Numero 31/2019

29 Luglio 2019

La storia della birra Pedavena

La storia della birra Pedavena

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Tratto da La birra nel mondo, Volume I, di Antonio Mennella-Meligrana Editore

 

Giovanni, ultimo dei tre figli di Albino Luciani, era un giovane intraprendente che, tra le varie attività, s’interessava anche di commercio e lavorazione del legno. Durante i frequenti viaggi nel Tirolo aveva notato un grande sviluppo della produzione e del commercio di birra. Con l’entusiasmo di un poco più che ventenne, acquisì le nozioni necessarie presso alcuni produttori, costituì una società con i fratelli Sante e Luigi e altri compaesani, e prese in affitto il vecchio edificio dove aveva svolto la propria attività la piccola birreria Zannini per iniziare, a sua volta, la produzione di birra. Era il 1888.

Ben presto però Giovanni si ritrovò a dover fare una dura constatazione: il paese che lo aveva visto nascere e che ospitava l’impianto, Forno di Canale, oggi Canale d’Agordo (nell’Alto Agordino), non prometteva granché allo sviluppo di un birrificio. Bisognava dunque cercare un posto migliore per un’altra fabbrica.

Il poliedrico lavoro portava Luciani anche in luoghi che non fossero quelli del Tirolo e infine, nel 1895, la scelta cadde su Pedavena, in provincia di Belluno, alle pendici del monte Avena. La zona era ricca di acque sorgive, collinare per l’approvvigionamento del ghiaccio e scavarvi cantine, prossima alla pianura padana con lo scalo ferroviario di Feltre, a carattere ancora prevalentemente agricolo e pastorale quindi con basso costo della mano d’opera. Giovanni costituì una nuova società solo con i fratelli e l’anno successivo iniziò i lavori di costruzione dell’edificio.

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Nel 1897, primo anno di attività, la Fabbrica Birra Pedavena produsse mille ettolitri. Aveva anche, secondo la consuetudine dell’epoca, uno chalet annesso, in stile tirolese, per facilitare la vendita e reclamizzare i prodotti.

 

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La birra, di ottima qualità, non tardò a conquistare il mercato, e non solo nel Veneto. Mentre cominciavano a pervenire i primi riconoscimenti ufficiali: nel 1900, dall’Esposizione d’Igiene di Napoli; nel 1901, dal Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio e dall’Esposizione Campionaria Mondiale di Roma; nel 1910, la nomina a Cavaliere del Lavoro per Giovanni Luciani.

Intanto, nel 1905 lo stabilimento di Pedavena risultava il primo in Italia ad avere un moderno e potente impianto frigorifero. Tra il 1910 e il 1911 iniziò una radicale ristrutturazione degli impianti con l’introduzione di macchinari che portarono la capacità produttiva a 30 mila ettolitri l’anno. Fu anche avviata la coltivazione del luppolo che prima veniva importato.

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Poi arrivò il periodo nero. La guerra, la morte di Sante nel 1916, la requisizione da parte degli austro-ungarici di tutte le strutture in metallo, l’incendio di una parte della fabbrica, la fuga dei Luciani a Gragnano (Lucca).

Quando, nel 1918, i Luciani ritornarono, la fabbrica era un cumulo di macerie. Ma due anni dopo (anche per la collaborazione dei figli e nipoti che si erano fatte le ossa presso le maggiori birrerie d’Europa) ritornò all’attività, con macchinari moderni e nuove tecniche produttive. Nel 1922 fu inaugurata la prima malteria in Italia per l’affrancazione, come per il luppolo, dai mercati stranieri.

 

 

Nello stesso anno un incendio scoppiato nello stabilimento suggerì la creazione di una squadra di pompieri.

 

Seguì, nel 1925, la costituzione dell’azienda Bovis per la produzione di un estratto alimentare dai residui di lavorazione della birra. Nel 1927 fu costruita una nuova sala cottura, ancora oggi operativa (e, dalla primavera del 2008, visitabile) in splendido rame.

