Numero 17/2018
23 Aprile 2018
Basse fermentazioni per gli homebrewers: alcuni consigli!
Quando nel 1882 Emil Christian Hansen, micologo impiegato presso i laboratori della Carlsberg di Copenhagen, riuscì ad isolare il lievito per la bassa fermentazione e a mettere a punto un metodo per riprodurlo puro, non poteva certo immaginare che avrebbe dato il via ad una vera e propria rivoluzione. Le birre a bassa fermentazione conquistarono in breve tempo il mondo, rischiando di far scomparire molte specialità regionali, tanto che oggigiorno rappresentano il 90% del consumo mondiale. Il lievito venne chiamato Saccharomyces carlsbergensis, ora S. pastorianus, ed ha la caratteristica di lavorare a basse temperature (tra gli 8°C ed i 15°C) e di depositarsi sul fondo del fermentatore alla fine della sua attività (da qui il nome “bassa fermentazione”, reso meglio dall’inglese “bottom fermenting”), a differenza dei ceppi ad alta fermentazione (“top fermenting”) che lavorano a temperature più elevate e sulla superficie del mosto, creando grossi cappelli di schiuma. Inoltre il S. pastorianus produce pochissimi esteri e fenoli durante la sua attività di trasformazione degli zuccheri in etanolo e anidride carbonica. Ne risultano birre dove a farla da padrone sono i malti ed il luppolo. Sottoprodotto della fermentazione del S. pastorianus è invece il diacetile, molecola che è responsabile di un gusto “burroso” che, se in alcuni stili è ammesso, deve comunque mantenersi a livelli molto bassi. Questi lieviti producono anche composti solforati, responsabili di un odore di uova marce durante la fermentazione, che però vengono eliminati nel corso successivo del processo di birrificazione.
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In controtendenza rispetto alla grande industria birraria sono i birrifici artigianali, dove il grosso della produzione riguarda birre ad alta fermentazione. I motivi possono essere svariati, probabilmente giocano in questo senso una maggiore difficoltà nel processo di produzione (per le birre a bassa fermentazione) ed una maggiore facilità nella sperimentazione (per le birre ad alta fermentazione).
L’homebrewer casalingo può comunque sperimentare in proprio la bassa fermentazione, tenendo però presente due cose:
- I tempi per la produzione si allungano enormemente
- È necessaria qualche piccola attrezzatura in più e locali idonei
Per quanto riguarda il primo punto, innanzitutto la fermentazione richiede due settimane, invece della settimana (o anche meno) canonica dell’alta fermentazione. Anche la quantità di lievito inoculata, a parità di zuccheri fermentabili, dev’essere doppia. Poi è necessaria una fase molto lunga di “lagerizzazione”: questa consiste nell’abbassare la temperatura del mosto fermentato fino a 2-4°C per almeno 4 settimane, in modo che i prodotti chimici indesiderati come i composti solforati a cui accennavamo prima abbiano modo di evaporare ed anche altri composti vengano riassorbiti dal lievito. In questo periodo la birra, in un certo senso, si purifica. 48 ore prima della fine di questa fase, si riporta il fermentatore in un locale dove la temperatura è più alta (tra i 12°C e i 15°C) per il cosiddetto “Diacetyl rest”: il lievito si riattiva e “digerisce” il diacetile che aveva eventualmente prodotto. Alla fase di lagerizzazione segue l’imbottigliamento con l’aggiunta di zuccheri in modo da formare la schiuma. Anche questa fase dura tre settimane. Ed infine, prima di assaggiare la nostra birra dovranno passare almeno altre due settimane di maturazione in cantina. Tempo totale = circa 11-12 settimane, 3 mesi!
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La piccola attrezzatura a cui accennavo nel secondo punto invece consiste essenzialmente in un frigorifero adattato allo scopo di contenere il fermentatore (magari un vecchio frigo “rielaborato” togliendo cassetti e quant’altro) per poter fare la lagerizzazione. Regolando la potenza si riescono a raggiungere temperature anche prossime allo zero; è necessario naturalmente fare alcune prove. Bisogna anche procurarsi un termometro adesivo per le basse temperature, che vendono a poco prezzo dai fornitori online di materiale per la birrificazione. Il problema più grosso è avere un locale dove fare avvenire la fermentazione, in cui la temperatura oscilli tra gli 8°C e i 15°C. Ideale è una bella cantina, anche se è consigliabile che le birre a bassa fermentazione vengano prodotte durante i mesi autunnali-invernali (secondo la mia esperienza da ottobre a marzo, non oltre), perché la bassa temperatura esterna indubbiamente ci aiuta.
Riassumendo le fasi:
Preparazione del mosto | Seguendo la ricetta |
Inoculo del lievito (quantità doppia) | A temperatura più alta e facendo scendere gradatamente la temperatura o direttamente alla temperatura di fermentazione (due scuole di pensiero) |
Fermentazione | 2 settimane (allungabili se la FG non è ancora scesa sufficientemente) |
Travaso | |
Lagerizzazione | 4 settimane a 2°C-4°C |
Diacetyl rest | 48 ore prima della fine della lagerizzazione, portando il fermentatore a 12°C-15°C |
Carbonatazione e imbottigliamento | 3 settimane a 12°C-15°C |
Maturazione | In cantina, o comunque a 8°C-10°C |