Numero 11/2024
11 Marzo 2024
Il giro del mondo in… tante birre: Burundi
Il Mal d’Africa ormai ci ha contagiato, il Giro del Mondo in Tante Birre rimane nel continente per farci conoscere la regione dei Grandi Laghi, attraverso la storia del Burundi.
Il nome significa la “Terra di chi parla Kirundi”, la lingua ufficiale del Paese che presenta una particolarità singolare: non prevede l’uso dell’articolo.
Il Burundi è ancora oggi dilaniato da lotte di potere e sanguinosi conflitti etnici la cui radice si può far risalire alla fine del 1800 quando Germania prima e Belgio poi, hanno occupato il suo territorio. Per gestirne meglio l’assetto, secondo le credenze dell’epoca, si è scelto di avvantaggiare un’etnia (Tutsi) rispetto alle altre esistenti (Hutu e Twa). Sono nate così tensioni e rivendicazioni non ancora risolte, nonostante la conquista dell’indipendenza nel 1962. I colpi di stato si ripetono ciclicamente da circa 60 anni, corredati da violenze e torture. Questa situazione ha fatto scattare, negli anni, sanzioni economiche da parte degli Stati Uniti ed Europa.
Tutto questo, insieme ad un alto tasso di corruzione, rendono il Burundi uno dei Paesi più poveri al mondo. Circa l’80% della popolazione vive con 1 euro al giorno. La quasi totalità delle persone vive in aree rurali e si occupa di agricoltura ed allevamento.
Il territorio si sviluppa ad un’altitudine media di 1700mt. s.l.m. Questo evita il propagarsi di malattie parassitarie e consente, addirittura, doppi cicli di colture. Ma nonostante queste condizioni climatiche favorevoli, il livello di denutrizione è altissimo. Il Burundi è, infatti, il secondo Paese africano per densità di popolazione. E, negli anni, il rientro dei profughi, al termine dei vari conflitti, ha contribuito all’aumento della pressione demografica e al conseguente eccessivo sfruttamento dei terreni.
Dal 2019, Gitega torna ad essere la capitale, al posto di Bujumbura, dopo esserlo già stata durante il Regno del Burundi fino al 1966. La sua posizione più centrale assume anche un significato simbolico di appartenenza e unione.
LA STORIA DELLA BIRRA IN BURUNDI
In questo Paese le birre tradizionali sono ancora molto presenti e molto consumate. Tantoché la birra si può definire la bevanda nazionale. Le due birre tradizionali più diffuse in Burundi sono prodotte con banane e con sorgo.
Quella a base di banana si chiama “insongo” ed è prodotta, solitamente, utilizzando banane da birra, cioè varietà non gradevoli al gusto, dalla forte componente astringente. Negli ultimi anni, però, vengono preferiti frutti più commestibili e gustosi.
Si raccolgono le banane ancora verdi e per farle maturare più velocemente si ricorre anche all’affumicatura che dona una particolare aromaticità al prodotto finito. Quindi, si estrae il succo (l’“umutobe”, bevuto anche dai bambini) a cui vengono aggiunti acqua e sorgo rosso tostato. La fermentazione avviene in un contenitore coperto di foglie di banano e da origine ad una birra dolce, dall’elevato tenore alcolico.
La birra prodotta con sorgo (rosso o bianco) è detta “impeke” ed ha una gradazione alcolica bassa. In passato era la bevanda consumata dalla corte reale e dalla nobiltà e veniva consumata durante i rituali e le celebrazioni. Ancora oggi è tipica dell’area orientale del Burundi dove il banano stenta a crescere. L’aspetto celebrativo si è conservato nel tempo, anche ora la birra al sorgo viene spesso consumata in occasioni speciali (fidanzamenti, matrimoni, funerali…). È servita in zucche cave e bevuta con cannucce, ha un sapore acidulo.
La storia delle birre moderne, qui in Burundi, inizia, invece, a metà degli anni ’50 del Novecento, grazie all’arrivo di investitori dell’allora Congo Belga, oggi Repubblica Democratica del Congo.
I 2 BIRRIFICI PIU IMPORTANTI DEL BURUNDI
Ad oggi, sul territorio burundese, sono presenti solo due birrifici di stampo industriale che propongono oltre alle classiche Lager di stampo tedesco, anche altre produzioni realizzate con ingredienti tipici.
– Il primo birrificio del Burundi: BRARUDI BREWERY
Birrificio fondato nel 1955 dal gruppo congolese “Brasseries de Leopoldville” con il nome di “Brasserie du Ruanda-Urundi”. La sede è nell’odierna città di Bujumbura sulle sponde del lago Tanganica. Dopo l’indipendenza, nel 1963, il birrificio diventa proprietà di una società burundese e cambia il nome in “Brasseries et Limonaderies du Burundi” (BRARUDI). Pochi anni dopo amplia la produzione imbottigliando anche la Coca-Cola. Nel 1975 lo Stato entra a far parte degli azionisti.
Nel 1982 il colosso Heineken diventa l’azionista di maggioranza. Ad oggi Brarudi continua ad essere il più grande birrificio del Paese, producendo anche bevande al malto e il marchio Amstel.
PRIMUS: è la birra del Burundi, la più venduta. Una Lager chiara facile da bere, dal carattere maltato, con i luppoli in secondo piano. Gradazione alcolica: 5%
PRIMUS BLACK: la versione Dark della precedente con note maltate più torrefatte. Gradazione alcolica: 5,3%
NYONGERA: birra chiara a bassa fermentazione prodotta con il 100% di ingredienti locali come il sorgo che dona una nota acidula alla bevuta. Gradazione alcolica: 5%
– Il birrificio del Burundi più legato al territorio: BURUNDI BREWERY
Aperto nel 2012 da un gruppo di investitori locali, nella città di Ngozi. L’obiettivo principale è sempre stato quello di migliorare la vita della popolazione locale utilizzando materie prime del territorio. Da ciò deriva un importante indotto per le famiglie impiegate nel settore primario. La produzione di bevande, infatti, si basa sull’utilizzo di frutta, come banane e ananas, per immettere sul mercato sia birre che succhi. Fondamentale è anche il ramo che si occupa di imbottigliare acqua minerale.
SOMA: birra chiara prodotta con banane e senza zuccheri aggiunti, dove la nota fruttata è protagonista. Gradazione alcolica: 6%
BURYOHE: birra chiara a bassa fermentazione con zucchero raffinato aggiunto, pensata per soddisfare tutti i palati e tutte le tasche. Gradazione alcolica: 4,5%
Anche in Burundi, come in altri Paesi africani fin qui esplorati, la tradizione birraria non deriva solo dall’influenza straniera, ma affonda le proprie radici in un lontano passato. Bello scoprire che le birre tradizionali non sono state cancellate dall’arrivo di quelle industriali e che ancora oggi rivestono un ruolo centrale nella vita dei burundesi.
Alla prossima pinta!
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Le foto delle etichette sono gentilmente concesse dal collezionista Mario Bughetti:
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