 

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Nel 1928 furono annesse antiche fabbriche di birra: Venezia, Piovene Rocchette (Real Summano), Primiero, Longarone. Ma il colpo grosso avvenne, sempre nel 1928, con l’acquisto della Dreher di Trieste, il secondo stabilimento nazionale per capacità produttiva.

Nel 1929 fu installata una centrale idroelettrica sul torrente Colmeda, in val di Faont; e, nel 1932, in collaborazione con il Comune di Pedavena, venne realizzato, presso la sorgente del monte Oliveto, un acquedotto con una presa d’acqua autonoma per la fabbrica.

Tra gli anni Venti e Trenta fu anche istituita una rete commerciale dislocata nel Veneto, nel Trentino, in Lombardia e in Emilia: una decina di agenzie, gestite direttamente dall’azienda, e una settantina di depositi, affidati a concessionari esterni.

Negli anni Trenta, sotto la direzione di Pio Luciani, nacque la S.A.P.E. (Società Anonima Pubblici Esercizi) che gestiva alberghi, ristoranti, birrerie, tra cui figuravano locali storici come l’albergo Rialto e l’hotel-ristorante Manin Pilsen di Venezia, il Biffi di Milano.

Nel 1937 il gruppo Luciani assunse il controllo della Birra Bosio & Caratsch di Torino, fondata nel 1845 da Giacomo Bosio e poi passata al figlio Edoardo e al nipote Simeone Caratsch.

Superata la crisi della prima metà degli anni Trenta, dovuta al crollo della borsa di Wall Street del 1929 e alla rivalutazione della lira del governo Mussolini, nella seconda metà l’azienda conquistò, con la guerra coloniale, i mercati dell’Africa orientale e quello albanese. In Albania, aprì anche una fabbrica con malteria e un’estesa rete di depositi, che però non resistettero a lungo.

Tra il 1938 e il 1939, su progetto dell’architetto Christian Hacker, fu ristrutturato lo chalet che ebbe una grande sala ristorante, un locale per la mescita e un elegante porticato. Quest’ultimo, sarà affrescato nel 1940 da Valter Resentera con motivi ispirati a saghe dolomitiche e successivamente chiuso con vetrate per poter essere sfruttato anche d’inverno. Era dunque nata la Birreria Pedavena, che presto divenne famosa per la sua gastronomia oltre che per la birra.

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Particolare attenzione, il gruppo Luciani rivolse anche alla vita sociale dei lavoratori, con l’attivazione di una linea di autocorriere per il loro trasporto; con l’istituzione della mensa e di gite aziendali, di colonie marine e alpine, di gruppi sportivi e musicali. Poi arrivò il disastro della seconda guerra mondiale; a parte la morte, a distanza di qualche mese, di Giovanni e Luigi Luciani nel 1942.

Ritornata la pace, la Pedavena si riprese velocemente e poté addirittura entrare nel novero dei grandi produttori birrari che si precipitavano nell’acquisto delle piccole aziende in difficoltà. Assorbì, nel 1951, la Cervisia di Genova, la Birra Borgofranco di Ivrea, l’Acqua San Bernardo di Garessio (in provincia di Cuneo) e la Birra Metzger di Torino. Quest’ultima, fondata nel 1862 da Carlo Metzger, vantava una nuova fabbrica (progettata dall’architetto Pietro Fenoglio nel 1903) che passerà sotto la tutela del Comune per il notevole interesse architettonico.

Gli anni Cinquanta registrarono altri avvenimenti rilevanti. La Birreria Pedavena si arricchì di uno zoo, di due campi da bocce e altrettanti da tennis con importanti tornei, e addirittura di un teatro. Nel 1954 la Scuola Tecnica Industriale di Feltre C. Rizzarda, presso la quale Mario Luciani aveva istituito l’anno precedente un corso professionale per birrai-maltatori, licenziò il primo gruppo di allievi che esperti di varie aziende del settore, invitati ad assistere agli esami, giudicarono “ottimamente preparati”. A fine decennio, venne costituita la Mobiliare Industriale Cisalpina che riuniva tutte le aziende Luciani con la nuova sede a Milano.

