17 Agosto 2015
DOKI E LA BEVANDA DEGLI DEI: ultimo capitolo!
«Che cosa? Mio padre morirà?»
«Principessa, non voglio essere scortese, ma se perdiamo tempo nelle spiegazioni, non arriveremo in tempo per salvare il Faraone!»
La bella dama sembrò ridestarsi da quel torpore dettato dalla prigionia e dalle rivelazioni nefaste.
«Chi sei tu?»
«Un amico. Ho appena salvato la tua vita e quella del tuo fidanzato. Basta, per ora?»
«Andiamo».
Mentre stavano per uscire dalla casupola, sentirono un gran vociare e dei passi all’esterno:
«Accidenti, saranno i complici di quegli animali?» chiese Meryt-Ra.
«Non lo so… ma non mi piace…» Sehnar strinse meglio il pugnale nella mano.
Dall’esterno giunse una voce, una sola:
«Siete circondati, ladri! Uscite fuori disarmati e con le mani in alto e ben in vista. Qui è la guardia cittadina. Siete stati troppo maldestri, i vicini si sono precipitati a chiamarci. Uscite fuori, coraggio! Siete stati colti con le mani nel sacco. Siete solo dei ladri, vi verrà solo tagliata una mano! Resistete e sarete giustiziati. A voi la scelta!»
«Evviva! Sono i soldati di mio padre! Usciamo, forza!»
Doki e Meryt-Ra fecero per precipitarsi fuori ma Sehnar li trattenne:
«Fermi, ragazzi!»
«Perché?» chiese lei ingenuamente.
«Sono soldati della Guardia Cittadina di questo schifoso buco di provincia. Anche se dicessimo loro che tu sei la Principessa, tu sei l’eroe di Men-nefer, e che io sono una spia al servizio di Sua Maestà, credi forse che ci crederebbero?»
«Cosa stai dicendo?»
«Sto dicendo che questi soldati non sanno neppure che volto abbia il Re, figuriamoci se riconoscerebbero noi!»
Calò il silenzio.
«Come possiamo fare, allora?» domandò il giovane.
«Ragazzo mio, hai imparato veramente poco all’accademia! Ci serve un diversivo».
«e fin lì c’ero arrivato anche io…»
«Farò da esca. Mentre io li distraggo, voi scappate!»
«Sei impazzito? Ti ammazzeranno!»
«Che cos’è la mia vita in confronto a quella di un Generale, della Principessa e del Re?»
«Non essere sciocco!»
«Il Regno d’Egitto è nelle tue mani, ragazzo mio! Tu farai grandi cose! Ed ora preparatevi; al mio segnale correte».
«Ma…»
Senza lasciare il tempo a Doki di controbattere, Sehnar urlo:
«Ora!»
Subito la spia si lanciò dalla finestra e cominciò a correre verso un soldato, quello più esile ed all’aspetto impaurito.
Lo atterrò con una spallata; un varco per la fuga era stato aperto.
Corse, corse via.
Verso il sole nascente.
Verso le porte della città.
Verso il deserto, laddove nessun essere umano poteva sperare di scampare ad una atroce morte.
I soldati si lanciarono all’inseguimento, lasciando sguarnita la casupola, evidentemente convinti che in casa ci fosse solo un ladro: Sehnar.
I due amanti uscirono veloci dalla porta; i soldati erano già a più di cento metri da loro.
«Addio, amico! Non ti dimenticherò!» promise Doki.
Fecero per gettarsi anche loro nella corsa, lato opposto rispetto a quello imboccato dalla spia, direzione: palazzo cittadino.
Avevano appena iniziato a muoversi quando, da una casupola che non seppero meglio identificare, scaturì un grido di terrore disperato.
«AHHHH!!! GUARDIE! GUARDIE! CI SONO ALTRI LADRI! GUARDIE!»
Quattro soldati, ancora abbastanza vicini per poter udire lo starnazzare di quell’oca, si voltarono ed iniziarono a correre verso i ragazzi.
«Maledetta! Se sopravvivrò ti taglierò la testa con le mia mani, stupida gallina!» fu il commento acido di Doki.
I due si lanciarono in una corsa a perdifiato, voltandosi indietro raramente, solo per vedere se avevano perso o guadagnato terreno nei confronti degli armigeri.
E ne perdevano ad ogni passo… Meryt-Ra non era, giocoforza la sua statura sociale, un’atleta provetta.
«Doki!»
«Corri, Meryt! Corri!»
«Non… non ce la faccio più!»
«Non ti fermare!»
Ma la bella era già accovacciata a rifiatare.
Doki tornò indietro per sorreggerla.
