Numero 32/2024

10 Agosto 2024

The Bruery

The Bruery

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Tratto da La birra nel mondo, Volume IV, di Antonio Mennella-Meligrana Editore

Placentia, California/USA
Microbirrificio nella Orange County.
Patrick Rue praticava l’homebrewing fin da quando studiava legge, nel garage della casa che la Santa Clara University gli aveva messo a disposizione, unitamente alla moglie Rachel. E lui non perdeva l’occasione per far conoscere la propria birra nelle feste universitarie dove scorrevano a fiumi le solite lager industriali.
Terminati gli studi, cercò invano lavoro presso diversi studi legali. Avrebbe potuto mettersi insieme al padre, un agente immobiliare; ma finì per farsi coinvolgere dall’idea di abbracciare l’arte brassicola.
Girò un po’ per i vari birrifici californiani in cerca di idee e consigli pratici. Infine, nel 2008, la decisione di compiere il “grande passo”, insieme alla moglie e all’amico Tyler King. Anche quest’ultimo aveva appena terminato il college, ma già a 18 anni lavorava la sera in un brewpub. Il nome del birrificio invece, Bruery, è un incrocio tra il cognome Rue e la parola brewery.
Il primo fusto di birra fu venduto nel maggio del 2008. Per l’occasione The Bruery organizzò un concorso per homebrewer con l’intento di produrre la vincitrice come prima birra ufficiale. Doveva essere insomma una produzione one-shot, la Levuds, una strong ale dalla gradazione alcolica molto sostenuta (11%), comunque dalla grandissima bevibilità. Invece, anche grazie al blog di Patrick, che era diventato molto popolare tra gli homebrewer e gli appassionati di birra, la quantità prodotta andò a ruba, incoraggiando il birrificio ad andare avanti.
In capo a un anno, The Bruery poteva contare su ben 12 giovani volenterosi e motivati, compresi i tre soci fondatori. Intanto si delineava vieppiù la sua inclinazione, non per le luppolizzatissime IPA tipiche della West Coast, bensì per le più famose saison belghe.
Nel giro di pochi anni diventò una realtà di rilievo internazionale: accanto alle saison, nascevano birre acide e invecchiate in botte, nonché birre sperimentali, assolutamente originali con utilizzo di ingredienti sempre nuovi.
Nel 2010 The Bruery aprì, nel centro di Orange, The Provisions, un negozio con ampia selezione di specialità alimentari, formaggi e cioccolata, da consumare in loco in abbinamento alle birre. E, per tal negozio, creò un’apposita linea di birre, chiamata The Provisional Series, in vendita sempre solo in loco.
All’inizio del 2013 The Provisions venne chiusa, volendo il birrificio concentrarsi esclusivamente sulla produzione di birra. Nello stesso periodo fu inaugurata una più ampia e rinnovata tasting room all’interno di The Bruery.
Nell’estate del 2014 veniva annunciata la nascita, anch’essa dotata di taproom, di una costola di The Bruery, la Bruery Terreux, un marchio completamente dedicato alla produzione di birre acide e fermentazioni spontanee. Con location però a Anaheim, qualche chilometro di distanza. I brettanomiceti infatti vengono chiamati anche “lieviti selvaggi” per il loro carattere indisciplinato, quindi non possono essere usati nello stesso ambiente in cui viene prodotta la birra “normale”, se non col rischio di una contaminazione batterica.
L’anno successivo divenne operativo il marchio Terreux, sotto la direzione di Jeremy Grinkey, un appassionato di birra ma proveniente dal mondo del vino. Mentre il mosto prodotto presso The Bruery, per l’inoculazione dei lieviti selvaggi, la fermentazione, l’eventuale invecchiamento in botte e l’imbottigliamento, viene tuttora trasferito a Anaheim.
Nel 2017 The Bruery cedette la propria maggioranza alla società di private equity Castanea Partners di Boston per recuperare i capitali necessari da investire in un’ulteriore crescita.
Oggi il birrificio, a fronte di una capacità potenziale che supera i 40 mila, produce 17 mila ettolitri all’anno. E dispone di una collezione di circa 5 mila botti in rovere dove invecchia quasi la metà della birra prodotta, prendendo sapori che ricordano la campagna belga e i classici distillati americani. Mentre la gamma annovera circa 900 etichette, comprese ovviamente quelle ormai fuori produzione.
C’è da ricordare poi che The Bruery fu uno dei primi ad attivare negli Stati Uniti un cosidetto Membership Program: i soci che vi aderiscono hanno la certezza di ottenere un determinato numero di birre difficilmente reperibili, mentre il birrificio si accaparra il pagamento della birra che ancora non ha prodotto.
Il primo club, chiamato Preservation Society, a costo variabile trimestrale di 50-70 dollari (a secondoa delle birre, della spedizione a dominicilio o del ritiro in persona) garantisce tre birre con prezzo scontato del 10% rispetto al listino: una birra invecchiata in botte di bourbon, una acida e invecchiata in botte, una sperimentale.
Con 295 dollari all’anno invece si accede al club Reserve Society. Qui si può scegliere fra tre pacchetti: 14 bottiglie di birre “barrel aged & sour”, 12 bottiglie di “barrel aged” o 25 bottiglie solo “sour” (di Bruery Terreux).
Infine il club Hoarders Society, al quale vengono invitati i potenziali clienti disposti a fare autentiche pazzie: con 700 dollari all’anno si ottengono una quarantina di bottiglie, alcune prodotte in esclusiva, insieme a merchandising (bicchieri, apribottiglie, borse, spille, ecc.).
Per la Bruery Preservation Society, uscì per la prima volta nel dicembre del 2011 la Smoking Wood (una imperial porter affumicata, g.a. 10%), che dopo pochi mesi venne commercializzata anche invecchiata in botti di quercia che avevano ospitato bourbon (Bourbon Barrel, g.a. 13%). La birra ottenne un buon successo e cominciò a essere prodotta una volta l’anno con leggere variazioni dovute alle diverse botti che il birrificio riusciva a recepire. Nel 2014 ne uscirono addirittura, in contemporanea, due versioni: la Rye Barrel (g.a. 13%), invecchiata in botti che avevano ospitato Rye Whiskey, e la Bourbon Barrel (g.a. 14%), che aveva riposato invece in botti di quercia ex bourbon. Infine l’intera gamma venne abbandonata, e oggi viene prodotta soltanto la The Bruery Smoking Wood-Molé (g.a. 13%), invecchiata in legno con aggiunta di spezie e peperoncini messicani tradizionali molé.
The Bruery The Grade, baltic porter di colore praticamente nero impenetrabile (g.a. 7,6%); elaborata nel 2016 per la Preservation Society. Utilizza sciroppo d’acero e trigonella. La carbonazione è piuttosto bassa; la schiuma moca, ricca e minuta, compatta e cremosa, di notevole durata. L’aroma, pulito e intenso, propone, nella sua straordinaria complessità, malto, caramello, biscotto tostato, caffè, melassa, crosta di pane nero, sciroppo d’acero, cacao, frutta secca scura, zucchero di canna, liquirizia, lievito fruttato e, più in sottofondo, luppolo terroso, erbe, cuoio, tabacco, fumo, carbone, fieno greco, pepe, tostature. Il corpo, medio-pieno, ha una consistenza decisamente oleosa. Con elegante sensazione di morbidezza, il gusto ripropone esattamente gli elementi dell’olfatto, anche se vengono un po’ a mancare proprio gli ingredienti speciali, ossia fieno greco e sciroppo d’acero; mentre appaiono un po’ più ostinate le emergenti note di affumicatura e, soprattutto, di legno umido. Il delicato amarore del finale porta un po’ il pensiero alla crosta del pane tostato, nel caldo alone di un alcol ormai sbrigliato dopo la discrezione nel lungo percorso gustativo. Le impressioni del retrolfatto sanno tanto di zucchero bruciato, cereali secchi, luppolo resinoso, tostature, anche amaro fruttato.