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Nel 1960, al 50% con la Peroni, fu rilevata l’Itala Pilsen di Padova. Seguì, nel 1964, l’acquisto in Sardegna della Birra Thor di Macomer. L’anno successivo, con il marchio Dreher, di maggiore impatto sul mercato, iniziò la produzione la fabbrica di Massafra (in provincia di Taranto), costruita nel 1962 attingendo ai fondi della Cassa per il Mezzogiorno. A cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, quando prendeva piede il confezionamento in barattolo, la Pedavena, con il marchio Dreher Forte, lanciò le famose lattine che riproducevano vari sport (in evidenza, la serie di ciclisti).

 

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Ma con la morte, nel 1965, di Arturo (che era subentrato a Mario, deceduto nel 1953), si estinse la dinastia dei Luciani dalla forte personalità e dalla straordinaria esperienza tecnica. Il cugino Giuseppe, peraltro sessantottenne, si rivelò subito non all’altezza dei predecessori. E cominciarono dissapori e contrasti in ambito familiare i cui membri occupavano tutti posizioni di responsabilità nel gruppo. A peggiorare la situazione, si ci mise il sindacato, le cui lotte culminarono nell’“autunno caldo” del 1969.

Aumentando, con le rivendicazioni sindacali appunto, i costi di produzione e diminuendo i margini di guadagno, l’azienda fu costretta a adottare drastiche scelte di gestione. A Pedavena, venne chiusa la malteria, risultando più conveniente l’acquisto all’estero del malto; l’adozione dei fusti in alluminio permise lo smantellamento del reparto botti; il trasporto e tutti gli altri servizi accessori furono appaltati a squadre esterne.

Nel 1968 fu soppresso il marchio Pedavena a favore del più conosciuto Dreher. L’anno dopo venne dichiarata improduttiva e chiusa la fabbrica di Torino Bosio & Carasch. Poiché era impegnato nel rinnovo dello stabilimento dell’Itala Pilsen di Padova, nel 1970 il gruppo preferì cedere la propria quota alla Peroni.

Nel 1973 l’embargo del petrolio portò alla recessione economica che aggravò la situazione dei Luciani. L’anno dopo era il crollo societario. Per evitare il fallimento, il complesso aziendale fu ceduto alla Whitbread e alla Heineken. Nel 1976, per il ritiro della prima, la seconda divenne unico proprietario.

Ma già l’anno precedente era cominciata la politica di risanamento che aveva portato alla chiusura della Birra Metzger di Torino. Seguì la chiusura, nel 1978, dello stabilimento Dreher di Trieste e nel, 1985, della fabbrica ex Cervisia di Genova.

Anche per la Pedavena era stata annunciata, nel 1975, la triste sorte della chiusura, che venne però scongiurata dalla mobilitazione dei lavoratori, sostenuti da una massiccia campagna di solidarietà da parte degli enti locali, della stampa e dei fedeli consumatori. Furono quindi avviati interventi di potenziamento e modernizzazione, come per ogni azienda del gruppo Heineken, che si apprestava a conquistare il primo posto nel mercato italiano. Mentre vennero soppresse tutte le attività estranee alla produzione della birra. Anche la celebre Scuola di Feltre, in cui si erano formati tanti birrai italiani, venne chiusa nel 1978. Solo nel 1992 fu rilanciato il locale adiacente alla birreria.

Totalmente ristrutturata, la fabbrica di Pedavena mantenne un ruolo di prim’ordine, con la produzione dei marchi Dreher, Heineken, Amstel e, dal 1983, McFarland. Nel 1993, per l’attaccamento dei consumatori locali, fu riproposto il marchio Pedavena. Nel 1994 iniziò la produzione della Henninger e, nel 1996, quella della Von Wunster. Nel 1997, presso la Birreria Pedavena veniva servita, non pastorizzata né filtrata, la birra elaborata per il centenario della fondazione dal mastro birraio Gianni Pasa.