«Amore, se ci fermiamo ora siamo perduti! Il regno, tuo padre, tutto!»
«No, tu puoi farcela! Vai e salva il regno! Salva mio padre!»
«Non senza di te!»
«Troverò il modo di cavarmela! L’Egitto dipende da te!»
«No!»
«Sei o non sei l’eroe di Men-nefer? Dimostralo! È la tua principessa che te lo ordina!»
Il tono di lei sconvolse Doki; era veramente la degna figlia di suo padre!
«Solo…» proseguì Meryt-Ra «Se mi tagliassero una mano, prometti di sposarmi lo stesso?»
«Ti sposerei, anche a costo di recuperarti negli inferi!»
«Allora vai. Troverò il modo di cavarmela».
Una rapida occhiata, i soldati sempre più vicini.
Un bacio veloce e poi, di nuovo verso il palazzo.
Mentre si allontanava, Doki vide che due soldati si fermarono per trarre in arresto Meryt-Ra e gli altri due continuarono ad inseguirlo.
Mentre avanzava, riuscì ad udire ancora qualche parola:
«Fermi! Io sono Meryt-Ra, la vostra Principessa!»
«Già ed io sono il dio Amon!» la schernì uno dei soldati, la lancia puntata verso di lei.
«Guardate, questi sono i miei gioielli e l’anello con l’Ureo. Credi che sarei riuscita a rubare anche questo? Non credi che mi avrebbero scoperta? Lo avete detto voi, come ladri facciamo pena!»
La principessa stava continuando a parlare, ma Doki era troppo lontano per udire.
In compenso vedeva nitidamente l’ingresso del palazzo, l’ingresso che dava sulla Piazza d’Armi.
Il luogo dove avrebbe dovuto esser eseguita la sua condanna a morte.
Accelerò ancora non appena vide i due soldati, i membri della Guardia Personale del Faraone, che stavano di guardia all’ingresso.
I due, riconoscendolo, sguainarono le daghe, pronti ad ucciderlo:
«Generale Doki? Dovresti essere in prigione!»
Lui continuava a correre.
«Fammi passare! Il Re è in pericolo, e la principessa è viva!»
«Fermati, cane!»
I due impugnarono meglio l’arma.
Doki non si scompose, continuò la propria corsa e, all’ultimo istante, prima di esser colpito da una sciabolata, fece una capriola in avanti evitando le lame e sgattaiolando tra i due.
Il giovane si perse nella folla lì assiepata per vedere l’esecuzione del traditore… la sua esecuzione.
L’ampio spazio aperto era gremito di curiosi; districarsi in quella massa smisurata di persone fu difficile anche per l’esile ragazzo.
Ma fu molto più complesso per gli energumeni della guardia, rallentati dalla loro stessa mole ingombrante.
Anche i membri della guardia cittadina si persero nella fiumana.
Il ragazzo lo vide: il Faraone, assiso sul proprio trono, sul palco, affiancato dai suoi Visir.
Si divincolò ancora ed ancora; riuscì a giungere nello spazio antistante al palco, sgombero di persone, ove sorgeva il patibolo:
«Mio REEEE!!!» la voce di Doki sovrastò tutte le altre che, quasi come per volere divino, si zittirono.
«Cosa?» Narmer trasalì «Figlio di un cane! Non dovresti esser ai ceppi? Guardie! Guardie!»
Subito Doki fu afferrato da altri due soldati.
«Mio Re, lascia che…»
«ZITTO! A ME UNA DAGA! LO AMMAZZERO’ IO STESSO,QUESTO LURIDO…»
«MERYT-RA E’ VIVA! HAI CAPITO, MIO RE? E’ VIVA!»
Lo sgomento generale.
«Che cosa dici?»
Narmer era già dinnanzi al giovane, la punta della lama appoggiata alla gola di Doki.
«Mio Re! Sono qui, dinnanzi a te! Sono fuggito dalle prigioni solo per poter salvare Meryt-Ra. Era tenuta prigioniera , l’hanno catturata la sera in cui sono stato arrestato! »
«Menti!» la lama si alzò verso il cielo.
«E sarei tornato qui, dinnanzi a te? Sono un ragazzino, ma non sono un suicida! Ti giuro che lei è viva!»
«E dove sarebbe?»
«Ora è stata catturata da delle guardie cittadine che hanno creduto che fossimo ladri. Sono più o meno all’altezza della piazza dedicata alla Dea Bast! Non c’è tempo da perdere, rischia la mano o peggio!»
Il Re era in silenzio; cercava di scrutare nell’animo del ragazzo, cercava di capire se stesse dicendo la verità!
