Numero 12/2017
25 Marzo 2017
I Contrabbandieri di Birra – Capitolo 24
La primavera era, infine, giunta.
Giuseppe, durante i mesi invernali, aveva spesso fatto visita alla sua bella e, Beatrice, dal canto suo, non aveva lesinato le attenzioni per il suo nuovo fidanzato.
Avevano trascorso quasi ogni sera insieme e, quasi come se fosse un appuntamento fisso, statuito, ogni volta che si vedevano facevano l’amore.
Ma con l’avvento della bella stagione, Giuseppe lo sapeva, le occasioni di incontrarsi sarebbero diminuite.
Ci sarebbero state le normali operazioni di campagna, atte ad ottimizzare la raccolta di quella coltura poco incline a crescere rigogliosa in Piemonte.
Oltre a quelle operazioni di mera copertura, il giovane e la sua famiglia si sarebbero occupati anche del mercato nascosto che si stavano apprestando a creare.
Avrebbero dovuto separare le sementi, raccogliere i luvertin e predisporre tutto per la maltazione.
Il periodo era prossimo.
In quel ventino di aprile il postino recapitò nella cascina malandata l’ennesima lettera proveniente dalla banca.
Un’altra ingiunzione di pagamento.
L’ennesima.
In questa lettera, però, il tenore del messaggio era particolarmente arcigno ed imperativo.
Si esortava il titolare del Mutuo, suo padre, ad ottemperare al pagamento di almeno sei delle rate arretrate entro e non oltre la data del 30 luglio.
«Pazzesco…» esordì suo padre, caffè in una mano e lettera nell’altra.
«Cosa?»
«Quei bastardi inamidati della banca!»
«Figurati, cosa diranno?che dobbiamo pagare? Sai che novità!» rispose sarcastico Pietro.
«No, no! Questa volta sembrano veramente arrabbiati!»
«Ah, sì?»
«Già! Pensa che mi hanno scritto che se non pago almeno sei rate entro luglio, faranno intervenire l’Ufficiale Giudiziario e mi porteranno via un terzo dei terreni. Se entro dicembre non avrò appianato il debito attuale in toto, compreso quello relativo ai terreni che vorrebbero rubarmi, faranno in modo di sbatterci sotto ad un ponte!»
«Che figli di…» fece Pietro, che venne interrotto da Giuseppe.
«Che cosa ti dicevo, Padre?»
«A che proposito?»
«Che la nostra unica possibilità di evitare la miseria era produrre birra?»
«Lo sapevo anche io che avevamo l’acqua alla gola… e per dovere di cronaca, ti faccio notare che l’abbiamo ancora!»
«Il tempo di mietere, in un mesetto la birra sarà pronta!»
«Giusto in tempo per luglio, insomma…»
«Se va tutto come deve andare ci salveremo!»
«Già, per il rotto della cuffia…»
«Se non avessi proposto questo piano, non ci sarebbe neppure stata la possibilità di questo salvataggio dell’ultimo minuto!» rispose tronfio, borioso Giuseppe.
Il tono era quello del classico “te l’avevo detto!”, ma, ovviamente, con suo padre non poteva permettersi un tono così beffardo.
Il padre abbozzò un sorriso.
Guardò il figlio negli occhi, lo sguardo serio e grave:
«Figlio mio… questa situazione mi ha visto impotente. Dovrebbe essere un padre a provvedere ai fabbisogni dei figli. In questo caso sarà un figlio a provvedere all’intera famiglia. Hai dato nuova speranza a tutti noi…»
«Non ti deluderò padre!»
«Speriamo di non pentircene… ma hai la mia piena fiducia, Giuseppe!»
«Grazie».
Con quelle parole, dettate dalla gravità della situazione e dal tono perentorio e minaccioso della missiva, il sodalizio familiare era confermato.
Il rapporto padre-figlio consolidato.
Adesso era tutto nelle mani di Giuseppe.
Tutta la vita, l’indipendenza economica, la possibilità di sopravvivere di un’intera famiglia era nelle mani di un giovane che si era appena affacciato all’ìetà adulta.
Troppo inesperto?
Troppo infantile?
Forse…
Ma era divenuto, in pochi mesi, il nuovo caposaldo della cerchia familiare.
Un onore che, seriamente, non aveva mai desiderato.
Ma che comunue, ad ogni buon conto, si era guadagnato sul “campo”.
E le parole del padre, dette non con leggerezza, avevano un significato pari all’abdicazione di un Re.
Il vecchio che cedeva lo scettro del potere e delle decisioni al giovane.
Il ricambio generazionale che avveniva in quell’istante.
Il destino che chiamava Giuseppe a sé, e gli svelava l’inizio del grande piano che lo vedeva protagonista.
Un destino che, forse, era più grande di Giuseppe.
Un destino che pesava, ora, come un fardello, un macigno di inenarrabili dimensioni.
Sarebbe stato,lui, il traghettatore della famiglia?
Avrebbe allontanato da tutti lo spauracchio della miseria?
Sarebbe stato in grado di vincere senza perdere la libertà?
Perché quello era, realmente, il prezzo da pagare…
Divenire un fuorilegge, un contrabbandiere!
Allontanarsi dalla legalità, tentando di restare libero.
Giuseppe non lo sapeva, se sarebbe stato in grado di vincere quella sfida che, ora più che mai, gli sembrava difficile oltre ogni limite…
Ma la sfida era lanciata.
Il destino bussava.
Pochi mesi e la verità sarebbe emersa, rivelando se lui era veramente della stoffa giusta o se, come molti ragazzi della sua età, si sarebbe rivelato un semplice fuoco di paglia.
Era solo questione di tempo.