Poi, nel settembre del 2004, la Heineken Italia annunziò di nuovo la chiusura dello stabilimento di Pedavena, e questa volta in maniera irrevocabile. Si riaprì, dopo 29 anni, una lunga e tormentata parentesi che fortunatamente nel gennaio del 2006 si chiuse con l’acquisto da parte del gruppo Beverage Service Europe.

A giugno, si svolse la grande festa per la prima cotta nella splendida Birreria Pedavena, dal 1999 gestita da Lionello Gorza. Per l’occasione erano ritornati al loro posto i due elefanti che avevano dato il nome alla sala delle feste ma che erano stati poi venduti a un privato.

Fiore all’occhiello dell’azienda è l’Accademia della Birra Pedavena per gli esercenti che desiderino trasmettere alla clientela la qualità e la storia dei loro prodotti. A fine corso viene consegnata una targa numerata da esporre nei locali entrati a far parte del Club Pedavena, circuito di esercizi che abbracciano la cultura birraria italiana di Pedavena e della sua Accademia.

La produzione ha ormai raggiunto i 150 mila ettolitri all’anno. E, trovandosi nel Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi, la fabbrica può sfruttare l’acqua oligominerale delle sorgenti dei monti Oliveto e Porcilla situate ai piedi delle vette feltrine.

 

Birra Pedavena, superpremium lager di colore giallo paglierino con riflessi dorati (g.a. 5%); leggermente più luppolizzata rispetto alle birre italiane della stessa tipologia. L’effervescenza media origina una ricca spuma fitta e resistente. L’aroma libera con maestria freschi e gradevoli profumi di luppolo intessuti di note floreali. Il corpo appare più rotondo che leggero; e scorre risoluto, abbastanza soffice e moderato nel suo carattere frizzante. Il gusto mostra un certo orientamento all’amaro, ma viene ben bilanciato dalla solida base di malto. Nel finale riemerge con identica delicatezza la fragranza avvertita al naso; mentre la suggestione di luppolo persiste a sufficienza nel discreto retrolfatto.

Birra Pedavena Speciale, speciale di colore biondo dai riflessi dorati (g.a. 5,9%). Deriva dalla ricetta di una vecchia birra speciale scoperta nell’archivio della Pedavena. L’olfatto, lieve ma abbastanza complesso, propone note mielate con un accenno di fiori secchi. In un corpo di buona struttura, il gusto si snoda pieno, persistente, all’insegna di leggeri sentori di frutta.

Birra Superior, premium pils pensata per un consumo versatile (g.a. 5,2%). Il colore è di un luminoso giallo paglierino. La schiuma sottile, compatta, cremosa, mostra durata e aderenza. Il delicato olfatto floreale è arricchito da persistenti sentori fruttati. Un bel corpo rotondo spalleggia il gusto pieno con note di frutta e di fiori. Ottimo il retrolfatto, improntato a lunghe suggestioni amaricanti.

Birra Premium Senza Glutine, lager di colore giallo paglierino con riflessi oro (g.a. 4,8%); licenziataria del marchio Spiga Barrata concesso da AIC (Associazione Italiana Celiachia). Si tratta di una normale lager dietetica, senza glutine, rivolta ai consumatori con intolleranza per questo complesso proteico. Viene preparata con grano saraceno e sciroppo di mais, aromatizzata con estratto e fiori essiccati di luppolo e arricchita di vitamina B1. L’effervescenza è moderata; la spuma, fine e di media consistenza. Al naso si liberano delicati aromi di malto, fruttati e di spezie. Il corpo tende al leggero. Il gusto, pieno e deciso, dall’amaro appena percettibile, passa ad assumere una netta punta citrica. Il retrolfatto propone lievi ma persistenti suggestioni amare.

