29 Novembre 2014
DOKI E LA BEVANDA DEGLI DEI: primo capitolo
Il caldo sole della Terra baciata dagli Dei ardeva imperioso nel limpido cielo.
Anche quel giorno Amon il Nascosto e Ra avevano deciso di assecondare le preghiere degli uomini.
Anche quel giorno il sole era sorto, sconfiggendo le oscure tenebre.
Doki stava battendo leggermente i buoi.
Il ragazzo, alto un metro e settanta circa, fisico atletico e scolpito dalle lunghe e dure ore di lavoro quotidiano, stava arando le terre di suo padre.
Era di umili origini, un agricoltore.
I buoi trainavano un pesante aratro di legno.
La piena del Nilo, il fiume divino che scaturiva dalla Valle dell’oltretomba, era stata abbondante.
Fertile limo ricopriva la terra, bisognosa di umidità.
Era il momento di arare, di piantare le sementi.
Era il momento di pensare all’anno che sarebbe venuto.
L’orzo era il cereale più coltivato in Egitto e lui era uno degli addetti alla produzione del cibo per tutti.
Non vi era moneta, gli scambi erano “oggetto” per “oggetto”; il baratto.
Ma in quel tempo, un’altra coltura si stava diffondendo: il grano.
Era un cereale strano, relativamente facile da coltivare e la sua farina… la sua farina dava un pane buono, molto buono.
Ma tanti egizi continuavano a prediligere le focacce schiacciate ricavate dall’orzo.
Si faceva un impasto: acqua, farina di orzo, sale ed alcune spezie. Si cuoceva il tutto nei forni, vicino alle fiamme.
Il gusto era inebriante e l’odore… Divino.
Doki era solo un ragazzo e, come tutti i giovani non ancora adulti, la pensava esattamente come il padre, suo mentore.
E come tutti i giovani, ubbidiva, anche se a volte con riluttanza, agli ordini del padre.
Quindici anni.
L’età giusta per divenire un uomo e metter su famiglia.
L’età intermedia che si sposava ancora perfettamente con la fanciullezza.
Nuovi interessi e nuove attrazioni facevano capolino nella sua mente, combattendo un’aspra battaglia contro i pensieri e gli interessi tipici dell’infanzia.
E suo padre non faceva nulla per educarlo in quel passaggio critico della sua vita.
Sarebbe stato, qualora possibile, compito di sua madre.
Ed allora il compito del padre era solo uno: dare ordini al figlio. Ordini che lo avrebbero formato come uomo.
Alla madre, se solo fosse stato possibile, sarebbero toccate le lezioni sulla gentilezza.
Un padre doveva formare un figlio come uomo del futuro.
E l’uomo, d’altri tempi e tutto d’un pezzo, non poteva certo occuparsi anche dell’aspetto caritatevole e gentile dell’educazione del ragazzo!
Non ne avea la capacità, non ne aveva la cultura.
Ma aveva l’intelligenza per essere conscio dei propri limiti.
L’uomo, un agricoltore dall’esperienza pluridecennale, non voleva convertire i suoi campi. Non voleva coltivare il “grano”, quello che tutti definivano “il pane del futuro”.
Lui seguiva le tradizioni, i ritmi della natura, del Nilo e le volontà degli Dei: lui avrebbe coltivato orzo; fino alla fine dei suoi giorni.
Doki aveva arato circa metà di quel campo, quello che si era prefissato di arare durante l’arco dell giornata.
Aveva fame.
Slacciò le briglie che obbligavano i buoi all’aratro. Afferrò quella specie di guinzaglio di cuoio e condusse, colpetti sulle cosce con il suo bastone, i buoi nella stalla.
Diede loro del fieno inumidito in un contenitore di terracotta colmo di acqua del Nilo, che scorreva a pochi passi da lì.
Si diresse verso casa; una catapecchia di fango e argilla dal tetto di paglia.
Un unico locale con al centro, verticalmente posto al di sotto di un’apertura nel tetto, un fuoco.
Una stoviglia di rame, con al suo interno dell’acqua in cui bolliva un misto di fave, orzo e piccoli pezzetti di carne di capra.
Uno stufato.
Erano ore che bolliva.
Suo padre lo stava cucinando da quando Doki era uscito per arare.
Ormai il suo genitore aveva quasi quarant’anni.
Era vecchio.
Doki lo sapeva, non sarebbe stato nel regno dei vivi ancora a lungo.
E sua madre… lei era morta dandolo alla luce.
Quindici anni prima.
Era il primogenito della coppia.
I suoi genitori si erano amati fin dalla più tenera età, ed il padre di sua madre, suo nonno, aveva acconsentito al matrimonio solo dopo dieci anni di fidanzamento.
Pochi in Egitto avevano generato figli a circa venticinque anni.
Sua madre non potè reggere allo sforzo. Era, dissero i medici, troppo vecchia per resistere al dolore del parto.
E suo padre, gli Dei lo avessero conservato vivo ancora a lungo, aveva già superato l’età media che solitamente essi concedevano agli uomini.
Ogni giorno era regalato.
Per questo Doki non voleva che si affaticasse sotto al sole cocente.
Doveva preservarsi.
Mangiò assieme al suo anziano genitore.
Mangiò di gusto.
« Padre, oggi durante le ore calde, potrei andare a fare il bagno al fiume? Verrebbe con me anche Aken-Ra. Per restare in casa…»
« Hai lavorato tanto. Vai pure. Ma ricorda che il campo non si ara da solo.»
« Lo so, sarò al lavoro prima che tu te ne accorga!»
Il ragazzo mangiò velocemente, per poter raggiungere al più presto il suo amico.
Raggiunse il Aken-Ra che già era al fiume.
Si tuffarono in acqua; era fresca, la corrente era rapida ed il bruno colore del limo aveva ceduo il passo al normale, limpido, azzurro semi incolore delle acque.
Mentre giocavano a schizzarsi, i due ragazzi coetanei, udirono dei suoni provenire da dietro un canneto.
Alti steli di papiro celavano allo sguardo dei due le autrici di quei suoni.
Sì, erano ragazze…. ne erano certi.
I due nuotarono nel modo più silenzioso possibile e giunsero vicino al canneto.
Lì l’acqua era bassa, i due potevano toccare il fondo, ed allora camminarono lentamente e goffamente.
Scostarono le canne di papiro quel tanto che bastava per poter intravedere chi c’era dietro a quella barriera naturale.
Doki la vide.
Era bella, il seno nudo, turgido sodo ed abbondante.
La carnagione olivastra, il fisico slanciato e la fluente chioma nera era talmente lunga che lambiva le acque del fiume, che le arrivava poco sopra alle natiche, anch’esse prive di veli.
Era insieme a delle amiche, cinque in tutto.
Tutte graziose ma, tra quelle fanciulle, lei era la stella e le altre i satelliti.
Doki non seppe come.
Non seppe il perché.
Ma seppe che si era innamorato.
Lei, mentre lui la guardava imbambolato, si voltò e lo vide.
Dapprima gli sorrise poi, inspiegabimlente, lanciò un urlo, coprendosi le nudità con la mano destra e puntando l’indice della mano sinistra verso di lui.
I ragazzi fuggirono a nuoto.
Il bagno era finito.
La storia di Doki, invece, era appena cominciata.