolo erbaceo e, soprattutto, lievito speziato dall’accento pepato. Il corpo medio tende al leggero, in una consistenza particolarmente acquosa. Nel gusto, l’imbocco dolce richiama malto, cereali, miele, crosta di pane; seguono banana matura, albicocca, pesca gialla, intanto che si levano note aspre di scorza d’agrumi, amare di luppolo floreale, rustiche e fresche di acidità. La meticolosa secchezza del finale lascia il palato compiutamente pulito. Rimane un discreto retrolfatto piacevolmente amarognolo, dalle sensazioni erbacee e di scorza di pompelmo. Questo, il consiglio del birrificio per gustare al meglio il prodotto: prima, versare metà della bottiglia; poi, agitare abbastanza vigorosamente la bottiglia per far sollevare il lievito dal fondo; infine, versare il resto.
Urthel Hop-it, belgian strong golden ale di colore dorato e dall’aspetto quasi limpido (g.a. 9,5%); nata nel 2005. Segue lo stile delle birre IPA, utilizzando tre varietà di luppolo europeo. La carbonazione è particolarmente vivace; la schiuma bianca, ricca, solida, pannosa, straordinariamente durevole e aderente. Scorza di arancia e di limone, pane tostato, miele, nonché delicati sentori floreali e terrosi, allestiscono un bouquet olfattivo di gradevole finezza che si esaurisce con un netto taglio speziato dall’accento medicinale. Il corpo, da medio a pieno, ha una densa consistenza zuccherina parecchio appiccicosa. Nel gusto, l’imbocco reca tutta la dolcezza della pesca e dell’albicocca; poi cominciano a farsi strada le note amare del luppolo erbaceo, sempre più intense… e si perviene a un lungo finale dolceamaro, in cui si riconosce chiaramente l’equilibrio della strong ale belga nelle vesti della luppolizzata IPA europea. Piuttosto corto, ma carico di sensazioni erbace e leggermente speziate si rivela invece il retrolfatto, che si accomiata con un soave richiamo di miele.
Delle sette birre prodotte in passato, ne sono rimaste soltanto tre, le due appena recensite e:
Urthel Samaranth, abbazia quadrupel di colore marrone scuro con lieve sfumatura bordeaux e dall’aspetto opaco (g.a. 11,5%). Esordì il 5 settembre 2002, al posto del tradizionale vino per il matrimonio di Hildegard e Bas, lasciando, si narra, gl’invitati a bocca aperta. E, inevitabilmente, entrò in produzione stabile. La carbonazione è piuttosto sostenuta; la schiuma nocciola, imponente, sottile, cremosa, di buona tenuta e allacciatura. D’intensità molto elevata, l’olfatto non sarebbe non potuto risultare di elegante finezza: ricco di malto tostato, toffee, frutta secca e candita, zucchero di canna, miele, scorza d’agrumi, caramello, lievito belga, cioccolato fondente, melassa, quercia, rum e cognac; nonché pepe, cannella e zenzero, tra le spezie. Il corpo pieno ha una liscia consistenza oleosa. Il gusto è pieno e deciso ma, insieme, morbido e vellutato. Il sapore, molto dolce, viene controbilanciato dalle spezie, al centro del percorso e più in là, dal delicato amarore del luppolo. Da parte sua, l’alcol, ben nascosto all’inizio, va sempre più intensificandosi, sin a rivestire il finale di dolcezza zuccherina secca e calda. La stessa dolcezza, ora però di torta alla frutta, emerge nel retrolfatto dopo qualche forzato accenno amaro. Da considerare senz’altro un’ottima birra da meditazione, con la complessità caratteristica della tipologia.