Numero 07/2017
18 Febbraio 2017
I Contrabbandieri di Birra – Capitolo 19
I tre uomini scesero dal mezzo e si inoltrarono nel campo.
Giuseppe chiese ai carabinieri di passare il più possibile tra le fila, evitando di pestare i piccoli germogli che stavano sbucando dal terreno ancora umido di rugiada e morbido.
Perlustrarono il campo in lungo ed in largo, fino a giungere al centro di esso, quella zona brulla ed apparentemente incolta.
«E’ la prima volta che vedo un campo coltivato in questo modo…» rivelò d’un tratto uno dei militari.
Giuseppe si aspettava una domanda del genere, una frase posta in modo evasivo.
E, dentro di sé, aveva già preparato la risposta più logica ed appropriata.
«Certo, lo immagino!» rispose in tono tronfio, orgoglioso.
«Di solito… non ne capisco molto di campi di grano, lo ammetto, ma… di solito non sono coltivati a file, senza che venga lasciato nessuno spazio libero? Cioè, il vostro obiettivo non è quello di massimizzare le rese e quindi i profitti?»
«Già, è esattamente il nostro scopo».
«E quindi che significato ha questo modo di coltivare? Insomma, mi sembra che la densità di piante sia molto inferiore al normale, poi c’è questo “buco” in mezzo al campo…»
«Vi svelerò un segreto, ma vi chiedo di non rivelarlo a nessuno! Sapete com’è… siamo tutti un po’ gelosi delle nostre tecniche…» Giuseppe ammiccò, sicuro di sé.
«Ah, non c’è da preoccuparsi! Io ho sbagliato una volta, quando ho rivelato a mia sorella il segreto del sugo ai porcini di mia moglie, che è il più buono che io abbia mai assaggiato! Risultato? Mi sono scordato anche come si faceva l’amore!»
I tre risero di gusto, poi il carabiniere riprese:
«Voi scherzate! Ma io veramente non ho fatto sesso per un mese e più!»
Risero nuovamente.
L’altro militare, ripresa la marziale serietà, confermò che nulla sarebbe stato rivelato agli altri agricoltori della zona:
«Se non è rilevante per le indagini, nessuno saprà nulla, garantisco anche io! Però ora sono incuriosito! In cosa consiste questo modo di coltivare?»
«Quindi posso fidarmi, no?» insistette il giovane, per meglio interpretare la parte.
«Parola di Carabiniere di Sua Maestà!»
Anche l’altro annuì.
«Bene! Beh, voi sapete che per decreto Reale siamo stati obbligati a coltivare il grano duro, anziché orzo o altro, giusto?»
«Sì, quindi?»
«Per farla breve, in Piemonte quella pianta non rende, non è produttiva. Fa troppo freddo. Però mio padre, che ha combattuto durante la Grande guerra, ha visto delle cose interessanti in centro Europa. A mano a mano che si spingevano verso la Russia, notò che i popoli di quelle zone, che sono molto più fredde delle nostre, coltivano i campi in questo modo. Francamente non so il perché, ma lui afferma che il grano cresce rigoglioso lì, nonostante il clima. Ed allora, visto che l’anno scorso abbiamo avuto un raccolto misero e miserabile, quest’anno abbiamo deciso di tentare così. Vogliamo usare lo stesso metodo e preghiamo Dio che funzioni! Anche perché un altro anno negativo come lo scorso e le banche pignorerebbero i nostri beni! Se funzionasse, saremo noi i primi a svelare ai nostri amici e colleghi la tecnica! Ma quest’anno deve rimanere un segreto… se non funzionasse… beh, non vorremmo avere sulla coscienza anche il raccolto di altri! Capite, vero?»
La bugia era stata raccontata in modo magistrale.
Quei due militari, cresciuti in città, non avrebbero sospettato nulla.
Forse.
Giuseppe lo sperava…
Sperava di avergliela fatta da sotto il naso, di averli convinti…
Dio, quanto stava sognando l’ipotetico momento in cui lo avrebbero lasciato davanti all’uscio di casa, libero e senza sospetto alcuno!
Per un attimo un silenzio quasi surreale si palesò nel campo.
Il venticello che sferzava perenne o quasi, per un lungo, interminabile attimo, smise anch’esso di spirare.
Poi uno dei due militi schiuse le labbra.
Era il momento decisivo.
Le parole che sarebbero uscite di lì a poco dalle sue labbra sarebbero state motivo di giubilo oppure la più atroce delle sentenze:
«Cavolo! Siete veramente intraprendenti! Complimenti! Rischiare tutto per una cosa notata da tuo padre in Guerra!»
«Ehhh» sospirò Giuseppe, tentando di non far capire ai due che il suo, era un sospiro di sollievo
«che ve lo dico a fare! Quando si è disperati ci si attacca a qualunque cosa! E che Dio ce la mandi buona! Magari è veramente la soluzione ai nostri problemi!»
«Te lo auguro, caro ragazzo! Con il cuore! Si vede che siete gente per bene, meritate di risolvere le vostre problematiche!»
L’altro carabiniere, dirigendosi verso la macchina, anticipandogli altri due, disse:
«Coraggio, ti riportiamo a casa! Mi dicevi di essere un Fiero Fascista, dico bene?»
«Sì, iscritto al partito!»
La chiacchierata riprese senza intoppi fino a quando i militari non lasciarono il giovane a casa.
Una volta che la porta d’ingresso si fu chiusa alle sue spalle, tutti gli occhi dei suoi familiari si puntarono su di lui.
Silenzio.
Poi, con un filo di voce, sua madre esordì:
«Come… com’è andata?»
Giuseppe trasse un profondo respiro:
«Tutto bene, mamma! Se la sono bevuta! Dovremo fare più attenzione d’ora in poi. Prima che qualcuno di voi dica qualcosa, vi dico che io andrò avanti con o senza di voi e che se non me lo permetterete, mi trasferirò a Torino a cercar fortuna, lasciandovi con l’acqua alla gola. Io son convinto di quello che stiamo facendo, ed anche la fortuna ci sta sorridendo! Non gettiamo tutto al vento!»
Tutti zitti, ancora incapaci di metabolizzare il fatto che l’avevano fatta franca!
«Tutti con me?» chiese nuovamente Giuseppe.
Lentamente, quasi come degli schiavi sottomessi, i tre familiari fecero cenno di sì.
«Bene… abbiamo delle botti, del lievito e dei fermentatori da procurarci, non appena avremo finito la semina!»