«Mio Re…, ti supplico! Salvale la vita! Lei èl’unica donna che ho mai amato!» Doki non se ne rese conto, ma calde lacrime solcarono le sue gote.
«Tu…»
«Io l’amo. La storia è lunga e non c’è tempo! Presto! Bisogna salvarla!»
Il Re, pur contrariato dalla confessione di quell’amore, prese la sua decisione: con un cenno ordinò a quattro membri della sua Guardia personale di andare nella piazza dedicata a Bast e verificare.
Veloci come un lampo, i quattro si dileguarono.
«Grazie, mio Re! Ed anche tu sei in pericolo!»
«Io?»
Doki voltò il capo e vide che Abdoul, il Visir che da ormai vent’anni serviva il Faraone, era in piedi, tremante, sul palco.
«I tuoi Visir…»
Doki venne interrotto:
«Muori, maledetto! Muori! Muori! MUORI!!!» Am-nefer aveva appena pugnalato, più e più volte il suo pari, la vita aveva abbandonato Abdoul.
«Cosa hai fatto? Am-nefer!» il Faraone era su tutte le furie ed al contempo non capiva che cosa stesse accadendo.
«Mio Re!» questa volta era Am-nefer ad implorare «Questo infido bastardo mi ha obbligato a sequestrare tua figlia! Il suo piano era quello di rapirla e di ucciderti, dopo aver ucciso Doki! Voleva il tuo trono! Voleva sposare la Principessa per aver il diritto di governare! Io sono stato costretto! Mi ha minacciato, mio Re! Mi ha confidato che avrebbe incolpato me di tutto, se non avessi costretto Doki ad assumersi tutte le colpe pur di salvare la principessa! Sono solo una pedina!» l’ex Re pianse lacrime che, perfino a Doki, parvero sincere.
«Quindi confermi la storia di Doki?»
«Sì, mio Signore! Tutta! Ora ho intravisto la possibilità di uccidere il mio aguzzino e l’ho colta! Ma giuro, l’unica cosa che cambio, rispetto alla versione del Generale, è che anche io ero una vittima!»
«Sei solo un BASTARDO! Non è vero, mio Re! Lui è colpevole al pari di Abdoul, se non in modo peggiore! Solo che ora ha ucciso l’unico che poteva confermare o smentire la sua tesi! Figlio di… »
«Guardie, lasciate il generale Doki. Prendete in consegna il Visir Am-nefer, finchè un tribunale non abbia giudicato le sue colpe!»
«Mio Re! Non capisci! Bisogna ammazzarlo subito, questo cane! Per chi credi che fosse destinata la lama che ha ucciso Abdoul?»
«Placati, Doki! Tutto avverrà a tempo debito!»
Un attimo di silenzio, non volava neppure una mosca.
Neanche Doki osò controbattere, giunto a quel punto.
«E invece è proprio questo, il tempo debito, Padre!»
Come eterea e fuoricampo, calma e sicura la voce di Meryt-Ra ruppe il silenzio.
«Figlia… figlia mia!»
Dimentico dell’etichetta, il cuore di un padre mosse l’intero essere divino verso la propria figlia, colei che sola era la vita stessa, la carne della sua carne!
I due si abbracciarono con un’intensità mai vista e provata da alcun mortale.
«Sei…»
«Sì, padre! Sono viva. Doki mi ha salvata ed io… noi ci amiamo. Vogliamo sposarci».
«Lascia a tuo padre il tempo di godere della tua vista, prima di impensierirlo di nuovo, d’accordo?» rispose lui sarcastico.
La bella si scostò dal genitore, riacquistando la propria solennità, quella con cui aveva interrotto il padre.
Am-nefer aveva dipinto il terrore sul proprio volto. Non poteva scappare, in ginocchio con due soldati che lo tenevano immobile.
«Come ti dicevo, padre, quest’uomo non ha diritto alla tua clemenza. Egli non era un burattino nelle mani di altri. Egli è il vero stratega dietro al tuo tentato omicidio, quello di Doki ed al mio rapimento!»
«Ne sei sicura, figlia mia?»
«Porto una prova, tangibile, sul mio corpo! Questo cane rognoso, ieri notte, durante la mia prigionia… mi ha… mi ha violentata! Lui ha rubato la mia virtù con la forza! E nessuno lo ha costretto… lo ha fatto perché è un sadico bastardo! Ed anche il complotto… ne è lui l’artefice. Era lui il burattinaio!»
Alle parole di Meryt-Ra, Narmer e Doki, quasi come se si fossero messi d’accordo, si scagliarono contro ad Am-nefer, l’uno con la spada e l’altro con il pugnale che era stato gettato a terra in presenza del Re.