Birra Centenario, speciale di colore dorato intenso (g.a. 5,8%). Proposta nel 1997 per i 100 anni della Pedavena, è tuttora disponibile in esclusiva presso la Birreria Pedavena. L’aroma esala aspro di luppolo. Anche il gusto inizialmente è segnato dal rampicante; ma nel finale subentrano grate note di fiori. La sensazione di asciuttezza rimane in sottofondo e si schiude nella discreta persistenza del retrolfatto.

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Da non dimenticare:

Birra Speciale 110, di colore dorato dai riflessi ramati (g.a. 6,5%); brassata nel 2007, a ricordo dei 110 anni di storia. All’olfatto si esaltavano profumi di malto e di miele non soffocando però una blanda nota biscottata. Il corpo di buona struttura reggeva un morbido gusto di malto che si asciugava nel finale, introducendo il gradevole amarognolo di un retrolfatto luppolizzato;

Birra delle Feste 2008, di colore rosso dai riflessi ambrati (g.a. 6,5%). Sprigionava il tipico aroma intensamente fruttato che si sposa a meraviglia con la gastronomia natalizia. Il corpo ostentava una pregevole tessitura. Anche il gusto, nella sua pienezza recava soavi note di frutta. Dal retrolfatto spiravano suggestioni floreali tra vaghi accenni di luppolo e di malto. A sua volta, la speciale bottiglia da collezione, con tappo meccanico, riproduceva una storica etichetta della metà degli anni Quaranta.

Il birrificio Pedavena produce inoltre la birra a marchio Coop, disponibile anche nella versione analcolica.

 

 

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Antonio Mennella
Info autore

Antonio Mennella

Sono nato il primo gennaio 1943 a Lauro (AV) e oggi risiedo a Livorno.
Laureato in giurisprudenza, sono stato Direttore Tributario delle Dogane di Fortezza, Livorno, Pisa, Prato.
 
La scrittura è sempre stata una delle mie passioni, che è sfociata in numerose pubblicazioni di vario genere, alcune specificatamente dedicate alla birra. Gli articoli riportati sul Giornale della Birra sono tratti da La birra nel mondo, in quattro volumi, edita da Meligrana.

Pubblicazioni: 
Confessioni di un figlio dell’uomo – romanzo – 1975
San Valentino – poemetto classico – 1975
Gea – romanzo – 1980
Il fratello del ministro – commedia – 1980
Don Fabrizio Gerbino – dramma – 1980
Umane inquietudini – poesie classiche e moderne – 1982
Gigi il Testone – romanzo per ragazzi – 1982
Il figlioccio – commedia – 1982
Memoriale di uno psicopatico sessuale – romanzo per adulti – 1983
La famiglia Limone, commedia – 1983
Gli anemoni di primavera – dramma – 1983
Giocatore d’azzardo – commedia – 1984
Fiordaliso – dramma – 1984
Dizionario di ortografia e pronunzia della lingua italiana – 1989
L’Italia oggi – pronunzia corretta dei Comuni italiani e nomi dei loro abitanti – 2012
Manuale di ortografia e pronunzia della lingua italiana – in due volumi – 2014
I termini tecnico-scientifici derivati da nomi propri – 2014
I nomi comuni derivati da nomi propri – 2015
 
Pubblicazioni dedicate alla BIRRA:
La birra, 2010
Guida alla birra, 2011
Conoscere la birra, 2013
Il mondo della birra, 2016
 
La birra nel mondo, Volume I, A-B – 2016
La birra nel mondo, Volume II, C-K -2018
La birra nel mondo, Volume III, L-Q – 2019
La birra nel mondo, Volume IV, R-T – 2020
 La birra nel mondo, Volume V, U-Z– 2021
Ho collaborato, inoltre, a lungo con le riviste Degusta e Industrie delle Bevande sull’origine e la produzione della birra nel mondo.