30 Marzo 2015
DOKI E LA BEVANDA DEGLI DEI: nono capitolo
Quel ragazzo che armeggiava con degli otri nelle cucine del palazo del Nomarca di Elefantina, non era un giovane qualunque.
Tutti gli addetti alle cucine del palazzo stavano lavorando con lena ed in silenzio.
Solitamente, la cucina di un palazzo era un brulicare di rumori, voci e battute; creare un piatto era una delle arti più apprezzate nei palazzi delle Due Terre.
Trasformare i doni che gli Dei fornivano agli uomini sotto forma di vegetali, frutta ed animali, in piatti raffinati e succulenti che ne avrebbero esaltato ncora di più il sapore, era sicuramente uno dei lavori più belli e gioiosi del mondo.
Ma da quando quel ragazzo era arrivato in città con la Corte del Faraone, risa e battute erano state bandite dalle cucine.
Quel giovane si presentava ogni giorno, di buon mattino, nelle cucine e traffiava con otri di acqua con all’interno orzo che poi cuoceva.
Ogni giorno faceva strani esperimenti, quasi come se fosse, nel suo delirio, alla ricerca di qualche pozione magica.
E quella specie di stregone, nonostante la sua giovane età, era già uno dei membri più influenti della corte. Generale dell’esercito e, a quanto sembrava, aspirante stregone.
Doki era il suo nome.
Il ragazzo trafficava incessantemente e, per evitare di urtare quella persona così influente, tutti restavano in rigoroso silenzio.
Ogni tanto assagiava sia quel suo intruglio, sia un altro liquido contenuto in una bisaccia che portava sempre a tracolla.
Dopo aver bevuto quel fluido che riempiva la tracolla sbuffava, come se non fosse riuscito ad ottenere quello che voleva, come se stesse tentando, senza riuscirci, di replicarlo.
Doki, però, quella mattina, versò i due liquidi in due bicchieri di terracotta e li mise uno di fianco all’altro.
E li osservò per svariati minuti.
Un uomo sulla quarantina, già anziano e vicino al tramonto della sua vita, che lavorava da quasi trent’anni in quel palazzo, passò dietro al giovane.
«Mio giovane Generale, posso farti una domanda?»
«Dimmi. Se posso aiutarti…»
«Credo che tu sia alla ricerca di qualcosa. Ti ho osservato in questi giorni e credo che tu voglia riprodurre quella bevanda che bevi dalla tua bisaccia».
«Esatto. Ma sono ad un punto morto. Da mesi, ormai».
«Ed ecco perché mi sono permesso di parlarti».
«Dove vuoi arrivare, vechio?»
«Senhar, se non ti dispiace. Vechio è un brutto appellativo per chi sta tentando di aiutarti».
«Ti chiedo scusa, Senhar. E di grazia, se non ti arreca troppo disturbo, come potresti aiutarmi?»
«I giovani sono sempre così impudenti… ai miei tempi era diverso…» il vecchio si avvicinò al tavolo dove erano appoggiati i bue boccali.
«Lo sai che potrei farti frustare? Sono pur sempre il Generale Doki».
Tutti i lavoratori nella grande cucina avevano interrotto le loro attività ed erano muti ed immobili, come delle statue di sale.
«Sono troppo vecchio per aver paura della sofferenza. Tutti i miei giorni sono una sofferenza. E poi, l’anzianità da dei privilegi: per esempio la saggezza ed in secondo luogo anche la possibilità di dire quello che penso ad un giovane, senza rischiare nulla. Sbaglio, forse, mio giovane Doki?»
Senhar aveva capito che il cuore del giovane era puro e che non avrebbe trasformato una critica in una punizione esemplare.
Suo padre lo aveva cresciuto con quei ferrei principi di cui l’anziano stava parlando: il rispetto per chi ha più anni, più esperienza e saggezza.
«Ragazzo mio, tutto il Paese sa che sei di umili origini. E per questo, anche se non ti andrà, l’educazione che hai ricevuto ti costringerà ad ascoltare rispettoso le parole di un vecchio, anche se ti sembreranno i deliri di un folle. E chi lo sa, magari tra tutti i deliri, potrei anche darti qualche buon consiglio. Posso?» chiese indicando i boccali.
«Prego, fai pure. Per cortesia, potreste lasciarci soli? La questione è piuttosto delicata».
«Mio Signore, non vorrai…» osò una cuoca, preoccupata che il giovane perquotesse il vechio, una volta restati soli.
«Non temere. Come ha detto Senhar, non sono un vile ed avrò rispetto della sua persona. Ora andate, per cortesia».
«Ma…»
«Non vorrei essere costretto ad ordinarvelo».
Con un po’ di titubanza, tutti uscirono dalla cucina.
Senhar assaggiò prima il fluido prodotto da Doki ed in seguito la Bevanda degli Dei.
«E’ molto buona. Ci credo che vuoi repliarla».
«Quello che ti dirò non dovrà uscire da questa stanza, intesi? Ti ucciderò se lo dirai a qualcuno, familiari compresi. Si tratta di un segreto di Stato».
«Non temere, giovane Doki. Il tuo segreto, tra qualche anno, morirà con me».
«Questa è la bevanda che il Faraone vuole offrire a Men-nefer e a tutto il Regno tra pochi mesi, quando avremo finito il viaggio per tutte le provincie e la nuova capitale sarà edificata».
«Ed ha incaricato te di scoprire la ricetta segreta, perché non la conoscete, vero?»
«Esatto. Ora, saresti così gentile da dirmi come puoi aiutarmi?»