Accecati dalla rabbia, all’unisono, trafissero il Visir, l’Ex Re… il traditore!
La vita scivolò via da quell’infame.
Tutti furono ammutoliti.
Nessuno dei presenti osava proferire verbo.
Nessuno.
Era tutto finito.
Tutto.
Doki corse ad abbracciare Meryt-Ra.
La baciò appassionatamente, incurante del fatto che il Re, il padre di lei, stesse guardando.
Anche il sovrano si avvicinò alla coppia; silenzioso, quasi per non disturbare l’atto d’amore infinito.
I soldati della Guardia del Re, consci dell’intimità del momento dispersero di propria iniziativa la folla che, partecipe alla felicità di un padre che riabbraccia la figlia creduta morta ed al trionfo dell’amore, non oppose la minima resistenza.
In pochi minuti la Piazza d’Armi fu vuota.
Solo i tre, protetti dalla Guardia del Faraone.
«E così… vi amate?»
«Maestà» rispose Doki inginocchiandosi «ti chiedo scusa per averti nascosto questa relazione. L’averti nascosto ciò non ha portato altro che problemi. E di questo me ne pento. Ma ora, qui, dimmanzi a te… ti chiedo, ufficialmente, la mano di tua figlia. So di non essere un principe di sangue reale. E so anche di non essere il “Grande Eroe di Men-nefer”. Sono solo un umile suddito, un contadino baciato dagli Dèi. Ma ti chiedo comunque questo grande privilegio. Naturalmente non voglio il tuo trono, mio Signore. Non ne sono degno. Non voglio essere nominato tuo Reggente. Voglio, vorrei solo… Mery-Ra, la mia Luce».
Il silenzio tornò a permeare la piazza.
Meryt-Ra aveva gli occhi lucidi dalla commozione.
«Generale Doki,» rispose il Re, il tono possente ed imperioso «Tu, oggi, con tutte le tue gesta hai dimostrato di essere un vero Uomo ed un Vero Egizio. In pochi avrebbero affrontato tre volte la morte nello stesso giorno, solo per salvare la propria amata, il proprio Re ed infine l’intero Egitto. Perché tu hai fatto questo, oggi! Rischiando disubire la condanna a morte hai voluto proteggere mia figlia. Andando a salvarla hai salvato sia lei che me. E qui, in questa piazza, hai salvato me e l’Egitto intero! Tu sei un vero eroe! Tu sei stato veramente benedetto dagli Dèi! E chi sono io per rifiutare ad un uomo baciato da mio Padre, il Sommo Amon, la mano di mia figlia?»
La gioia dei due ragazzi esplose.
Passarono i mesi ed infine il viaggio lungo un anno del Faraone Narmer, del Generale Doki e della bella Meryt-Ra terminò laddove era cominciato: a Men-Nefer, la nuova capitale d’Egitto.
In un anno quel piccolo villaggio era divenuta una splendida città dalle case ricoperte di gesso, come le mura, alte e spesse.
Da quel giorno quella città sarebbe stata ricordata nei secoli come “La Bianca”, la “Dolce”… Menfi.
Durante i festeggiamenti, venne servita una nuova bevanda, creata da Doki.
Una bevanda bionda, speziata, spumosa e beverina.
Tutti i sudditi ne rimasero ammaliati, coinvolti, esaltati.
Questa è la Storia di un ragazzo, un agricoltore umile ma dal cuore saldo di un Leone.
Questa è la Storia di un giovane, divenuto “eroe per propaganda”, Generale, “Eroe vero” sul campo di battaglia, Marito di una Principessa, Padre di Principi e Reggente del Regno d’Egitto.
Questa è la Storia di Doki, colui il quale creò la “Bevanda degli Dèi”: una bevanda che nei secoli cambiò nome, gusto e qualità.
Una bevanda che noi, oggi, amiamo chiamare: Birra.
COMMIATO
Cari lettori,
Questa era la Storia di Doki, un romanzo che mi è piaciuto scrivere e che, spero, sia piaciuto anche a voi!
Doki per ora ci abbandona, ma ritornerà con una super sorpresa prima delle feste di Natale!
Nel frattempo, ho in serbo un’altro romanzo per voi che uscirà a settembre: una storia ambientata nel medioevo, in un’abbazia.
E indovinate un po’?
La trama ruoterà attorno alla birra!
Ci saranno omicidi, tradimenti e… ma suvvia, non voglio rovinarvi la sorpresa!
Continuate a seguirmi su giornaledellabirra.it!
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A settembre!
E buona lettura!