Bruery Terreux Tonnellerie Rue, saison di colore giallo/arancio e dall’aspetto velato (g.a. 8,5%). Esordì, nel 2015, per la Bruery Terreux. Si tratta, precisamente, della Saison Rue (oggi fuori produzione), che fermenta spontaneamente con i lieviti selvaggi e i batteri naturalmente presenti in grandi botti di rovere nelle quali sono state ospitate altre birre selvagge. Il nome infatti, Tonnellerie, in francese indica “l’insieme degli articoli fabbricati dal bottaio”. E, ovviamente, c’è da presentare sinteticamente la Saison Rue. Stessa gradazione alcolica e colore più carico. Ingredienti: 35% di segale maltata, malto Special Roast e piccola percentuale di chocolate; luppoli Sterling e Crystal; ceppo di lievito belga, per la fermentazione primaria e per quella in bottiglia, brettanomiceti. Ritorniamo quindi alla Tonnellerie Rue. La carbonazione è abbastanza elevata; la schiuma bianchiccia, ricca e sottile, compatta e cremosa, durevole e aderente. L’aroma compensa la scarsa intensità con ottima pulizia: sentori di legno e floreali, di mela acerba e scorza di limone, in compagnia della componente lattica; mentre, dal sottofondo, si leva una lontana reminiscenza di frutta tropicale. Il corpo medio presenta una consistenza sufficientemente acquosa. Nel gusto invece, nonostante l’alta percentuale di segale utilizzata, è l’estrema morbidezza a sostituirsi non poco alla rusticità: un sapore legnoso e fruttato si snoda piacevolmente tra lievito selvaggio, note speziate, acidità lattica. Da parte sua, l’alcol si guarda con discrezione dall’intralciare la scorrevolezza della bevuta apportando calore più del dovuto. La secchezza del finale si tira dietro qualche sensazione amaricante di terra. Nell’articolata ricchezza retrolfattiva si rendono abbastanza distinguibili, oltre a quelle del pepe, impressioni di timbro rizomatoso, come lo zenzero, ed erbaceo, tipiche della genziana.
The Bruery Autumn Maple, specialità autunnale, in stile belgian strong ale, di colore ambrato carico con riflessi rubino e dall’aspetto lievemente velato (g.a. 10%). Fece il suo esordio nel 2008, secondo la tradizione della birra alla zucca utilizzando però le patate dolci (6,80 chili per 158 litri di birra). Altri ingredienti speciali: cannella, noce moscata, pepe di Giamaica, sciroppo d’acero, melassa, baccelli di vaniglia tahitiana. I due tipi di malto sono Monaco e Cara Munich; il lievito, è belga. Con una carbonazione piuttosto piana, la schiuma beige emerge fine, compatta, cremosa, di notevole tenuta. L’aroma si esprime pulito ed elegante nella sua piacevole dolcezza apportata da caramello, arancia e zucchero canditi, vaniglia, biscotto al burro, banana matura, sciroppo d’acero; dolcezza, sublimata dal fervore delle spezie utilizzate unitamente al calore alcolico. Il corpo medio tende al pieno, in una consistenza decisamente oleosa. La dolcezza continua imperterrita nel gusto, senza il benché minimo pericolo di stucchevolezza: un perfetto equilibrio garantito dall’eccellente attenuazione, da un’opportuna acidità e dal provvidenziale etanolo che asciuga il palato passo passo per l’intera durata del percorso. È ancora l’alcol a rendersi protagonista nel finale, allorché c’è da imbrigliare le scalpitanti sensazioni pepate esalate dal lievito belga. Sempre essa, la forza etilica, nelle vesti adesso del bourbon, contribuisce alla restituzione delle ormai irrinunciabili impressioni di dolcezza compromesse dal lievito nel finale.
Nel 2016 il birrificio annunziò la nascita della serie Share This, ovvero due imperial stout all’anno realizzate con alcuni degli ingredienti ogni volta diversi e provenienti dalle regioni più povere del mondo. Mentre per ogni birra prodotta veniva donato un dollaro in beneficenza.
