Numero 14/2021

8 Aprile 2021

CAMRA 50th anniversario

CAMRA 50th anniversario

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Molto spesso leggiamo articoli, notizie o quant’altro riguardanti il CAMRA, acronimo di “Campaign for Real Ale”, dove ci viene raccontata la sua storia con le sue nobilissime ragion d’esistere per salvare quel mondo birraio inglese di fine anni ’60 inizio anni ’70, sopraffatto dalla crescente “malvagità” industriale, nell’ingurgitare brand tradizionali anglosassoni insieme alle loro identità locali. Ma siamo sicuri che cinquant’anni più tardi, a correre il vero pericolo non siano sempre i piccoli birrifici indipendenti, insieme a tutti noi singoli consumatori? Romanticamente rappresentati, da quel curioso ed assetato “Soldato Ryan”? Perché ognuno di noi merita di essere salvato dalla sua birra.

Quando quel martedì 16 marzo 1971, quattro giovani giornalisti si ritrovarono nel Kruger Bar, nella cittadina di Dunquin sulla penisola di Dingle, (leggenda narra che bevessero Guinness), a discutere sulle sorti della birra tradizionale inglese, il consumo di birra nelle isole britanniche, rappresentava ben il 71% di tutte le bevande alcoliche, mentre oggi è di circa il 34%. I birrifici nel paese erano 105 di cui una gran parte (40 birrifici) controllati dalle famose “Big Six”, le grandi birrerie: Bass, Allied Breweries, Whitbread, Watney, Courage e Scottish & Newcastle. Ad oggi invece in Inghilterra tra Brew Pub, Beerfirm e birrifici indipendenti si contano oltre le 1700 unità (una stima esatta risulta difficile in periodo Covid), che con le loro innumerevoli birre prodotte in tantissime rivisitazioni di stili diversi, danno al consumatore una scelta praticamente illimitata.

A questo punto mi verrebbe da pensare che se oggi fossimo seduti a quel tavolo con Michael Hardman, Graham Lees, Jim Makin e Bill Mellor (i quattro fondatori) la discussione probabilmente sarebbe incentrata su come aumentare i consumi pro capite delle persone, più che su questa o quella birra e sui vari birrifici. Ma anche su questo, siamo proprio sicuri che non sia solamente la risultante finale?

 

Certamente quando nacque, lo scopo del CAMRA era quello di “rivitalizzare” i vecchi stili originali delle Ale inglesi ricondizionate nelle botti (Cask), mentre negl iultimi anni la stessa associazione ha spostato sempre di più il suo focus verso il consumatore finale rispetto al produttore stesso, capendo ancor di più che solamente la conoscenza più approfondita delle birre può alzare e salvare la qualità delle stesse.

Partendo dal presupposto dell’assoluta libertà individuale, dove ognuno può bere ciò che vuole, e che è pressoché impossibile fare parallelismi tra il mondo anglosassone e quello italiano, c’è da osservare una diversa sensibilità nel Regno Unito, mettendo sul campo iniziative molto interessanti, per dare modo alle persone di avere una parte più attiva nel destino comun-brassicolo.

Il National Beer Scoring Scheme (NBSS), schema nazionale di punteggio, permette a tutti i soci del CAMRA di esprimere un voto sulla qualità della birra nei Pub, e tramite un App chiamata WhatPub, dare dei punteggi sui vari aspetti che riguardano i locali, poi disponibili anche sulla Good Beer Guide, che nella versione App risulta molto utile per tutti gli appassionati di birra.

Il CAMRA Pub Heritage, ha lo scopo di identificare e proteggere quei Pub che rappresentano la memoria storica della nazione, con i loro caratteristici interni e quelle atmosfere uniche nel loro genere. A dire il vero, anche qualcuno in Italia mi verrebbe in mente da poter iscrivere.

Nel 2007 nasce LocAle, un’iniziativa nata per promuovere le birre del territorio a livello locale. Cosicché ogni Pub che aderisce ad essa, si impegna ad avere nella propria linea di spine una birra prodotta nelle 20 miglia dal locale. Tutta questa campagna culturale viene chiamata “Save your local Pub from extinction”, evitando dall’inizio quelle inutili “guerre di quartiere”, dove a pagare il prezzo più alto non sono mai le multinazionali (che fondamentalmente fanno bene il loro mestiere di globalizzazione del consumo e dei gusti birrai), ma sempre il nostro povero Soldato Ryan.

