Numero 37/2017
16 Settembre 2017
I Contrabbandieri di Birra: Capitolo 48
Beatrice…
Era lì…
Era lì, davanti a lui, davanti a Giuseppe…
Lei aveva lasciato cadere gli oggetti che teneva in mano.
Un tonfo sordo, anche se essi non erano metallici o particolarmente pesanti.
Era palese che lei fosse sorpresa quanto lui, da quell’incontro.
Era diventata bianca come un cencio…
Giuseppe non lo vide, ma Pietro, dal canto suo, era divenuto rosso d’ira…
Le vene del collo e della testa gonfie, sembravano quasi sul punto di esplodere…
«PUTTANA MALEDETTAAAA!!!» Esclamò il fratello minore, gettandosi a capofitto su di lei.
La donna, ancora impietrita, fu colta alla sprovvista dall’impeto del giovane; in un attimo era a terra, le giovani mani di lui serrate sul suo fragile e slanciato collo.
«PIETRO!» Giuseppe urlò, scaraventandosi a sua volta sul fratello, com’anche i partigiani loro compagni di viaggio.
Lo staccarono dalla donna che aveva già i segni delle mani serrate sulla gola.
«Pietro, calmati!»
«E’ colpa di questa puttana se siamo finiti in galera! È colpa sua, tutto quello che ho subito! Io l’ammazzo! Cristo Santo, l’ammazzo!»
«Pietro, ti devi calmare!»
«NOOOO!!!!»
«ORA STA’ ZITTO! PORTATELO VIA, CAZZO!» Giuseppe fu categorico, impartì l’ordine come se fosse a capo dell’armata rivoluzionaria.
Come se fosse veramente lui il leader, fu obbedito in mantenente.
Il partigiano sulla quarantinba, Giuseppe e Beatrice formavano un triangolo; il silenzio era assordante.
«Ci puoi… ci puoi lasciare soli?»
«Non ti lascio solo con la mia donna… non dopo quello che ha fatto tuo fratello!»
«La tua… DONNA?» Giuseppe trasalì.
Certo, erano passati anni dalla loro relazione, era normale che lei, libera e fuori dalla galera si fosse rifatta una vita…
Ma proprio con lui?
Proprio con il partigiano a cui lui stesso aveva salvato la vita?
Poteva, il destino, essere così beffardo?
Lei, una donna che forse lo aveva denunciato ai fascisti, stava con un partigiano?
Addirittura era divenuta una partigiana lei stessa?
Pazzesco!
Ma doveva vederci chiaro… non avrebbe creduto alle illazioni, ai sospetti, alle prove più schiaccianti…
La colpevolezza di Beatrice, riguardo al Fatto della denuncia, doveva giungere direttamente da lei…
Solo se lei avesse confessato, lui avrebbe creduto.
«Ti prego… io e lei siamo stati insieme e…»
«Che diavolo è successo a Pietro? Che cosa significavano le sue parole?»
«Amore…» Beatrice tentò di parlare, ma forse la vergogna attanagliava la sua gola.
La sua voce…
A distanza di anni era sempre quella…
Nonostante il momento, essa era sempre dolce, amabile…
Divina.
Come la sua padrona che restava incantevole, come se il tempo non avesse minimamente intaccato il suo corpo, sempre giovane e tonico.
Giuseppe ricordava ogni piega della donna, ricordava come il seno cadeva elegantemente sul costato, ricordava minuziosamente la forma dei suoi capezzoli, l’ombelico leggermente sporgente, le cosce, il neo giusto sopra la natica sinistra…
In quell’attimotutti i ricordi della bella affiorarono, comprese le parole dolci, cariche di aspettative che si erano detti l’un l’altra…
Quelli erano solo ricordi…
Fantasmi da un passato remoto, croci da portare sul cuore.
Nulla di reale.
Nulla di attuale.
Nulla per cui lottare.
Ed in un attimo, Giuseppe, si sentì vuoto, stanco…
Il fantasma di sé stesso.
«Ti prego, amico… lasciaci soli. Staremo qui, dove potrai vederci».
«e se non volessi?»
«Non la vedi? Ha paura…»
«Sì, di te!»
«Di te, semmai… non vedi che non vuole che tu sappia questa storia del suo passato… ed io invece esigo conoscerla… per favore, lasciaci qualche minuto».
Lo sguardo dei due amanti si incrociarono.
Forse, per la prima volta nella loro relazione, ormai pluriennale, non furono complici.
Lui capì di essere di troppo, in quella situazione.
Prese la sua decisione:
«Va bene… ma restate dove vi posso vedere… e non provare a metterle le mani addosso… ho un’ottima mira!»
«Non succederà, tranquillo. Voglio solo capire! Fidati di me!»
«Non posso negare un favore a chi mi ha salvato la vita… prendetevi il tempo che vi serve!»