Numero 31/2017
5 Agosto 2017
I Contrabbandieri di Birra: Capitolo 42
Giuseppe e Pietro avevano di fronte a loro un bicchiere di vino a testa.
Quei bicchieri erano pieni e fissi, lì, davanti a loro da una buona mezz’ora.
I due, seduti al tavolo della povera cucina di casa, con la madre a chiudere quel triangolo, erano immobili, quasi inebetiti.
Troppo storditi per proferire verbo.
Lo sguardo perso nel vuoto, la mente che vagava negli anfratti più reconditi della memoria, alla ricerca dei ricordi più belli.
«Quindi… quindi papà è morto?»
«Sì, Pietro… vostro padre è morto al fronte. C’è la guerra…»
«Ma lui… aveva già servito durante l’altra Guerra…»
«Già… non doveva essere esentato? Vista anche la sua età?»
«Ragazzi… ai fascisti non frega un accidente dei diritti. Ed in guerra, di diritti, non ce ne sono! La legge marziale impone che un membro di ogni famiglia combatta per il Regno. Voi due eravate in galera, quindi vostro padre è stato richiamato alle armi. Più tardi, dopo che avrete mangiato qualcosa, vi porterò a fargli, al cimitero».
Pietro scoppiò in lacrime.
«Non piangere, fratellino… tra poco, temo che lo raggiungeremo…»
In un impeto d’ira, mista a terrore, sua madre scattò in piedi e gli sferrò un ceffone con tale forza da girargli la faccia!
«Non dirlo neanche per scherzo, Giuseppe!»
«Madre, siamo usciti di prigione e per cosa? Per essere mandati a combattere domani!»
«Dovete solo presentarvi e Pietro dovrà fare l’addestramento. Tu neppure quello! Firmerai due fogli e poi verrai a casa!»
«Oh, andiamo! E credi davvero che non andremo al fronte? Anzi, ai fronti; non sono ancora riuscito a capire in quanti paesi stiamo andando a fare figuracce!»
«Vedrai, il Signore provvederà!»
«Al Signore non frega nulla di questa guerra e meno ancora gli frega della nostra famiglia, altrimenti nostro padre…» un altro schiaffo interruppe le sue parole.
«Non dire mai più una bestemmia del genere! Oggi, se voi non foste stati arrestati, sarei qui con vostro padre e piangeremmo almeno uno dei nostri figli! Fidati, per quanto ci amassimo io e vostro padre, l’amore per i figli è immensamente più grande! Preferirei essere stuprata ed uccisa mille volte, piuttosto che piangervi su di una lapide! E lo stesso valeva per vostro padre!»
«Quindi, secondo la tua logica, saremmo fortunati? Dovremmo ringraziare il Padre Eterno?»
«Stai attento Giuseppe! La mia pazienza ha un limite!»
«Mamma, Giuseppe, FINITELA!» Fu Pietro, spazientito, ad interrompere ad urla il litigio «Domani dovremo andare ad arruolarci e, con ogni probabilità da qui ad un mese noi due saremo in guerra… volete veramente rovinarvi e rovinarmi questo periodo? Non basta la morte di papà?»
I due, stupiti dalla veemenza e dalla maturità delle parole del membro più giovane della famiglia, ammutolirono.
Si sedettero nuovamente, fu Pietro a levare il bicchiere, ancora pieno del liquido rosso rubino e a proporre il brindisi:
«A Papà, veglia su di noi da lassù!»
Il tintinnio dei bicchieri venne bruscamente sovrastato da pesanti colpi sulla porta d’ingresso.
«E adesso, chi diavolo è?» sbottò Giuseppe.
«Aiuto, vi prego, aiutateci!» sentirono dall’esterno.
«Aiuto! Aiuto!»
Senza pensarci su, la padrona di casa si precipitò all’uscio, aprendolo.
Da esso fecero capolino due giovani che avranno avuto all’incirca sedici anni.
Precipitevolissimevolmente, i ragazzi entrarono, voltandosi subito per chiudere la porta.
Un rumore metallico ed assordante si palesò e tre buchi comparirono nella porta di legno.
Erano fori di proiettile.
Il metallo, nella sua nfolle corsa, si conficcò nel muro, fortunatamente senza ferire nessuno.
Tutti si gettarono a terra, Giuseppe compreso che però, prima, afferrò un coltello dal lavabo.
Nell’arco di cinque secondi, la porta venne spalancata da un calcio ed in casa entrarono altri due individui.
Erano arcigni, lo sguardo gonfio d’odio, pistole in pugno.
«Bene, bene! Chi abbiamo qui? Due ratti che tentavano di nascondersi ed un’allegra famigliola che voleva aiutarli!»
«No, non è come pensate! Abbiamo sentito che gridavano ed ho aperto la porta e…»
Con il calcio della pistola, l’uomo che stava parlando, colpì la madre di Giuseppe e di Pietro al volto, scaraventandola a terra sanguinante:
«Zitta, puttana ci occuperemo dopo di te… e non sarà né breve, né piacvole!»
Giuseppe si senti avvampare d’ira.
Non ci pensò.
Impugno meglio il coltello e, di scatto, si precipitò sull’uomo pugnalandolo alla gola.
Fulmineo, prima che il secondo potesse anche solo capire che cosa stava accadendo, conficcò la lama nel petto del malcapitato.
Due cadaveri a terra, due fuggitivi sotto al loro tetto e loro madre ferita.
I due non erano usciti di galera per fare i bravi cittadini, a quanto sembrava…
«E siamo a quattro…» disse sommesso Giuseppe, tenendo il conto delle persone che aveva sulla propria coscienza.
«Che diavolo hai fatto? Giuseppe!» sua madre, incurante del sangue che sgorgava copioso dal taglio sul suo volto, si era rialzata e si era messa a strattonare Giuseppe.
«Ti ho protetta! Hai sentito quello che ti avrebbero fatto! E poi, quei due sono entrati in casa nostra con delle armi! Avevo il diritto di difendermi e difenderci!»
«Sei un idiota! Non avevi nessun diritto! Sai chi erano quei due? E sai chi sono questi altri?»
«Cosa vuoi che me ne freghi? È stata legittima difesa!»
«Un cazzo! Sarai messo a morte prima dell’alba!»
«E perché mai?»
«Possibile che tu sia così cretino? Quelli erano due Camice Nere del Duce! E questi due, sicuramente, sono due Partigiani!»
Lo sguardo di Giuseppe mutò, divenne vacuo, quasi privato della propria vitalità…
«Adesso hai capito che cosa hai fatto?»
«Sì… sono fottuto!»