«Certo, certo. Vedi, oggi hai versato la bevanda che vuoi ottenere in una coppa. Mentre passavo dietro di te, ho sentito il profumo della tua sostanza e mi è venuto subito in mente qual’è la cosa che più assomiglia a quell’aroma. Poi ho assaggiato le due bevande è ho notato che nella tua manca qualcosa, una cosa che potrebbe derivare da questo ingrediente».
«Ah sì? Allora, forza. Dimmi cosa manca, per favore».
«Pane».
«Cosa?»
«Manca del pane. Ma non quello che mangiamo, no. Quello che sta alla base dell’impasto».
«Spiegati».
«Vieni con me, ti farò vedere».
Senhar condusse Doki nell’ala della cucina dove era posizionato un grande forno di pietra dal quale venivano sfornati centinaia di pani e dolci di ogni forma e dimensione.
«Ecco, guarda questa pallina ed annusa».
Doki eseguì.
Era una pallina di impasto e il suo profumo…
Quel profumo…
Il ragazzo si precipitò a prendere il bicchiere di terracotta contenente la Bevanda degli Dei.
Il profumo…
Era simile.
Molto simile.
Non uguale ma, sicuramente, era un punto di partenza, un ingrediente di quella bevanda.
Doki provò ad assaggiarne un pezzetto; aveva un gusto orribile.
Era acido, amaro ed era presente un altro gusto molto forte, che però non riusciva a capire, ad identifiare.
Terribile.
Con una smorfia sputò via quella vischiosa sostanza, ma il suo terribile gusto ontinuava a permeargli l’intera cavità orale.
«Che cos’è?» chiese Doki.
«Questo lo chiamiamo “Madre”. È un impasto di farina ed acqua. Lo lasciamo riposare per cinque giorni dentro ad un panno di lino che manteniamo sempre umido. Il pane ed i dolci che vogliamo che si gonfino durante la cottura, li produciamo da queste palline. Aggiungiamo a questo impasto altra farina ed acqua. Ed in più aggiungiamo anche il sale, se serve. Poi lasciamo riposare il tutto per una notte dentro al telo. Poi, al mattino, l’impasto è gonfiato un po’, tutto. Ed è pronto per essere lavorato e poi cotto. Prima di dar forma al pane, ci premuriamo di staccare un pezzo di impasto che diventerà la madre per il pane del giorno dopo».
Doki ascoltò con estrema attenzione le parole del saggio.
Forse…
Forse in quelle parole risiedeva il segreto della Bevanda degli Dei.
Quel segreto che così tanto desiderava svelare.
In un attimo, l’angoscia e la paura di non riuscire nella sua impresa sparirono, quel vecchio aveva dato nuova linfa al suo progetto, ed una nuova e vigorosa speranza a lui.
«Quindi… cosa consigli di fare, Senhar?»
«Te lo dico subito. Anzi, te lo faccio vedere».
Detto ciò il saggio gettò la pallina di Madre nel boccale prodotto da Doki.
«Io lo lascerei lì per tutta la notte. Funziona con il pane, forse funzionerà anche con la tua bevanda».
Doki sorrise.
«Oggi dovrete farmi un favore».
«Tutto quello che vuoi, Giovane Generale Doki».
«Vorrei che produceste più impasto. Molto di più. Voglio mettere un pezzetto di madre in ogni otre, domani».
«Come vuoi, ovviamente non dirò agli altri il motivo di quest’orgia di fatiche che li porterà a lavorare con più lena oggi».
«Perfetto. Grazie».
«E’ stato un piacere dimostrare ad un giovane che anche un vecchio può essere utile».
«Preziosa lezione, che non dimenticherò mai. Se funziona, fidati di me. Avrai la tua ricompensa».
«Ti ringrazio, Doki».
«Sono io che ringrazio te, Senhar».
I due si strinsero la mano.
La Storia della birra era appena giunta ad una svolta, ad un “giro di boa”.
La Storia di Doki, invece, era ben lungi dalla sua conclusione.
Una minaccia, nell’ombra, avrebbe presto turbato quel giovane, ora così felice.
Un complotto ordito nell’ombra.
Nemici potenti.
Vili traditori.
La vita di Doki non sarebbe mai più stata la stessa.
Ricordiamo a tutti che per avere news sempre aggiornate su tutti i libri e le pubblicazioni di Alessio Lilliu, basta mettere un “mi piace” sulla sua pagina ufficiale: Lilliu Alessio-scrittore.
Le cronache dell’Ingaan
Se l’avventura di Doki e la bevanda degli Dei vi sta appassionando, non potete assolutamente perdere questo Romanzo Fantasy, sempre di Alessio, di cui EdB ha il piacere di presentare in esclusiva i primi 3 capitoli della saga che ha già venduto migliaia di copie e che a brevissimo sarà acquistabile come ebook!
Un like ed una condivisione della pagina “Lilliu Alessio-scrittore” su facebook per tenervi sempre aggiornati sui nuovi romanzi di Alessio e farlo conoscere ai vostri amici!
Per chi conosce già la trama e vuole rileggerla nella sua nuova veste in attesa dell’imminente uscita del secondo volume “LE CRONACHE DELL’INGAAN- l’esercito dei non morti”, per chi non la conosce ancora, per tutti gli amanti del Fantasy, ecco a voi in anteprima gratuita i primi 3 capitoli de “LE CRONACHE DELL’INGAAN-il re, il mago e il bambino” nella sua nuova versione, a pochi giorni dalla sua terza ristampa!
Clicca qui per leggere l’anteprima del libro (primi 3 capitoli)!