The Bruery Share This: O.C., imperial stout di colore nero impenetrabile (g.a. 11%). Il suo debutto avvenne nel 2017, presso entrambe le tasting room di The Bruery. Ingredienti speciali: scorza di arancia, baccelli di vaniglia e fave di cacao della TCHO di Berkley (in California). La carbonazione è piuttosto bassa; la schiuma moca, abbondante, sottile, cremosa, di notevole tenuta. Nell’aroma, profumi di malto tostato e cioccolato fondente si esprimono con una certa eleganza, per nulla ostacolando lo spirare dal fondo dei sentori di vaniglia, gianduia, toast, liquirizia, anche qualche indizio di cantina polverosa. Il corpo medio tende al pieno, in una consistenza tra oleosa e acquosa. Anche nella morbidezza del gusto, supportate da una leggera acidità, le note tostate e amare di caffè e cioccolato si fanno la parte del leone, ben attente a reggere la dolcezza della controparte. L’alcol si sbriglia senza più remore nella secchezza di un finale con evidenti sfumature di scorza d’arancia. Il calore etilico si protrae nella lunga persistenza retrolfattiva, nelle vesti di frutta sotto spirito.
Nel 2008 ebbe inizio la serie Melange (“mescolanza”), ovvero blend di birre diverse. E l’inaugurazione fu affidata alla Melange # 1 (g.a. 11,7%), miscela della imperial stout Black Tuesday, invecchiata in botti di bourbon, e della Oude Tart, birra acida ispirata alle flemish red ale.
The Bruery Melange # 3, american strong ale di colore marrone scuro tendente al nero e dall’aspetto opaco (g.a. 17,3%). Blend di tre birre invecchiate in botti di bourbon (Wheat Wine White Oak Sap, Anniversary Ale e Black Tuesday), debuttò nel 2017. Con un’effervescenza quasi piana, la schiuma ecru sbocca ricca e sottile, compatta e cremosa, addirittura tenace. L’aroma è ricco di prugna e uvetta, come macerate nel bourbon; seguono sentori di quercia, melassa, frutti di bosco, marzapane, caramello, zucchero di canna, porto; e, infine, si leva dal fondo un labile indizio di vaniglia. Il corpo medio ha una consistenza tra oleosa e sciropposa. Anche nel gusto prugna e uvetta si mettono subito in evidenza, fortemente infervorate dal bourbon che asciuga, passo dopo passo, la loro dolcezza, fino a cedere definitivamente il campo al porto, protagonista, nel finale, tra note legnose. Il bourbon ritorna imperioso nella lunga persistenza retrolfattiva, fomentando le deliziose impressioni, calde, cordiali, in sinergia con una scalpitante frutta sotto spirito.
Ogni anno il birrificio festeggia il proprio compleanno con una birra dal notevole contenuto alcolico. Le candeline vengono spente il 10 maggio in un’appropriata festa che si svolge presso la taproom a Placentia.
The Bruery Poterie, old ale di colore ambrato con riflessi rosso rubino e dall’aspetto nebuloso (g.a. 16,8%). È la birra per i festeggiamenti del 2016, fermentata con lievito belga della casa e invecchiata in botti di bourbon insieme a piccole quantità di birre celebrative degli anni precedenti. La carbonazione è molto contenuta; la schiuma, di un bianco sporco, nonostante il tenore alcolico, mostra sufficienti compattezza, cremosità e tenacia. L’aroma si esprime con toni caldi e dolci: tanta e svariata frutta sotto spirito, malto, caramello, melassa, vaniglia, liquirizia, in primo piano e più in secondo, quercia, vino rosso, pepe, cioccolato amaro, bourbon “sfacciatamente” sbrigliato. Il corpo, tra medio e pieno, ha una consistenza decisamente cremosa. Anche il gusto è ricco e riscaldante, in un percorso fin troppo coerente con gli elementi olfattivi, come è fin troppo evidente la progressione verso note vinose e liquorose che sanno tanto di whisky e bourbon, con una spiccata punta acidula peraltro in delicato bilanciamento con gli apporti del luppolo. Nel finale s’inseriscono inebrianti aromi di frutta scura. Vaniglia, rovere, caramello e frutti di bosco si esaltano nella lunga persistenza di un caldissimo retrolfatto.

