Numero 45/2016
12 Novembre 2016
I Contrabbandieri di Birra – Capitolo 7
Il viaggio per Fossano, Trinità, casa sua, fu gravido di aspettative per Giuseppe.
Cosa gli avrebbero detto i suoi genitori e familiari?
Ed i suoi amici, come lo avrebbero trovato?
Forse più forte?
Forse più muscoloso?
Forse, visto l’accenno di barba che cominciava ad insistere sul suo volto, complice anche l’uso obbligatorio e giornaliero del rasoio in caserma, l’avrebbero trovato cresciuto.
Forse lo avrebbero trovato maturato…
Più uomo, insomma!
E quella divisa, la piuma che svettava dal cappello, non sarebbe stata, forse, motivo di vanto e di seduzione nei confronti delle compaesane?
Giuseppe non vedeva l’ora di giungere alla stazione di Fossano.
Il treno, stranamente, era in orario.
Sarebbe giunto circa alle undici del mattino a Fossano.
In tempo per giungere a casa e gustare qualche manicaretto di sua madre, insomma!
E dopo mesi trascorsi a rifocillarsi della sbobba della caserma, non vi sarebbe stato niente di meglio che gustare un buon pranzo in famiglia, passare il pomeriggio a passeggiare per la borgata, per Trinità salutando gli amici ed i conoscenti di sempre e, una volta calato il sole, sdraiarsi finalmente in un comodo letto imbottito di piume!
Altroché l’anonima e scomoda branda della caserma!
Sì, pensò, fare il militare ti fa apprezzare le comodità che hai a casa tua.
E chissà quale calorosa accoglienza gli avrebbero riservato i suoi familiari, sua mamma per prima!
Suo padre, Giuseppe ne era convinto, nonostante la reticenza dimostrata apertamente mesi prima, quando era giunta la convocazione per prestare servizio di leva, si sarebbe sciolto in brodo di giuggiole vedendolo in divisa, la divisa da Alpino che aveva tanto fieramente indossato anche lui anni addietro!
“Chi ha fatto l’Alpino resta Alpino per sempre!” era uno dei motti che Giuseppe aveva imparato a concepire come suo…
Ed il cappello dalla corvina piuma che il padre conservava sul ripiano della cappelliera posta sull’uscio di casa, quasi eletta a reliquiario dei ricordi, ad Altare imperituro, ne era la prova lampante.
Se Pietro, suo fratello, non gli aveva mentito nell’ultima lettera che era giunta in caserma giusto una settimana prima, a prenderlo in stazione sarebbe andato il fratello stesso accompagnato da Giacobbe, uno degli amici d’infanzia di Giuseppe, con una grossa e bella novità!
Sarebbero andati a prenderlo a Fossano con un Trattore nuovo fiammante!
Un trattore, sì, uno di quei mezzi simili alle macchine che servivano però a facilitare il lavoro nei campi!
Giacobbe aveva due anni in più di Giuseppe e la sua famiglia era una delle più ricche di Trinità.
Nulla da stupirsi, quindi, se era il primo della sua cerchia che aveva messo a riposo i buoi per convertirsi alla tecnologia!
Chissà com’era quel trattore nuovo, chissà che sensazione avrebbe provato salendoci sopra!
Lo avrebbe guidato, di questo Giuseppe era certo!
Neache con un esercito Giacobbe sarebbe riuscito ad impedirgli di vivere quell’esperienza inedita!
Chissà che potenza, che motore, che rumore!
Non vedeva l’ora!
Un’altra mezz’ora di viaggio.
Fantasticando, leggendo stralci del quotidiano Torinese per eccellenza, guardando il paesaggio agricolo dal finestrino del treno, essa trascorse.
I freni del treno cigolarono,metallo su metallo, uno sbuffo di vapore nero e denso fuoriuscì dalla canna fumaria della locomotiva. Il treno si era fermato.
Giuseppe scese dal vagone, divisa un po’ sgualcita e stropicciata dal viaggio, la valigia di cuoio in una mano ed il copricapo piumato sotto l’ascella.
Si guardò intorno, tentando di scorgere volti amici.
Due, tre volte ruotò il capo a destra ed a sinistra.
Infine vide un ragazzetto che si sbracciava, il sorriso di chi non vedeva un suo caro da mesi: era Pietro!
«Ciao!» lo salutarono Pietro e Giacobbe.
«Ciao! Pensavo che non vi foste ricordati!»
«E come avremmo potuto dimenticarci di te? Già non sei tornato a Natale e per questo mamma ti striglierà a dovere!» rispose Pietro, con una punta di soddisfazione per l’infausto destino che attendeva il fratello.
«Ehhh, non è stata colpa mia… a dir il vero sì, ma poco importa, ora sono qui!»
«Che dici, andiamo? Vuoi che ti porti la valigia?» chiese Giacobbe.
«No, grazie! Piuttosto voglio vedere e guidare la nuova meraviglia che la tua famiglia ha acquistato!»
«Diavolo! E tu come fai a saperlo? Pietro, c’entri tu, non è vero?»
I tre risero.
Che bello era essere a casa!
Il trattore che Giuseppe si trovò davanti agli occhi, nel piazzale antistante la stazione di Fossano era stupendo!
In vero era meglio di come se lo era immaginato!
La cinghia di distribuzione era ben visibile, la scocca protettiva ridotta ai minimi termini: poteva vedere, sentire, percepire tutti i cavalli vapore che quella bestia sprigionava ogni volta che si affon dava l’acceleratore!
Un miracolo della tecnica, senza ombra di dubbio alcuno!
«Ti prego, fammelo guidare!»
«Non se ne perla neanche! Se lo schianti contro qualcosa, poi i miei uccidono me, mica te!»
«Eh dai! Ho la patente militare, posso guidare questo gioiellino!»
«Non credo che tu abbia mai guidato niente di simile, mio caro! Proprio no!»
«Non vorrai mica vedere un Alpino inginocchiarsi davanti a te, vero?»
«L’immagine mi solletica, lo ammetto! Ma no, grazie!»
«Ti prego!»
«Facciamo così: usciamo da Fossano e poi te lo faccio guidare, va bene?»
«Grazie! Grazie! Grazie!»
Giuseppe era contento come un bambino che scarta i regali di Natale!
Fremeva dall’impazienza, tanto ché continuò a muovere nervosamente la gamba per tutto il tempo che restarono in città.
Non appena vide il cartello della segnaletica stradale che comunicava ai viaggiatori che il territorio del centro abitato era ufficialmente terminato, Giuseppe non perse tempo:
«Giacobbe, ora tocca a me!»
L’amico fece finta di guardarlo con sguardo accigliato, quasi torvo.
In silenzio, senza rispondere, tirò dritto per un centinaio di metri ancora e, dolcemente, accostò al lato della strada.
Mise la folle e guardò l’amico:
«Vedi che se lo sfasci diverrai mio schiavo a vita, questo lo sai, no?»
«Grazie! Grazie! Grazie!» rispose Giuseppe prendendo il posto di guida, incurante delle false minacce di Giacobbe.
Com’era bello essere a casa!
Ma quella sera, lui ancora non lo sapeva,il suo mondo ed il suo modo di vedere le cose sarebbero cambiate per sempre.
Quella sera il destino lo avrebbe messo di fronte ad una scelta, dalla quale il suo futuro, tutto il suo futuro, sarebbe dipeso.