 

 

Se qualcuno volesse ripercorrere la roadmap dei quattro alfieri britannici, sappiate che non è stato così semplice ed immediato come potrebbe sembrare a mezzo secolo di distanza da quella prima birra in un bar. Difatti le prime adesioni al nuovo movimento iniziarono solamente nel maggio del 1971, e alcuni giorni dopo venne deciso di avere anche una prima sede ufficiale, al 207 di Keats Court Salford, ovvero a casa della madre di Graham Lee.Il 28 ottobre 1972 si svolse, presso il The Rose Inn, la prima assemblea eleggendo il primo esecutivo nazionale che vedeva: Mr. M. Hardman presidente, Mr. G. Lees segretatio, Mr. J. Haskin tesoriere e Mr. B. Mellor come organizzatore di eventi e addetto alle pubbliche relazioni. Ad inizio novembre 1972 usciva la prima pubblicazione pilota della famosissima Good Beer Guide, mentre alcuni giorni dopo, il 20 novembre, venivano definitivamente gettate le basi per la nascita vera e propria del CAMRA al The Farriers Arms, di St Albans. La storia recita che proprio il giorno di San Patrizio (17 marzo) del 1973nasceva ufficialmente il movimento, per come lo conosciamo ancora oggi, Campaign for Real Ale.

Da qui in poi gli avvenimenti legati a questa associazione sarebbero molteplici e molto curiosi, e prometto che per il 51°esimo li vedremo nello specifico. A partire dal primo First National CAMRA Beer Festival tra il 9-13 settembre del 1975. Oppure quando nel 1989 per la prima voltala ventisettenne Andrea Gillies, oltre che ad essere una bellissima donna, si impose anche come il più giovane redattore della famosa Good Beer Guide, conquistando in una sola volta ben due record (prima donna e redattore più giovane di una guida), in quell’austero mondo tradizionale britannico.

 

 

Per concludere lasciatemi citare uno dei miei autori preferiti, perché nonostante negli anni ‘60 in Inghilterra non si potesse bere alcolici fino ai 21 anni, lui all’età di 16 venne folgorato sulla via della birra da una Charrington IPA decisamente luppolata. Ed essendo un uomo che si è sempre battuto per le sue idee, quando il suo amico Michael Hardman fu licenziato dal birrificio Young’s di Londra per nuove politiche commerciali, lui scrisse pubblicamente questo:

Ho un messaggio per il capo della Young

Il dirigente Stephen Goodyear, l’uomo che ha ucciso Michael: non sei in grado di allacciargli i lacci. Spero che tu dorma bene la notte con la coscienza pulita, se sai cos’è una coscienza.

Un uomo diretto come i suoi libri, RogerProtz.

 

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Andrea Ceretti
Info autore

Andrea Ceretti

Sono nato a Biella il primo giorno di primavera, del 1971 (anche se negli anni settanta era ancora l’ultimo d’inverno).
Probabilmente da piccolo (e già qui), in un giorno qualsiasi durante il catechismo, nel momento stesso in cui il prete raccontava di quando Gesù Cristo, seduto accanto al pozzo di Giacobbe, all’ora sesta, appena vide la donna di Samaria gli disse:” Dammi da bere”, lì per lì restai sicuramente colpito da quella citazione, poiché, fin da metà degli anni novanta iniziai a portarla in giro con me per il mondo, modificandola con un bel “Please, give me a Beer”; perché, a meno che voi non siate il nuovo messia, iniziare gentilmente una frase, funziona anche nel più sperduto e malfamato bar di Caracas.
Appassionato di Birra,cavalli, musica ed un’altra cosa che ora mi sfugge, ma capita a volte di averla proprio sulla punta della lingua. Mi piacerebbe poter pensare ad un giorno in cui,questo piccolo “Pianeta Birra”,fosse sempre più libero da mercanti di pillole per la sete, e con più rose felici e contente di farne parte, senza troppi protagonismi o inutili dispute su chi sia la più bella o la più buona.
Inoltre,in questi anni, ho maturato la convinzione che solo una buona cultura birraria, potrà permettere a quel “Piccolo Principe” che c’è in ognuno di noi, di poter realizzare almeno in parte, il proprio sogno. Tutto in quel semplice e fugace battito di ciglia, mentre abbassando gli occhi, ci portiamo alla bocca un buon bicchiere di Birra, riconciliandoci l’anima….Qualsiasi essa sia.

Con il mutare dei tempi, è cambiato anche il modo di “bere” la Birra.
Si va così affermando la tendenza alla degustazione, più che al consumo.
Dal primo libro, su cui inizia a studiare. Michael Jackson Beer – 8 ottobre1998