Numero 23/2019
5 Giugno 2019
Homebrewing passion: “Spazio alla fantasia…ma con un minimo di criterio”!
La definizione legale di birra in Italia è data dal “Decreto del Presidente Della Repubblica 30 giugno 1998, n. 272”, il quale all’articolo 1 così dice:
- La denominazione ”birra” e’ riservata al prodotto ottenuto dalla fermentazione alcolica con ceppi di Saccharomyces carlsbergensis o di Saccharomyces cerevisiae di un mosto preparato con malto, anche torrefatto, di orzo o di frumento o di loro miscele ed acqua, amaricato con luppolo o suoi derivati o con entrambi.
- La fermentazione alcolica del mosto puo’ essere integrata con una fermentazione lattica.
- Nella produzione della birra e’ consentito l’impiego di estratti di malto torrefatto e degli additivi alimentari consentiti dal decreto del Ministro della sanita’ 27 febbraio 1996, n. 209.
- Il malto di orzo o di frumento puo’ essere sostituito con altri cereali, anche rotti o macinati o sotto forma di fiocchi, nonche’ con materie prime amidacee e zuccherine nella misura massima del 40% calcolato sull’estratto secco del mosto.”
Per un lettore attento e preparato c’è tutto quello che serve, ma quello che manca in questa rigida definizione è l’emozione che la birra sa darci.
.
.
Chi desiderla farsela in casa avendo la soddisfazione personale di poter dire “questa l’ho fatta io”, senza porsi tante domande prima di brassarla, può sicuramente limitarsi a seguire i 4 punti del decreto legge.
Qualcosa sicuramente uscirà proprio perché alla base, tra le righe, l’attento lettore troverà gli ingredienti base che gli serviranno.
Ma se si ambisce a voler perfezionare, migliorare o a capire quali sono stati gli errori che hanno portato ad un risultato non in linea con le aspettative, beh! Cari amici e futuri Mastri birrai, è il caso che prima di iniziare a cucinare il vostro mosto, abbiate un minimo di infarinatura.
L’homebrewing da spazio all’improvvisazione, all’ estro del cuoco, alla fantasia. Ma di base come per tutte le cose, ci deve essere una conoscenza generale su certi argomenti e processi da seguire. Specialmente se poi si chiede un giudizio.
E’ facile infatti che il degustatore di turno vi ponga domande per capire come mai la bevanda possa risultare troppo o poco carbonata, priva di schiuma o troppo torbida, dal corpo assente o solforsa. Che vi chieda le temperature e il processo di mash, piuttosto che il numero di gettate e la tipologia di luppolo utilizzato. Chi più ne ha più ne metta.
.
.
Se non avvisate l’interlocutore che il vostro stile è quello di “non fare riferimento a nessuno stile (BJCP)”, ma bensì solo di mescolare a stima certi ingredienti in determinati momenti, questi non avrà nessuno modo per capire e aiutarvi indicandovi il perché di certi difetti (a lui evidenti mentre per voi è tutto a posto).
Tutto questo per dire solo che, prima di fare birra, come prima di fare qualsiasi cosa, bisognerebbe documentarsi e sperimentare (ma in questo caso lo si farebbe con cognizione di causa).
“Nessuno nasce imparato” (Cit. Totò)