 

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Antonio Mennella
Info autore

Antonio Mennella

Sono nato il primo gennaio 1943 a Lauro (AV) e oggi risiedo a Livorno.
Laureato in giurisprudenza, sono stato Direttore Tributario delle Dogane di Fortezza, Livorno, Pisa, Prato.
 
La scrittura è sempre stata una delle mie passioni, che è sfociata in numerose pubblicazioni di vario genere, alcune specificatamente dedicate alla birra. Gli articoli riportati sul Giornale della Birra sono tratti da La birra nel mondo, in quattro volumi, edita da Meligrana.

Pubblicazioni: 
Confessioni di un figlio dell’uomo – romanzo – 1975
San Valentino – poemetto classico – 1975
Gea – romanzo – 1980
Il fratello del ministro – commedia – 1980
Don Fabrizio Gerbino – dramma – 1980
Umane inquietudini – poesie classiche e moderne – 1982
Gigi il Testone – romanzo per ragazzi – 1982
Il figlioccio – commedia – 1982
Memoriale di uno psicopatico sessuale – romanzo per adulti – 1983
La famiglia Limone, commedia – 1983
Gli anemoni di primavera – dramma – 1983
Giocatore d’azzardo – commedia – 1984
Fiordaliso – dramma – 1984
Dizionario di ortografia e pronunzia della lingua italiana – 1989
L’Italia oggi – pronunzia corretta dei Comuni italiani e nomi dei loro abitanti – 2012
Manuale di ortografia e pronunzia della lingua italiana – in due volumi – 2014
I termini tecnico-scientifici derivati da nomi propri – 2014
I nomi comuni derivati da nomi propri – 2015
 
Pubblicazioni dedicate alla BIRRA:
La birra, 2010
Guida alla birra, 2011
Conoscere la birra, 2013
Il mondo della birra, 2016
 
La birra nel mondo, Volume I, A-B – 2016
La birra nel mondo, Volume II, C-K -2018
La birra nel mondo, Volume III, L-Q – 2019
La birra nel mondo, Volume IV, R-T – 2020
 La birra nel mondo, Volume V, U-Z– 2021
Ho collaborato, inoltre, a lungo con le riviste Degusta e Industrie delle Bevande sull’origine e la produzione della birra nel mondo.